L’Italia, si sa, è un paese di santi, poeti e navigatori.
Ma, ahimè, non di lettori. Non c'è bisogno di sfogliare troppi giornali o
consultare le statistiche per comprendere una realtà amaramente evidente: gli
italiani non leggono. Gli ultimi dati ISTAT parlano chiaro: meno di un italiano
su due ha letto almeno un libro nell'ultimo anno. Un dramma culturale, come lo
definirebbe Umberto Eco, uno dei pochi intellettuali italiani a difendere con
vigore la lettura in un Paese che, paradossalmente, ha prodotto alcuni dei più
grandi scrittori e poeti del mondo.
Per capire questa triste verità, basti guardare ai dati
forniti da Associazione Italiana Editori (AIE): nel 2023, circa il 40% degli
italiani dichiarava di non leggere mai libri. E non parliamo solo di alta
letteratura, ma nemmeno un romanzo leggero o un saggio divulgativo. Perfino
Antonio Gramsci, nelle sue Lettere dal carcere, lamentava questa tendenza
all’apatia culturale, sottolineando quanto fosse fondamentale "formare una
coscienza critica". E la lettura, si sa, è lo strumento principe per
questo.
Il pensiero di
scrittori e intellettuali
Cesare Pavese, in una delle sue riflessioni più amare,
scriveva: "Un paese che non legge è un paese senza futuro". Pavese,
che non solo scriveva romanzi ma li viveva, vedeva nella lettura una forma di
resistenza al conformismo culturale. E aveva ragione. Ma la realtà italiana
sembra smentire le sue parole: mentre in Francia o in Germania le librerie sono
un'istituzione, in Italia chiudono a ritmo allarmante. Montanelli stesso, con
il suo stile corrosivo, denunciava già nel secolo scorso una "mediocrità
culturale di fondo" nel nostro Paese, sostenendo che “un popolo che non
legge è più facile da governare”.
Non sorprende che Norberto Bobbio, filosofo di grande
finezza intellettuale, abbia indicato la scarsa lettura come una delle cause
della debolezza della democrazia in Italia. Per Bobbio, la mancanza di
dibattito e riflessione, che solo i libri possono stimolare, rendeva i
cittadini più vulnerabili alla manipolazione politica. Non c'è da stupirsi,
dunque, se oggi, in una società dominata dai social media e dalle notizie
frammentarie, i lettori critici siano diventati una rara specie in via d'estinzione.
La crisi dell'editoria
e il declino delle librerie
Siamo nel Paese di Dante, Petrarca e Boccaccio, ma anche in
quello in cui, secondo i dati dell’AIE, il 59% dei giovani tra i 18 e i 24 anni
non legge alcun libro. Questa è forse la statistica più allarmante, perché
indica non solo una crisi presente, ma soprattutto un futuro culturale sempre
più arido. Italo Calvino, nei suoi saggi, parlava della lettura come di
"un atto di liberazione", qualcosa che ci permette di vivere altre
vite, esplorare mondi sconosciuti, ma anche confrontarci con le contraddizioni
della nostra stessa esistenza. Cosa ne sarà di una generazione che preferisce
scrollare su TikTok invece di sfogliare le pagine di un libro?
Se poi guardiamo al panorama editoriale, la situazione non è
meno desolante. Giulio Einaudi, il grande editore, lamentava già decenni fa che
in Italia i libri di qualità faticavano a trovare lettori. Oggi, con la
concorrenza delle piattaforme di streaming, dei videogiochi e dei social, la
battaglia è ancora più dura. Nel 2022, il mercato editoriale italiano ha
registrato un calo delle vendite del 6%, con una chiusura di oltre 700 librerie
indipendenti. Un deserto culturale, come lo definirebbe Pier Paolo Pasolini,
che in uno dei suoi ultimi interventi pubblici disse: "La cultura è sempre
più un privilegio di pochi, un lusso che il popolo non può più
permettersi".
Lettori: una razza in
estinzione?
Viene spontaneo chiedersi: cosa ci aspetta? In un mondo
sempre più frenetico e dominato da stimoli immediati, ha ancora senso parlare
di lettura? Sì, se pensiamo che la lettura non è solo un piacere intellettuale,
ma una necessità per la nostra stessa umanità. Tullio De Mauro, uno dei più
grandi linguisti italiani, sottolineava come la lettura fosse un potente
strumento di emancipazione personale e sociale. Non leggere, al contrario,
significa rinunciare a una parte essenziale di sé, rinchiudersi in una bolla di
superficialità che ci rende meno liberi.
E allora, per concludere con una riflessione di Montaigne,
"chi non legge non solo ignora le parole, ma le idee". Forse è
proprio questo il nodo del problema: l'Italia, Paese di grande cultura, è
diventata una nazione di non lettori. E finché non si risolverà questa frattura
tra la nostra tradizione culturale e la realtà contemporanea, il nostro futuro,
come ammoniva Pavese, sarà irrimediabilmente compromesso.