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lunedì 22 maggio 2017

Edizioni La Zisa, dal 1988 sempre dalla parte “sbagliata”… Borsellino, Chinnici e Falcone noi li ricordiamo così.






Dal nostro catalogo. Era il 1991 e le Edizioni La Zisa mandavano in libreria un volume che raccoglieva i contributi di magistrati del calibro di Rocco Chinnici, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, e tanti altri, sul tema del contrasto alle organizzazioni criminali. Erano tempi di un’antimafia concreta, impopolare e difficile, diffamata e delegittimata, anche dalle Istituzioni. Un’antimafia che non conosceva il favore dei media e dell’associazionismo.
Ed erano anche tempi in cui una piccola ma coraggiosa casa editrice palermitana, La Zisa, si schierava dalla parte di un manipolo di magistrati che oggi tutti celebrano come eroi, ma che nel 1991 godevano di ben altra considerazione da parte di colleghi, politici e concittadini.



Salvatore Barresi, Paolo Borsellino, Rocco Chinnici, Giacomo Conte, Giuseppe Di Lello, Giovanni Falcone, Alfredo Galasso, Francesco Petruzzella (a cura di), Aldo Rizzo e Carlo Smuraglia, “Sulla pelle dello Stato. Istituzioni, magistratura e criminalità organizzata dalla complicità al risveglio del diritto”, con una nota di Luciano Violante, Edizioni La Zisa, Palermo 1991, pp. 192, euro 16,00


“A fronte di una situazione che ha visto venire meno le garanzie e le regole della democrazia in vaste aree geografiche del Paese, alcuni uomini rinchiusi nei palazzi di giustizia hanno rappresentato, per lungo tempo, uno dei pochi punti di riferimento per la difesa della legalità e dei diritti di libertà dei cittadini. Le istituzioni dello Stato, che avrebbero avuto il compito di provvedere con l’azione politica e di governo, hanno delegato ad essi la lotta alla mafia e alla camorra.

Per lungo tempo, la magistratura italiana ha giocato un ruolo ambiguo e oscuro, in rapporto alla presenza e alla crescita del fenomeno mafioso sul territorio e nelle istituzioni.

Questo avveniva tanto nell’ottica di un evidentissimo ‘collateralismo’  alla classe politica che, contestualmente, governava il Paese. Quanto anche per la mancanza di necessari momenti di analisi e riflessione da parte dei singoli magistrati.

Oggi le cose sono in parte cambiate. Al cospetto della traboccante invadenza dei partiti all’interno delle Istituzioni, settori consistenti della magistratura hanno tentato e tentano di affermare la propria indipendenza e autonomia; messa alla prova dei fatti, una generazione di uomini impegnati nei palazzi di giustizia di mezza Italia ha dimostrato di nutrire grandi ideali, una forte capacità di resistenza, un ammirevole spirito di sacrifici e, molto spesso, anche l’intelligenza per contribuire a trasformare l’esistente”. (dalla quarta di copertina) 

giovedì 13 aprile 2017

In libreria: Roberto Rossetti, “Paolo Borsellino. Un eroe semplice”, prefazione di Nicola Tranfaglia, Edizioni La Zisa, pp. 96, euro 9,90


 
Dopo la morte dell’amico e collega Giovanni Falcone, il coraggio è ciò che spinge, nonostante la paura, il giudice Paolo Borsellino a compiere fino in fondo il proprio dovere. Di magistrato e di uomo, perché pubblico e privato si contaminano sempre nella sua vita: i pensieri del giudice si rispecchiano in quelli dell’uomo e viceversa.
L’autore decide così di raccontare la vita del magistrato Borsellino attraverso la descrizione dell’uomo Paolo, un uomo tutto d’un pezzo, un uomo che non accetta compromessi, un uomo dal forte rigore morale, un uomo semplice diventato eroe, il cui lavoro però non è ancora finito. Il percorso iniziato da Paolo e Giovanni è tuttora lontano dal raggiungere il traguardo, ma – come ricorda l’autore – con il loro esempio ci hanno fornito gli strumenti etici e una mappa morale per proseguirlo nel loro nome. È un cammino difficile ma, come ogni cosa complessa, è formato da tante cose semplici, servono tanti piccoli passi nella giusta direzione, e questo saggio non è altro che uno di essi. 

Roberto Rossetti, nato a Ceva (CN) il 16 novembre 1982, ha conseguito la laurea in Storia Contemporanea presso l’Università degli Studi di Torino. “Studia per la Vita e non per la scuola” è il motto che lo ha accompagnato fin da quando era bambino e che ancora oggi lo spinge ad apprendere, conoscere e raccontare la Storia.

martedì 4 novembre 2014

Castellana Sicula (Pa) 12 nov., Si presenta “Il diario di Penelope” di Kostas Vàrnalis (Ed. La Zisa)






“Il diario di Penelope” è il titolo del romanzo di Kostas Vàrnalis, mandato in questi giorni in libreria dalle Edizioni La Zisa, che sarà presentato mercoledì 12 novembre, alle 0re 17, presso l’aula Consiliare “Paolo Borsellino” di Castellana Sicula, in provincia di Palermo. Interverranno: Maria Caracausi, docente di neo-greco dell’Università degli Studi di Palermo; Davide Romano, direttore editoriale della casa editrice La Zisa e Daniela Cappadonia, traduttrice e curatrice del volume. I soci dell’Associazione Culturale “Il Cenacolo” leggeranno alcuni passi tratti dal romanzo.

In libreria: Kostas Vàrnalis, “Il diario di Penelope. Cronaca (1193 a. C. - ?), traduzione e note di Daniela Cappadonia, Edizioni La Zisa - Palermo, Nostos 3, pp. 128, euro 14,90 (ISBN 978-88-9911-304-9)

Una Penelope trasgressiva, audace e crudele. Calcolatrice, opportunista e fortemente legata alle logiche spietate dei potenti. In apparenza fragile nel suo ruolo mitico, si rivela in tutta la sua genialità malvagia pur di sostituire Odisseo, ormai lontano, in ogni ambito. I Proci diventano suoi concubini a loro insaputa; i sudditi – nobili e popolo – devono sottostare al suo pugno di ferro che strazierà Itaca nel sangue; Omero – in una comparsata anacronistica – tra i fumi del vino è costretto a comporre un poema su Penelope e a raccontare la verità sulla guerra di Troia; uno pseudo- Odisseo – le cui origini si perdono nel porcile di Circe – giunge sull’isola assediata da invasori che rimandano al passato più recente della Grecia del XX secolo. Situazioni esilaranti e drammatiche si intrecciano nel Diario di Penelope, conducendo il lettore dal sorriso alla riflessione più amara.

Kostas Vàrnalis nasce nel 1884 a Burgas (Bulgaria). Esordisce come poeta di ispirazione parnassiana e simbolista con la raccolta Favi, sulle orme di Palamàs, ma è il 1919, anno in cui si reca a Parigi con una borsa di studio, che segna una “svolta” ideologica e letteraria in direzione marxista: il materialismo storico, l’osservazione delle masse proletarie e il loro ingresso nella vita politica europea stravolgono la sua personale visione della letteratura. Ne verrà fuori una produzione che analizza la realtà sociale attraverso un nuovo strumento, la satira e la dissacrazione del Mito: La luce che arde (1922), Il popolo degli eunuchi (1923), Solomòs senza metafisica (1925), Schiavi assediati (1927), La vera apologia di Socrate (1931), Uomini vivi (1938). Frutto dell’esperienza bellica e della tenace opposizione ad ogni forma di dittatura è la produzione successiva: Il diario di Penelope (1946), ardita rivisitazione della regina d’Itaca, e Dittatori (1956), una galleria di imperatori che gli valse il premio “Lenin” per la pace nel 1959. Si spegne ad Atene il 16 dicembre 1974.

NOSTOS

Collana di testi dalla Grecia moderna ideata e diretta da Maria Caracausi. Nostos è parola antica che indica il ritorno al luogo natìo. Scegliendo questo nome per la nostra collana di testi dalla Grecia moderna vogliamo indicare il ritorno alle origini, in una dimensione ideale in cui si compenetrano passato e presente, l’Ellade dell’eredità classica e la moderna “Romiosini” nella sua realtà più autentica.

Ghiorgos SEFERIS, Sei notti sull’Acropoli (trad. Maria Caracausi)
Kostas VARNALIS, Il diario di Penelope (trad. Daniela Cappadonia)
Nikiforos VRETTAKOS, Dolore (trad. Angela Daniela Sortino)
Lena DOUKIDOU, Elsa e gli altri (trad. Vera Cerenzia)
Vasilis BOUTOS, La calunnia del sangue (trad. Maria Caracausi)

domenica 21 luglio 2013

Davide Romano di La Zisa, ''Magistrati come Paolo Borsellino sono eroi isolati'' . libreriamo.it - recensioni libri



Il presidente della casa editrice palermitana, impegnata da 25 anni sul fronte della lotta alle mafie e all’illegalità, nell’anniversario della strage di via d’Amelio richiama alla necessità di un ricordo che non sia solo retorica celebrazione, ma concreto impegno quotidiano

MILANO – Che senso ha una lotta alle mafie portata avanti da pochi eroi se il nostro Paese non vuole essere liberato? È la riflessione sollevata da Davide Romano, presidente della palermitana Edizioni La Zisa, nel giorno dell’anniversario di morte di Paolo Borsellino: al di là delle celebrazioni retoriche, sarebbe necessario un impegno concreto e costante contro l’illegalità. Romano ci consiglia qualche lettura dal catalogo della casa editrice, da 25 anni attenta al tema della lotta alle mafie e della collusione tra criminalità organizzata e potere.  

Quanto è importante mantenere viva la memoria di un eroe come Paolo Borsellino?
Ci si potrebbe chiedere perché sia più facile rendere omaggio a un magistrato morto che sostenere un magistrato vivo che si batte contro le mafie e l’illegalità. L’impegno dovrebbe essere non soltanto quello di una retorica celebrazione, cui assistiamo ogni anno, ma di una seria lotta contro la cultura dell’illegalità e soprattutto contro l’illegalità presente nella classe dirigente.
Da parte nostra, uno dei primi titoli che abbiamo pubblicato, negli anni Ottanta, è stato una raccolta di interventi di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, oltre che di Rocco Chinnici, su temi come la legalità, lo Stato, le infiltrazioni mafiose nelle istituzioni, in un’epoca in cui loro erano sotto attacco da parte anche di certa politica che oggi li osanna. 

Qual è stato il valore dell’opera di Borsellino nella lotta alla mafia?
Borsellino, Falcone e altri come loro hanno avuto un ruolo fondamentale. E hanno giocato questo ruolo in totale solitudine, il che rende il loro sforzo ancora più eroico e significativo. Quello che mi domando è se la lotta alle mafie possa essere lasciata nelle mani di pochi eroi: se un popolo non è in grado di liberarsi e non vuole essere liberato, ha senso continuare la battaglia?

Il vostro catalogo dedica grande attenzione a questi temi. Può consigliarci qualche lettura in questa particolare occasione?
La casa editrice è nata 25 anni fa e fin dall’inizio ha dedicato grande attenzione a questi argomenti, anche quando non erano così popolari come oggi. Negli anni abbiamo continuato questo impegno attraverso la saggistica e anche attraverso biografie – per esempio quella scritta da Rosaria Brancato, “Con i tuoi occhi”, dedicata alla vittima della mafia Graziella Campagna. 
Un testo che in particolare mi sentirei di consigliare è “La zona grigia” di Nino Amadore, che affronta un tema fondamentale per la conoscenza e la comprensione del tema mafioso: il rapporto con i colletti bianchi, con il potere economico e politico. Noi abbiamo attualmente un governatore sostenuto da un partito che era alleato al precedente governatore, sotto inchiesta per mafia. Secondo me una riflessione pubblica su questo argomento andrebbe avviata: è possibile che gli stessi esponenti politici sostengano prima un governo e poi un altro? Ricordare Borsellino andrebbe fatto anche in questo modo.

Attraverso quali progetti la casa editrice ha intenzione di portare avanti in futuro il suo impegno su questo fronte?
Continuiamo con la nostra programmazione, ma soprattutto cerchiamo di agire in modo concreto contro l’illegalità. Dal 2007 abbiamo contrassegnato i nostri libri con il bollino “pizzo free”. Noi non paghiamo il pizzo a nessuno, né alla mafia, né alla politica, né alla burocrazia. 
Il progetto è costruire una possibilità: dimostrare che oltre alla clientela e all’emigrazione si possa pensare a un’impresa alternativa in Sicilia.

Ci illustra più in generale il catalogo della casa editrice?
Oltre a questo filone, che rappresenta un po’ la ragion d’essere della casa editrice, c’è anche una grande attenzione alla storia del movimento sindacale e alla storia della sinistra italiana, quella più nobile – abbiamo pubblicato i diari inediti di Li Causi, così come scritti di Napoleone Colajanni. Siamo molto attenti anche alle minoranze più critiche – abbiamo pubblicato per esempio “Il popolo della Bibbia”, la storia dei valdesi di Teodoro Balma, o “Apologia dell’ebraismo” di Dante Lattes. Con nostra grande sorpresa l’anno scorso di noi parlò Saviano, che nel corso di una sua presentazione citò un nostro testo: “La grande crisi del ’29” di Ugo Pettenghi. Ci sono poi anche collane di narrativa, centrate sulla storia locale e, anche qui, sulle minoranze: abbiamo un filone di narrativa scritta da omosessuali. 
Vorrei ricordare anche il nostro impegno a fianco dell’associazione Prometeo, onlus che opera nel campo della lotta alla pedofilia. Sono usciti per la casa editrice due libri sulla pedofilia del presidente e fondatore Massimiliano Frassi, “Perché nessuno mi crede?!” e “Il libro nero della pedofilia”, e un altro dello stesso argomento di Nicolò Anghileri, “Destini che nessuno sa”. 

19 luglio 2013

giovedì 29 luglio 2010

Dal catalogo: Rocco Chinnici, “L’illegalità protetta. Attività criminose e pubblici poteri nel meridione d’Italia”, Pref. di Paolo Borsellino, La Zisa


Dal catalogo: Rocco Chinnici, “L’illegalità protetta. Attività criminose e pubblici poteri nel meridione d’Italia”, Prefazione di Paolo Borsellino, Edizioni La Zisa, pp. 96, euro 10

Gli scritti raccolti nel presente volume testimoniano quanto penetrante fosse la capacità di analisi di Rocco Chinnici; al punto di consentirgli, in anticipo rispetto ad altri, una visione del fenomeno mafioso assai vicina a quella che oggi è diventata patrimonio comune. Insieme all’attività di giudice, non va dimenticato il suo impegno instancabile nella fermentazione di una diffusa e attiva coscienza civile, soprattutto fra le giovani generazioni, con le quali si intratteneva sovente in lunghe conversazioni e dibattiti sui temi della tossicodipendenza e dello spaccio e consumo degli stupefacenti.

Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".


Nato a Misilmeri (Palermo) il 19 gennaio 1925, ha frequentato il Liceo Classico "Umberto" a Palermo, conseguendo la maturità nel 1943. Si è iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, dove ha conseguito a pieni voti la laurea il 10 luglio 1947. E' entrato in Magistratura nel 1952 con destinazione al Tribunale di Trapani. Poi è stato pretore a Partanna per dodici anni, dal 1954. Nel maggio del 1966 è stato trasferito a Palermo, presso l'Ufficio Istruzione del Tribunale, come Giudice Istruttore. Nel novembre 1979, già magistrato di Cassazione, è stato promosso Consigliere Istruttore presso il Tribunale di Palermo.
Un mio orgoglio particolare, ha rivelato Chinnici, è una dichiarazione degli americani secondo cui l'Ufficio Istruzione di Palermo è un centro pilota della lotta antimafia, un esempio per le altre Magistrature d'Italia. I Magistrati dell'Ufficio Istruzione sono un gruppo compatto, attivo e battagliero. Chinnici ha partecipato, quale relatore, a molti congressi e convegni giuridici e socio-culturali. Il primo processo alla mafia, il cosiddetto maxi processo di Palermo è, tra l'altro, la conseguenza del lavoro istruttorio svolto da Chinnici e dal Pool di Magistrati con i quali ha collaborato (Falcone, Borsellino, Di Lello, ecc.). Rocco Chinnici credeva nel coinvolgimento degli studenti nella lotta contro la mafia e spesso parlava nelle scuole sui pericoli della droga.
Parlare ai giovani, alla gente, raccontare chi sono e come si arricchiscono i mafiosi, fa parte dei doveri di un giudice. Senza una nuova coscienza, noi, da soli, non ce la faremo mai.
In una delle sue ultime interviste, Chinnici ha detto: “La cosa peggiore che possa accadere è essere ucciso. Io non ho paura della morte e, anche se cammino con la scorta, so benissimo che possono colpirmi in ogni momento. Spero che, se dovesse accadere, non succeda nulla agli uomini della mia scorta. Per un Magistrato come me è normale considerarsi nel mirino delle cosche mafiose. Ma questo non impedisce né a me né agli altri giudici di continuare a lavorare”.
Rocco Chinnici è stato ucciso il 29 luglio 1983 all'età di cinquantotto anni. Accanto al suo corpo giacevano altre tre vittime raggiunte in pieno dall'esplosione: il maresciallo dei carabinieri Mario Trapassi, l'appuntato Salvatore Bartolotta e il portiere Stefano Li Sacchi.
(dal sito http://www.fondazionechinnici.it)