Chi legga la nuova edizione dell’ Apologia del
cattolicesimo di Ernesto Buonaiuti (La Zisa, Palermo 2021, ed.
or. Formiggini, Modena 1923) resta stupito almeno due volte.
Il primo choc è dovuto all’impavida
sicumera con cui l’autore, presbitero e teologo, espone la sua “difesa” della
Chiesa cattolica inanellando una serie di tesi che, a suo parere, sono quasi
evidenti allo sguardo di un osservatore onesto e razionale: che esiste un Dio
“al di fuori e al di sopra di tutti gli esseri sensibilmente percepiti” (p.
54); che “ha posto al vertice delle esistenze sensibili una
volontà libera” (p. 59) ; che questo essere ha rovinato tutto con una “colpa
originale, sconvolgimento morboso delle umane facoltà e delle umane attitudini”
(p. 61); che Dio stesso (nella seconda persona della Trinità) si è
incarnato per realizzare, “col suo eccelso sacrificio e la sua inarrivabile
abnegazione, un tesoro di meriti, da cui potranno attingere, senza esaurirlo,
fino alla consumazione dei secoli, i figli innumerevoli del dolore e della colpa”
(ivi); che questo Dio-uomo ha fondato una Chiesa “visibile” che possiede
“l’infallibile potere di trasmettere e interpretare la parola del divino
Maestro” (p. 62); che, dal 1500 in poi (con la filosofia moderna e il
protestantesimo) si è infranto “questo meraviglioso ed organico piano
sistematico” con la conseguenza che “da quattro secoli il pensiero e la
moralità del nostro così detto mondo civile vanno miseramente barcollando
nell’oscurità di una notte lunga e penosa” (p. 70); che comunque non va perduta
la speranza/certezza che la società moderna troverà la “salvezza” “il
giorno in cui, ai piedi dell’insegnamento cattolico, reciterà la sua netta
palinodia” (p. 73).
Nelle pagine dell’agile libretto – scritto, per altro,
con raffinata arte letteraria – non c’è traccia di dubbi né dal punto di vista
metafisico (come se, ad esempio, agnostici come Kant e atei
come Feuerbach non fossero mai esistiti) né dal punto di vista
storico (come se la tanto esaltata Chiesa medievale non avesse indetto né
Crociate né caccia agli eretici né processi alle streghe): incredibile!
Non ci si è ancora ripresi dal primo choc che
si viene colpiti da una seconda batosta quando si apprende che questo libro,
pur così deciso nel difendere l’indifendibile, è stato “incluso nell’ Index
librorum proibitorum” ed ha contribuito alla scomunica papale dell’autore! Motivi dell’inspiegabile decisione magisteriale?
Forse perché ospitato in una Collana di opere di
autori vari, ciascuna delle quali dedicata alla apologia di una religione
diversa (La Zisa stessa ha ripubblicato, sinora, Apologia
dell’ebraismo e Apologia dell’islamismo); forse perché troppo
condiscendente al filone agostiniano e mistico piuttosto che al filone tomista
e dottrinale; forse perché, in ciò pericolosamente vicino al protestantesimo,
vuol “provare la validità della dottrina più riferendosi alla Bibbia che non
alla tradizione e all’autorità del magistero” (così Andrea Panerini a p. 15) o
perché insiste sull’aspetto rivoluzionario del vangelo di Gesù quale “integrale
rovesciamento degli umani valori” (p. 18).
Emerge prepotente, dunque, almeno una domanda:
cos’hanno in comune il cattolicesimo del primo ventennio del XX secolo con il
cattolicesimo del primo ventennio del XXI secolo? Quasi a metà del cammino
temporale li divide il crinale del Concilio ecumenico Vaticano II (1962 – 1965)
e neppure le politiche reazionarie di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI sono
riuscite a frenarne le conseguenze sconvolgenti. Papa Francesco è, nonostante
tutte le sue cautele teologiche e la sua devozione religiosa datata, l’icona di
un cambiamento di paradigma: dirsi cattolici oggi è toto coelo differente
dal dirsi cattolici cento anni fa.
Ma se una comunità-istituzione cambia così
radicalmente, come può continuare a ritenersi “costituita da Dio” quale
“organo del magistero celeste, attuantesi nella storia”, sotto “la guida
inerrante della Chiesa docente diretta dal supremo gerarca” (p. 62) ? O ha
sbagliato prima o sta sbagliando adesso. Chi non coglie questo dilemma non può
capire nulla della tragedia del cattolicesimo odierno. Chi ritiene che stia
sbagliando adesso, non può che rifiutare la maggior parte delle ricerchef filosofiche scientifiche, storiche, archeologiche, filologiche in atto
dentro e fuori i confini delle Chiese cristiane (ricerche ardite, ma sofferte,
perché mettono in discussione tutte le tesi della catechesi tradizionale
esposte, ad esempio, nel libro di Buonaiuti).
Chi, invece, ritiene che la Chiesa cattolica abbia
sbagliato prima, soprattutto quando un papa (Pio IX) è arrivato a proclamare
(1870) il dogma dell’infallibilità pontificia nelle questioni di fede e di
morale, non può continuare a dirsi cattolico. Infatti, se si intestardisce in
questa dichiarazione di appartenenza confessionale, si condanna inesorabilmente
all’incomprensione: è, per così dire, cattolico per equivoco e non può stupirsi
se chi cattolico non è gli attribuisca certezze, pensieri, atteggiamenti
pratici che egli non si sogna di condividere neppure la notte.