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martedì 8 maggio 2018

“Memorie familiari in una Panormus capitale di fasti e miserie” di Salvatore Lo Iacono (Giornale di Sicilia, venerdì 4 maggio 2018)




Foto dall’album di famiglia, pezzi di vita personale, con sguardo al proprio albero genealogico, a partire dai bisnonni, e, parallelamente la storia del capoluogo siciliano dai primi del Novecento agli anni Sessanta, con le sue conquiste e le sue efferatezze. La città, con i suoi luoghi, la sua lingua, il suo cibo è inevitabilmente protagonista, personaggio vivo, di «Sotto il cielo di Palermo» (141 pagine, 12 euro) di Mariceta Gandolfo, memoir pubblicato dalle Edizioni La Zisa, che però si fa romanzo, anche per le reinvenzioni narrative di alcune vicende private di personaggi reali (c’è chi ha mantenuto la propria identità, ad altri, su richiesta, è stata leggermente modificata).
L’autrice, ex insegnante di scuola superiore che ha scritto e diretto vari lavori teatrali, porta a termine un compito, dar forma concreta a memorie familiari –intarsiate dai principali avvenimenti storici, che fin qui si erano tramandate oralmente –un patrimonio di storie e sentimenti che resterà agli eredi, in particolare ai figli Chiara e Roberto, che condividono la dedica del volume con la madre e una zia dell’autrice: una scrittura senza svolazzi, chiara e semplice, che va al nocciolo delle questione ed è dunque abbastanza efficace.
Come sempre, quando si fa memoria, quando si rievoca il passato, non si può non gettare lo sguardo al presente e soprattutto al futuro. Palermo, che nel romanzo di Mariceta Gandolfo appare come capitale di fasti e miserie, splendori e contraddizioni, per alcuni aspetti non sembra essere cambiata più di tanto. Scorci, persone, situazioni, tradizioni che sono allo stesso modo affascinanti e scoraggianti, sembrano ripetersi ineluttabilmente e invariabilmente. E non è solo una questione di contrapposizione fra le anime diverse, anche quelle apparenti, della città, già dai primi decenni del Novecento – i ricevimenti delle famiglie aristocratiche in ville magnifiche e monumentali contrapposti ai mercati e alle viuzze buie e maleodoranti  – ma qualcosa che fa fatica a muoversi, a rinnovarsi, a cambiare nelle teste di chicchessia, al di là di capacità intellettive, credo religioso, disponibilità economiche, aspirazioni e realizzazioni.
Nella Palermo di Gandolfo fa capolino anche la mafia, infiltrata e riciclata nella politica nell’immediato dopoguerra che rigettava (apparentemente) solo il fascismo. Ma forse la mafia ha già attraversato tre secoli e può rintracciarsi anche poco prima dell’Unità d’Italia.