La casa editrice La Zisa nasce nel 1988 a Palermo e in breve tempo si afferma nel settore dell'editoria di qualità proponendo classici ormai dimenticati e nuovi autori di talento.
lunedì 18 aprile 2016
Le Edizioni La Zisa al Salone del libro di Torino con il romanzo dello scrittore rumeno Radu Pavel Gheo “Buona notte, bambini!”
sabato 16 aprile 2011
In libreria: Vittorio Gorresio, “Risorgimento scomunicato”, Prefazione di Gianni Vattimo, Edizioni La Zisa, pp. 200, euro 16,90
venerdì 20 agosto 2010
Arriva in libreria: Dora Angela Ruvolo, “Ciao, Turin!”, romanzo, Edizioni La Zisa, pp. 160, Euro 9,90
Una storia intensa, in bilico tra una Palermo hippy, lontana ma presente, mai lasciata per sempre e un’elegante e sobria, a volte distante e senza dubbio aristocratica, Torino. Una preziosa saga familiare – nel senso, ormai il più diffuso, di famiglia allargata – in cui i legami si intensificano e si rarefanno, assumendo una consistenza che varia a seconda dei punti di vista.
“Ciao, Turin!”, romanzo d’esordio di Dora Angela Ruvolo, è la storia di una vita. Meglio: della vita di Ruiz, Adele, Laura, Stella, Alfredo. Esistenze affascinanti che si accostano, ma che, come fiumi paralleli, scorrono insieme senza mai toccarsi, se non in apparenza. Una storia d’amore e di vita, a cinque voci.
Dora Angela Ruvolo è nata e vive a Palermo. “Sono nata il 29 febbraio di un anno bisestile, motivo per cui pur essendo nonna di quattro nipoti non ho ancora raggiunto la maggiore età – scrive di se stessa –. So comunque di essere nata nell’anno del Drago di ferro e sotto il segno dei Pesci e nell’ora della Pecora. Ancora non mi capacito d’essere mortale: è l’unico vero problema che non saprò mai risolvere. Se avessi potuto scegliere, credo che avrei evitato di nascere donna e qui: non che mi sia andata proprio male, ma troppe cose della mia reale condizione non mi appartengono.”
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
martedì 9 marzo 2010
L'IMBALSAMATORE CHE FINI' IN UN MUCCHIO DI CENERE. UN LIBRO DELLE EDIZIONI LA ZISA NE RACCONTA LA STRAORDINARIA VICENDA UMANA
(LA STAMPA - VENERDÌ 5 MARZO 2010)
L'IMBALSAMATORE CHE FINI' IN UN MUCCHIO DI CENERE
di LAURA ANELLO - PALERMO
Nella città che ha generato Cagliostro, il mago della truffa e dell'impostura, molti dubitavano che quella bambina addormentata da novant'anni fosse di carne e di ossa. È di cera, è una bambola, è una replica recente, è frutto di un incantesimo, peggio, di una diavoleria. Tutto si è scritto su Rosalia, l'ospite più celebre delle catacombe dei Cappuccini di Palermo, dove centinaia di corpi sono esposti a sfidare titanicamente il tempo e i suoi sfregi. L'incursione più choccante e profonda nella sicilianità che odora di muffe, di incenso e di morte.
E invece Rosalia Lombardo, spirata i16 dicembre 1920, una settimana prima di compiere due anni, è «la più bella mummia del mondo, superiore a quelle di Lenin e di Evita Peron, un capolavoro assoluto». Parola di Dario Piombino-Mascali, il ricercatore dell'Istituto Eurac di Bolzano che ha appena portato alla luce la storia del suo autore - Alfredo Salafia, classe 1869 - e i segreti del suo «Fluido della Perfezione», finora sconosciuto. Non un prodigio, ma una miscela di glicerina, formalina, zinco, alcol saturo di acido salicilico.
La storia l'aveva dimenticato, Dario Piombino-Mascali l'ha disseppellito, interpellando i pronipoti, mettendo le mani sulle sue memorie incompiute (titolo: «Nuovo metodo speciale per la conservazione del cadavere umano allo stato permanentemente fresco»), seguendone la storia fino alla tomba. Gli esiti della ricerca sono finiti in un libretto agile e a tratti sbalorditivo, “Il maestro del sonno eterno” (Edizioni La Zisa), tributo a un uomo che ha dedicato la sua vita alla «consuetudine gentile di tramandare alla posterità intatte le sembianze dei nostri più cari».
Uno scienziato (anche se i suoi studi di chimica e anatomia furono da autodidatta), ma anche un artista. Il suo momento di gloria con la «rimessa in forma» del cadavere dello statista siciliano Francesco Crispi, morto nell'agosto 1901 a Napoli e sottoposto lì a un procedimento non efficace. «Salafia, nove mesi dopo, gli fece una serie di iniezioni sottocutanee - racconta Piombino-Mascali -: riempì di paraffina disciolta in etere le porzioni temporali e le guance, sostituì i bulbi oculari con protesi vitree, rimodellò naso, orecchie e labbra, chiuse la bocca, reinnestò capelli e baffi ormai caduti». La vedova era strabiliata.
Tre mesi dopo, nell'agosto 1902, quel cadavere sul catafalco faceva un figurone. E così in tutte le commemorazioni successive in cui il povero corpo-feticcio veniva mostrato al pubblico: nel 1904, nel 1905, nel 1910 e ancora nel 1914. Inorriditi? Già. Adesso è difficile parlare di morte, superare la rimozione collettiva, vincere il tabù. Ma dagli antichi Egizi agli anni Trenta del Novecento le cose sono andate diversamente, attraverso tecniche di pietrificazione, eviscerazione, disidratazione, bendaggi. «Un'arte millenaria - dice Piombino-Mascali - interrotta con le due guerre mondiali, quando le perdite umane all'ordine del giorno segnano una caduta di interesse verso i costumi funebri, verso la dignità del corpo».
Da Crispi in poi, per le mani di Salafia, passarono prelati, aristocratici e altoborghesi, mentre i poveracci continuavano a finire nelle fosse comuni senza alcun maquillage. Inevitabile allora nel 1909, lo sbarco a New York, dove l'imbalsamatore fondò una società, garantendo pure il servizio «soddisfatti o rimborsati». Qui congreghe di scienziati e cassamortari si stupirono compiaciuti dei prodigi del professore, ispezionando cadaveri ed eccependo su colorito, consistenza, aspetto. Parabola veloce, che si concluse nel 1912. Poi il ritorno in Sicilia e altri corpi da eternare.
Tra questi, Rosalia, la bambina delle catacombe. La sua radiografia rivela la presenza di tutti gli organi interni, di una struttura ossea intatta e pure di una boccetta di vetro collocata dietro la testa, probabilmente riempita di illuministici elisir di lunga morte, sostanze anti-muffa. Sulle cause della sua fine è ancora mistero: nel verbale necroscopico si parla di broncopolmonite, ma altre testimonianze si dividono tra difterite e tifo addominale.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
L'autrice:
LAURA ANELLO VIVE A PALERMO E SCRIVE PER «LA STAMPA» DI CRONACA, COSTUME E CULTURA. E' AUTRICE DI «AMORE DI MADRE», DEDICATO ALLA MADRE DI FULVIO FRISONE, IL FISICO NUCLEARE CATANESE IN SEDIA A ROTELLE DALLA NASCITA, DALLA CU I STORIA È STATA TRATTA UNA FICTION RAI.