Foto dall’album di famiglia,
pezzi di vita personale, con sguardo al proprio albero genealogico, a partire
dai bisnonni, e, parallelamente la storia del capoluogo siciliano dai primi del
Novecento agli anni Sessanta, con le sue conquiste e le sue efferatezze. La
città, con i suoi luoghi, la sua lingua, il suo cibo è inevitabilmente
protagonista, personaggio vivo, di «Sotto il cielo di Palermo» (141 pagine, 12
euro) di Mariceta Gandolfo, memoir pubblicato dalle Edizioni La Zisa, che però
si fa romanzo, anche per le reinvenzioni narrative di alcune vicende private di
personaggi reali (c’è chi ha mantenuto la propria identità, ad altri, su
richiesta, è stata leggermente modificata).
L’autrice, ex insegnante di
scuola superiore che ha scritto e diretto vari lavori teatrali, porta a termine
un compito, dar forma concreta a memorie familiari –intarsiate dai principali
avvenimenti storici, che fin qui si erano tramandate oralmente –un patrimonio
di storie e sentimenti che resterà agli eredi, in particolare ai figli Chiara e
Roberto, che condividono la dedica del volume con la madre e una zia
dell’autrice: una scrittura senza svolazzi, chiara e semplice, che va al
nocciolo delle questione ed è dunque abbastanza efficace.
Come sempre, quando si fa memoria,
quando si rievoca il passato, non si può non gettare lo sguardo al presente e
soprattutto al futuro. Palermo, che nel romanzo di Mariceta Gandolfo appare
come capitale di fasti e miserie, splendori e contraddizioni, per alcuni
aspetti non sembra essere cambiata più di tanto. Scorci, persone, situazioni,
tradizioni che sono allo stesso modo affascinanti e scoraggianti, sembrano
ripetersi ineluttabilmente e invariabilmente. E non è solo una questione di
contrapposizione fra le anime diverse, anche quelle apparenti, della città, già
dai primi decenni del Novecento – i ricevimenti delle famiglie aristocratiche
in ville magnifiche e monumentali contrapposti ai mercati e alle viuzze buie e
maleodoranti – ma qualcosa che fa fatica
a muoversi, a rinnovarsi, a cambiare nelle teste di chicchessia, al di là di
capacità intellettive, credo religioso, disponibilità economiche, aspirazioni e
realizzazioni.
Nella Palermo di Gandolfo fa
capolino anche la mafia, infiltrata e riciclata nella politica nell’immediato
dopoguerra che rigettava (apparentemente) solo il fascismo. Ma forse la mafia
ha già attraversato tre secoli e può rintracciarsi anche poco prima dell’Unità
d’Italia.