La casa editrice La Zisa nasce nel 1988 a Palermo e in breve tempo si afferma nel settore dell'editoria di qualità proponendo classici ormai dimenticati e nuovi autori di talento.
martedì 31 agosto 2010
“LA GRANDE CRISI DEL ’29 (LA ZISA), recensione di Davide Romano
“La grande crisi del ‘29” ripropone una pagina complessa, e quanto mai attuale, della storia americana. Il 1929 e la crisi di Wall Street non rappresentano solo una macchia luttuosa della storia contemporanea, ma anche la prima vera incrinatura di un sistema considerato perfetto. Spesso i libri che parlano di storia e si danno aria di “saggi” finiscono per diventare noiosi. Sicuramente questo non è il caso del libro di Ugo Pettenghi, che con uno stile semplice e discorsivo porta il lettore a immedesimarsi con i piccoli risparmiatori. Pettenghi, cronista di altri tempi, non spiega ma racconta ,attraverso gli occhi abbagliati di tanti americani, la fine di un sogno chiamato capitalismo. Durante il mandato di Hoover la borsa, gonfiata da titoli fantasma e da falsi bilanci, tracolla il 24 ottobre 1929, lasciando il “paese dei miracoli” con milioni di disoccupati, migliaia di aziende chiuse e tanti risparmiatori sul lastrico. L’occhio del cronista focalizza la sua attenzione sui cittadini americani, su come fossero diventati patiti di Wall Street e del suo gioco, unico svago legale al tempo, visto il proibizionismo. Di come fossero pronti a vendersi per le strade, dopo aver scoperto che le proprie azioni erano diventate pezzi di carta senza alcun valore. Ma come ricorda Pettenghi “… quasi sempre lo schiavo bianco restava senza compratore…”. Il disastro del 1929 non si limita all’America, ma trascina dietro di sé un’Europa distratta e piena di debiti, che porterà al trionfo Hitler e Mussolini. Non manca una critica di sottofondo alla fine del libro, che Pettenghi dedica alle vicende di Sam Insull, unica testa considerata responsabile del crollo del 1929: un uomo inseguito per anni dalle forze dell’ordine americane, con due milioni di nemici lasciati in patria. Tuttavia questo libricino lascia l’amaro in bocca per un altro motivo, e cioè che leggendolo sembra di ascoltare un telegiornale recente. Nella speranza che l’uomo faccia la storia, ma che la memoria faccia l’uomo.
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
Ugo Pettenghi, “La grande crisi del ’29. Una storia che si ripete”, Prefazione di Nino Amadore, Con una nota di Michelangelo Bellinetti, Edizioni La Zisa, pp. 80, euro 9,90
Editoria, l'Italia a fiera Pechino. Ice: vendita diritti in crescita
Roma, 30 AGO (Il Velino) - L'Ice ha allestito in collaborazione con l'Associazione italiana editori (Aie) uno stand collettivo alla Beijing International Book Fair, giunta alla sua XVII edizione ospitata presso il China International Exhibition Center di Pechino, che apre i battenti oggi e che proseguira' fino al prossimo 3 settembre. "Negli ultimi cinque anni siamo sempre stati presenti", ha affermato il presidente dell'Ice Umberto Vattani. "Consideriamo molto importante l'azione che l'Aie svolge ed esiste una eccellente collaborazione tra l'Ice e l'associazione presieduta da Marco Polillo. Questa presenza italiana continua e' importante" ha proseguito Vattani "perche' l'export di diritti e' in costante crescita e riguarda principalmente narrativa, libri d'arte, saggistica, libri illustrati e per bambini. Come emerge dall'indagine Doxa commissionata dall'Ice, le nostre vendite di diritti verso la Cina sono passate da 87 titoli nel 2006 a 142 nel 2007. Questo", ha concluso Vattani "dimostra come l'Italia possegga settori di assoluta eccellenza che abbiamo saputo proporre con successo non tanto e non solo sui tradizionali mercati europei, ma anche su quelli nuovi dell'Asia e dell'Est Europa". Alla collettiva italiana parteciperanno undici editori le cui opere piu' significative saranno esposte presso il padiglione italiano, che ospitera', tra l'altro, la mostra "Copy in Italy: autori italiani nel mondo 1945-2009", promossa dall'Istituto ed organizzata dalla Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori che nasce dall'idea di proporre ai visitatori il libro italiano nel mondo, sia nella traduzione visiva che illustra le diverse copertine di uno stesso libro "in traduzione", sia dal punto di vista grafico, in una galleria di immagini, in cui le copertine rappresentano vere e proprie collezioni iconografiche. La Cina rappresenta, anche per il commercio dei diritti d'autore, un mercato ad elevato potenziale.
L'apertura verso la cultura straniera, in qualsiasi forma questa si esprima, e' sempre maggiore e rende il Paese terreno fertile affinche' la cultura italiana possa svilupparsi e prosperare. A riprova di questo desiderio di occidente i dati sull'affluenza di visitatori al Padiglione Italia dell'Expo di Shanghai, che oggi e' ancora il piu' visitato, dopo quello cinese. L'occasione offerta dall'International Book Fair consente di proporre, anche mediante la mostra Copy in Italy: autori italiani nel mondo 1945-2009, il meglio della produzione editoriale italiana; che si tratti di letteratura per infanzia, prosa d'autore, pubblicazioni d'arte, architettura e design o mediante la galleria di immagini di copertine del medesimo libro in traduzione proposte dalla mostra, il marchio italiano rappresenta sinonimo di qualita' e avanguardia. Il mercato cinese ha accolto con grande interesse, non solo i classici, ma anche autori contemporanei di successo internazionale come Umberto Eco, Tiziano Scarpa, Roberto Saviano e Susanna Tamaro.L'industria editoriale cinese e' cresciuta, nel quadriennio 2005-2009, ad un tasso medio annuo dell'8,8 per cento, occupando oggi il primo posto nel mondo per valore di produzione, con un giro di affari, solo nel 2009, pari a 14,8 miliardi di euro. Lo scorso anno e' stato significativo anche per la transizione verso l'editoria digitale con cifre che si assestano oltre i 9 milioni di euro, interessando quasi il 40 per cento dell'intera industria editoriale. Secondo i dati Gapp (General Administration of Press and Publication of China) per la prima volta dal 2004 sono diminuite le vendite di libri (-3 per cento), fenomeno questo riconducibile proprio al forte sviluppo dell'editoria digitale: 302mila i libri pubblicati nel 2009 di cui 168mila le novita' e 133mila le ristampe. Particolarmente interessanti i dati relativi all'editoria straniera confortati dall'andamento delle importazioni di copyright. Dopo il picco di 15.776 titoli raggiunto nel 2008 (per un valore pari a 81,55 milioni di dollari), l'import di copyright e' cresciuto nel 2009, ma meno velocemente. Circa 13mila i titoli importati dalla Cina nel 2009 e 3.100 quelli esportati. Il Paese importa soprattutto da Taiwan che figura al primo posto, seguita da Usa, Regno Unito, Giappone, Corea, Germania e Francia.
(red/dam) 302012 AGO 10 NNNN
L'apertura verso la cultura straniera, in qualsiasi forma questa si esprima, e' sempre maggiore e rende il Paese terreno fertile affinche' la cultura italiana possa svilupparsi e prosperare. A riprova di questo desiderio di occidente i dati sull'affluenza di visitatori al Padiglione Italia dell'Expo di Shanghai, che oggi e' ancora il piu' visitato, dopo quello cinese. L'occasione offerta dall'International Book Fair consente di proporre, anche mediante la mostra Copy in Italy: autori italiani nel mondo 1945-2009, il meglio della produzione editoriale italiana; che si tratti di letteratura per infanzia, prosa d'autore, pubblicazioni d'arte, architettura e design o mediante la galleria di immagini di copertine del medesimo libro in traduzione proposte dalla mostra, il marchio italiano rappresenta sinonimo di qualita' e avanguardia. Il mercato cinese ha accolto con grande interesse, non solo i classici, ma anche autori contemporanei di successo internazionale come Umberto Eco, Tiziano Scarpa, Roberto Saviano e Susanna Tamaro.L'industria editoriale cinese e' cresciuta, nel quadriennio 2005-2009, ad un tasso medio annuo dell'8,8 per cento, occupando oggi il primo posto nel mondo per valore di produzione, con un giro di affari, solo nel 2009, pari a 14,8 miliardi di euro. Lo scorso anno e' stato significativo anche per la transizione verso l'editoria digitale con cifre che si assestano oltre i 9 milioni di euro, interessando quasi il 40 per cento dell'intera industria editoriale. Secondo i dati Gapp (General Administration of Press and Publication of China) per la prima volta dal 2004 sono diminuite le vendite di libri (-3 per cento), fenomeno questo riconducibile proprio al forte sviluppo dell'editoria digitale: 302mila i libri pubblicati nel 2009 di cui 168mila le novita' e 133mila le ristampe. Particolarmente interessanti i dati relativi all'editoria straniera confortati dall'andamento delle importazioni di copyright. Dopo il picco di 15.776 titoli raggiunto nel 2008 (per un valore pari a 81,55 milioni di dollari), l'import di copyright e' cresciuto nel 2009, ma meno velocemente. Circa 13mila i titoli importati dalla Cina nel 2009 e 3.100 quelli esportati. Il Paese importa soprattutto da Taiwan che figura al primo posto, seguita da Usa, Regno Unito, Giappone, Corea, Germania e Francia.
(red/dam) 302012 AGO 10 NNNN
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“La virtuosa economia dell’Islam” di Davide Romano
L’economia di numerosi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa è influenzata dai precetti del Corano. Tali precetti, a differenza di quanto avviene in Occidente per i principi di ispirazione cristiana, non costituiscono solamente un animus operandi di imprenditori e consumatori, ma influenzano in modo decisivo l’attività economica di produzione e di consumo.
Questo avviene soprattutto perché la legge coranica spesso si confonde o si traspone in modo completo nella legge dello Stato. Spesso i musulmani accusano i paesi occidentali di non comprendere le loro tradizioni e le motivazioni sottostanti certe pratiche economiche. Gli europei si astengono dall’investire e dall’intrattenere relazioni economiche con i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa perché li considerano economie poco trasparenti, nebulose e rischiose. È pertanto necessario colmare, anche se solo parzialmente, il difetto di conoscenza delle logiche di base del funzionamento dell’economia reale e finanziaria dei paesi musulmani.
La parte centrale del secolo scorso è stata caratterizzata dall’emergere di una letteratura sull’economia islamica. Lo scopo dichiarato era quello di identificare e promuovere un ordine economico conforme alle scritture coraniche. Gli economisti islamici criticano l’idea di un’applicazione universale del capitalismo o del socialismo, sostenendo che quando queste teorie hanno trovato applicazione nei paesi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente si sono rivelate fallimentari perché nate in un ambiente culturale lontano dall’Islam.
L’economia islamica nasce per fini culturali e politici. Per questa ragione essa non deve sottostare a regole scientifiche di coerenza, precisione e realismo. Al contrario, il pensiero dominante nel mondo occidentale è che l’economia, in quanto scienza anche se sociale, dovrebbe non tanto dare giudizi di valore, ma fornire spiegazioni circa il funzionamento del sistema economico. L’economia islamica, invece, parte da giudizi di valore ben precisi e poi tenta di sviluppare un sistema logico coerente con questi principi e di dare una spiegazione economica alle regole della Sharia. L’economia islamica non nasce per correggere fenomeni di squilibrio, ingiustizia o ineguaglianza, quanto piuttosto per difendere la civiltà islamica dall’influenza della cultura occidentale.
Nonostante questa critica sulla mancanza di presupposti scientifici, gli economisti occidentali si sono cimentati, da qualche decennio a questa parte, in un’opera di studio e di valutazione sul piano squisitamente economico di alcuni istituti e regole proprie dell’economia islamica, come la zakat (tassa islamica), la proibizione della riba (interesse), le scelte di consumo.
I principi di economia islamica sono stati elaborati dagli economisti islamici sulla base dei precetti della Sharia, la legge santa che trae spunto dai due testi sacri, il Corano e la Sunna.
La Sharia, non essendo un trattato di economia, quando enuncia principi economici lo fa in modo incompleto, prestandosi a numerose interpretazioni, che hanno portato gli islamisti a varie dispute circa la loro corretta esegesi. Inoltre, la Sharia non è in vigore in tutti i paesi musulmani: alcuni di essi, infatti, hanno un sistema giuridico di tipo occidentale, codificato in norme dettate dallo Stato e non dai consigli religiosi; tuttavia, anche in questi paesi la legge civile e l’operato dei giudici risente in modo determinante dell’influenza della tradizione islamica, che rende leciti alcuni comportamenti e ne condanna altri. Per queste ragioni quanto si dirà in seguito non è da ritenersi unanimemente condiviso dagli economisti islamici, ma rappresenta il nucleo essenziale rispetto al quale esiste un livello di consenso accettabile.
Per gli islamici il problema alla base di tutta la teoria economica occidentale, sia essa liberista o marxista, ovvero la scarsità delle risorse rispetto ai bisogni della popolazione, non è un problema o meglio è un problema dell’homo oeconomicus occidentale, ma non dell’homo islamicus. Secondo il Corano, Dio ha creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani, quindi la scarsità è frutto del comportamento umano e dell’avarizia da accumulazione. Per questa ragione, l’homo islamicus attraverso la rinuncia e il comportamento altruistico (contrapposto al comportamento egoistico dell’homo oeconomicus) riesce ad ovviare al problema della scarsità delle risorse.
Tra gli economisti islamici esiste un accordo abbastanza ampio circa i principi fondamentali dai quali un sistema economico islamico non può prescindere. I tre capisaldi dell’economia islamica sono: il filtro morale attraverso il quale ogni decisione economica deve passare; la proibizione dell’interesse (riba) nelle operazioni finanziarie; la zakat, ovvero un sistema di tassazione infruttifera con finalità di tipo islamico.
I principi coranici sono molto pervasivi in campo economico, anche se spesso si limitano ad enunciare indicazioni abbastanza generali sui comportamenti da tenere e su quelli da evitare. Tali principi influenzano aspetti importanti della vita economica di una comunità, dalla libertà di iniziativa economica alle scelte di investimento, dalle decisioni di consumo al ruolo economico della donna nella società. Gli agenti economici devono operare all’insegna delle regole disegnate secondo le fonti tradizionali dell’Islam, regole che impongono il bene e condannano il male, che tendono ad evitare sprechi, eccessi che generano esternalità negative; regole che promuovono generosità, lavoro duro, l’applicazione di prezzi equi. Gli agenti che popolano un’economia islamica godono di condizioni di libertà almeno in teoria molto ampie, che devono passare però attraverso un filtro islamico. Per gli economisti islamici le libertà economiche sono troppo ampie nel sistema capitalistico e troppo ristrette in quello socialista: la terza via di equilibrio e di equità è rappresentata per l’appunto dall’economia islamica.
Secondo il Corano tutto ciò che esiste sulla terra appartierne a Dio. Tuttavia la Sharia non nega la proprietà privata, ma la limita nel senso che l’uso che se ne può fare non deve essere contrario ai principi coranici. Spesso queste limitazioni alla proprietà privata sono molto pervasive, provocando una notevole contrazione della sfera d’autonomia. Il Corano garantisce libertà di stipulare contratti per il trasferimento di diritti e impone che si mantenga fede agli impegni presi. I contratti devono essere scritti e con testimoni. Ogni contratto che non è espressamente proibito dalla Sharia è valido. L’attribuzione di diritti di proprietà comporta fenomeni di disuguaglianza tra gli uomini. L’Islam considera accettabile una disuguaglianza moderata, ma condanna le disparità estreme nel reddito e nella ricchezza, l’esistenza delle quali autorizza un intervento riequilibratore della comunità, così come è legittimo l’intervento della comunità nel caso di non uso dei beni o di uso contrario ai principi islamici. La maggior parte dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa è caratterizzata da un intervento pervasivo dello Stato nella redistribuzione della ricchezza, e questo è particolarmente vero per quei paesi come l’Iran, retti dalla Sharia.
Secondo la Sharia, i musulmani maschi sono liberi di produrre e commerciare per il proprio personale profitto, ma nell’esercizio della loro libertà essi hanno la responsabilità di non nuocere agli altri: devono pagare salari equi, applicare prezzi ragionevoli e accontentarsi di un profitto normale, che non sfoci in situazioni di monopolio e di controllo incondizionato del mercato.
Un elemento fondante dell’economia islamica è che la cooperazione tende a rimpiazzare l’idea di competizione alla base dell’economia di mercato occidentale. Più che competere, le imprese costituiscono partnership basate sul principio della condivisione sia dei profitti sia delle perdite di una iniziativa economica. Almeno in linea teorica, l’economia musulmana non è chiusa verso il mercato, ammette l’iniziativa economica privata, anche se pone limiti che creano ampi spazi di intervento pubblico. Se i maschi godono di una certa libertà, diverso è il discorso per la popolazione femminile. Secondo la Sharia, la donna non deve avere un ruolo economico; non può partecipare alla vita produttiva, non ha libertà di movimento, non ha libertà di iniziativa. Queste prescrizioni, ad eccezione di alcuni paesi che stanno cercando di riscoprire un ruolo economico per la donna, hanno finito per rendere nullo il contributo delle donne alla crescita economica.
La Sharia proibisce tutti i contratti di vendita aleatori non legati allo svolgimento di un’attività produttiva. Inoltre un contratto deve produrre un’utilità reale alla società altrimenti non è lecito. Ogni tentativo di aumentare artificialmente i prezzi è condannato dal Corano.
Gli economisti islamici sono abbastanza concordi nel sostenere che la Sharia ammette il principio della determinazione dei prezzi attraverso il mercato, dall’incontro della domanda e dell’offerta. Contrario alla Sharia, invece, è che i prezzi vengano definiti dall’acquirente o dal venditore attraverso l’esercizio di un potere di mercato. Il Corano proibisce il monopolio così come la najash, cioè la pratica di offrire per una merce un prezzo più alto di quello di mercato al solo fine di danneggiare gli altri acquirenti realmente interessati all’acquisto del bene. Come si vede, quindi, alcuni comportamenti anti-concorrenziali oggi contemplati dalle leggi antitrust dei paesi occidentali vengono proibiti anche dal testo sacro musulmano.
L’Islam propugna un sistema molto simile a quello di mercato. Tuttavia esiste un’importante possibilità di intervento per lo Stato che non è giustificata da ragioni di tipo economico o politico ma da ragioni di tipo religioso: l’uso parsimonioso delle risorse evitando il loro spreco, l’eliminazione della povertà, il divieto della riba attraverso la costituzione di banche islamiche pubbliche, il rispetto insomma dei precetti islamici.
L’Islam prevede una moderazione dei costumi: l’eccessivo consumo di beni (definito israf dalla Sharia) sia di uso corrente sia di confort o di lusso, è proibito. La proibizione, secondo il Corano, dovrebbe aiutare a risolvere il problema della scarsità delle risorse e ad eliminare le pressioni inflattive da domanda. I benefici effetti previsti dagli economisti islamici non sempre si realizzano nella realtà. Spesso la moderazione dei consumi nei paesi islamici non è determinata dai precetti islamici, quanto piuttosto dai livelli di reddito pro capite molto bassi, che permettono a stento di coprire i consumi primari. Inoltre, in quei paesi dove il livello di reddito pro capite è più elevato, la produzione di beni di lusso è limitata dalle imposizioni della Sharia e questi beni devono essere importati dai paesi occidentali. Con la conseguenza che gli introiti dell’esportazione del petrolio, anziché favorire la nascita di un’industria locale, hanno dato luogo solamente ad una dipendenza dall’importazione di beni e servizi dalle economie sviluppate.
L’economia classica definisce la funzione di consumo in relazione al reddito e la funzione di utilità in relazione ai beni e servizi consumati che danno utilità immediata. In questo modo si trascura una componente molto importante per gli economisti islamici, che è la spesa “per amore di Dio”, cioè la spesa del proprio reddito che mira a soddisfare i bisogni delle persone meno abbienti. L’obsolescenza dei prodotti, per moda o tecnologia, può portare secondo la visione islamica ad uno spreco di risorse, proibito dalla Sharia, e quindi deve essere contrastata e ridotta al minimo. I prezzi dei beni devono essere ad un livello ragionevole che permetta di soddisfare la domanda di beni e servizi di base. In caso di scostamento del mercato da questi principi, la comunità islamica è autorizzata ad intervenire per correggere le distorsioni.
La Sharia prevede che non tutti i beni possono essere consumati; in particolare i beni sono distinti in tre categorie: halal (beni permessi, consumabili con moderazione); haram (beni come alcol, carne di maiale, gioco d’azzardo il cui consumo è proibito) e makrough (beni che possono essere consumati a certe condizioni, ad esempio in certe ricorrenze particolari). Da questo si evince che in una economia islamica si tendono a valorizzare i beni di prima necessità che devono essere disponibili a basso prezzo e in quantità sufficienti per tutti; viene invece scoraggiata la produzione e il consumo di beni di lusso, anche attraverso elevate imposte su produzione e importazione. I beni prodotti devono essere di durata elevata, cosicché non devono essere rimpiazzati di frequente. Ciò può produrre un atteggiamento ostile verso la tecnologia e il progresso.
Il Corano proibisce la riba, ovvero il pagamento di interessi sui fondi prestati: il denaro, in se stesso, non può essere fonte di guadagno, anche perché se lo fosse si rafforzerebbe la tendenza all’accumulazione della ricchezza nelle mani di pochi. Il divieto della riba non vuol dire che sui fondi mutuati non venga pagata alcuna remunerazione. Alcuni economisti islamici degli anni Cinquanta del secolo scorso, consci dei problemi che questa prescrizione comporta, hanno sostenuto che il divieto fosse diretto a bloccare esclusivamente le pratiche finanziarie socialmente dannose come appunto l’usura, ma non escludesse completamente il pagamento degli interessi. Tuttavia questa posizione è rimasta minoritaria, e negli ultimi cinquanta anni la condivisione del divieto totale degli interessi è stata considerata conditio sine qua non per essere considerato un economista islamico.
Secondo la Sharia, l’obiettivo di una istituzione finanziaria islamica non è solo la realizzazione di profitti, considerata lecita e auspicabile, ma anche il suo contributo al bene della collettività, facendo ad esempio prestiti ai poveri e ai bisognosi senza applicare nessun ricarico.
Il problema del divieto di pagamento di interessi si iniziò a presentare sin dal VI secolo d.C. quando l’Islam divenne il principio organizzativo dominante in tutto l’Oriente. Tuttavia, dalla comparsa dell’Islam fino alla fine degli anni Cinquanta, l’economia di quest’area è stata sempre molto arretrata, prevalentemente agraria e rurale e quindi l’esigenza di servizi finanziari era minima o addirittura assente e i rapporti commerciali con aree del mondo non islamico erano molto limitati.
Le cose cambiarono a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso: molti paesi islamici scoprirono importanti riserve di petrolio che esportarono verso i paesi occidentali, i quali però avevano un’economia interest-based. In quegli anni affluirono ai paesi islamici notevoli quantità di denaro, che resero questi paesi i più importanti investitori-risparmiatori del mondo.
L’afflusso di capitali, non accompagnato da una crescita parallela dei consumi, portò ad una situazione di eccesso di offerta di liquidità, che pose il problema di come investire questi fondi. La scelta naturale sarebbe stata quella di prestarli ai paesi occidentali ad un tasso di interesse fisso ma questo non era permesso dalla Sharia. Per questa ragione nacquero le prime banche islamiche che prestavano senza interesse, rispettando il divieto della riba.
Ai giorni nostri esistono istituzioni finanziarie islamiche o loro succursali in più di 60 paesi. Secondo alcune stime le banche e le istituzioni islamiche operanti nel mondo erano circa 170 nel 1998 di cui quasi la metà operanti nell’area dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, con un portafoglio prestiti di circa 170 miliardi di dollari e un numero di dipendenti di quasi 270 mila unità.
Il divieto della riba ha procurato seri problemi alle istituzioni finanziarie, che in alcuni casi hanno cercato di aggirarlo attraverso pratiche poco ortodosse. Sovente il tasso di interesse, seppur formalmente abolito, è ricomparso ex post per effetto di rendimenti delle attività finanziarie islamiche strettamente correlati con i rendimenti di mercato. Queste pratiche elusive sono aspramente criticate dagli economisti islamici, che sostengono che il rispetto del divieto della riba non deve essere solo formale ma anche sostanziale.
La proibizione della riba si fonda sul credo islamico secondo il quale non ci può essere guadagno senza l’assunzione di rischi: il profitto, in una visione islamica, è legittimato solo dal rischio. La nozione di interesse come remunerazione per il differimento del consumo è quindi rigettata: può essere remunerato solo lo sforzo fisico e intellettuale delle persone e non la mera attesa. Il risparmio quindi non è una scelta di consumo intertemporale ma una scelta fatta per far fronte a necessità future e quindi non merita il pagamento di un prezzo, ovvero l’interesse.
Secondo la Sharia la moneta è solo un mezzo di scambio e non ha valore in sé: l’unico scopo per cui si deterrebbe moneta è quello transattivo. Sul piano dell’efficienza, la proibizione del pagamento di un tasso di interesse crea numerosi problemi riguardo alla allocazione del rischio e alla sua gestione. Negare tout court la possibilità di ottenere una remunerazione fissa in forma di interessi non tiene conto della possibilità che diversi operatori hanno di sopportare differenti livelli di rischio: una banca riesce meglio a diversificare il rischio nel prestare i fondi rispetto ad un semplice risparmiatore. Inoltre sottostante il divieto di un interesse fisso c’è una incomprensione di ciò che veramente costituisce un rischio finanziario, poiché non è esatto sostenere che ricevere un tasso di interesse fisso equivale a non sopportare alcun rischio, poiché sussiste sempre l’eventualità del default del debitore.
La zakat rappresenta, assieme al filtro islamico e alla proibizione della riba, il terzo pilastro dell’economia islamica. Essa è una tassa generalizzata sulla ricchezza, con un’aliquota del 2,5 per cento, che grava sulla proprietà di beni non sfruttati per fini produttivi. Letteralmente zakat significa “purificazione” e il suo pagamento viene considerato dagli islamisti essenziale perché purifica la ricchezza dalla sua malefica tendenza ad accumularsi nelle mani di pochi. La Sharia riconduce l’istituzione di questa tassa al credo fondamentale che tutto appartiene a Dio, e quindi parte dei beni posseduti va devoluta alla comunità per far fronte alle esigenze di tutti i membri.
La zakat è essenzialmente un sistema di redistribuzione della ricchezza che dovrebbe arginare i fenomeni di povertà. Da un punto di vista economico, l’applicazione di una tassa su una base imponibile costituita da una ricchezza non produttiva dovrebbe avere effetti positivi, con un aumento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse e un disincentivo a lasciare improduttivi i propri beni per evitare il pagamento della tassa.
Secondo la legge islamica, gli introiti provenienti dal prelievo della zakat devono essere utilizzati per far fronte alle esigenze dell’intera comunità. Anche sulla zakat, come sugli altri istituti di economia islamica, non c’è accordo unanime tra gli islamici. Alcuni economisti sostengono che la zakat può essere un’arma molto potente contro la povertà, molto di più degli strumenti utilizzati nei paesi occidentali, grazie all’ampio gettito prodotto da una tassa universale religiosa, rispetto alla quale i comportamenti evasivi sarebbero ridotti al minimo; secondo altri, il pagamento avverrebbe spontaneamente anche in assenza di coercizione. Per un terzo gruppo di economisti islamici esiste un altro canale della loro economia che può contribuire alla riduzione della povertà, e questo canale è il micro-credito.
I principi di finanza islamica – risk sharing, solidarietà, giustizia economica e sociale – hanno molto in comune col micro-credito, che sarebbe uno sbocco naturale dell’economia islamica. Inoltre, il micro-credito troverebbe terreno fertile nell’ambito della finanza islamica in quanto alcuni problemi di micro-credito – elevati costi di transazione e comportamenti opportunistici – potrebbero essere ovviati o per lo meno attenuati grazie all’islamic finance.
In molti paesi in via di sviluppo il micro-credito sta attirando sempre maggiore attenzione come politica di sviluppo, per raggiungere i poveri, innalzare il loro tenore di vita, creare lavoro, spingere la domanda di beni e servizi e in questo modo favorire la crescita economica e alleviare la povertà.
I micro-imprenditori non richiedono sussidi, ma accesso continuo e semplificato al credito e ai servizi finanziari. Mentre i sussidi mandano un segnale di disincentivo ad un utilizzo efficiente delle risorse, i prestiti costituiscono uno stimolo allo sfruttamento coerente dei fondi mutuati.
Questo avviene soprattutto perché la legge coranica spesso si confonde o si traspone in modo completo nella legge dello Stato. Spesso i musulmani accusano i paesi occidentali di non comprendere le loro tradizioni e le motivazioni sottostanti certe pratiche economiche. Gli europei si astengono dall’investire e dall’intrattenere relazioni economiche con i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa perché li considerano economie poco trasparenti, nebulose e rischiose. È pertanto necessario colmare, anche se solo parzialmente, il difetto di conoscenza delle logiche di base del funzionamento dell’economia reale e finanziaria dei paesi musulmani.
La parte centrale del secolo scorso è stata caratterizzata dall’emergere di una letteratura sull’economia islamica. Lo scopo dichiarato era quello di identificare e promuovere un ordine economico conforme alle scritture coraniche. Gli economisti islamici criticano l’idea di un’applicazione universale del capitalismo o del socialismo, sostenendo che quando queste teorie hanno trovato applicazione nei paesi della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente si sono rivelate fallimentari perché nate in un ambiente culturale lontano dall’Islam.
L’economia islamica nasce per fini culturali e politici. Per questa ragione essa non deve sottostare a regole scientifiche di coerenza, precisione e realismo. Al contrario, il pensiero dominante nel mondo occidentale è che l’economia, in quanto scienza anche se sociale, dovrebbe non tanto dare giudizi di valore, ma fornire spiegazioni circa il funzionamento del sistema economico. L’economia islamica, invece, parte da giudizi di valore ben precisi e poi tenta di sviluppare un sistema logico coerente con questi principi e di dare una spiegazione economica alle regole della Sharia. L’economia islamica non nasce per correggere fenomeni di squilibrio, ingiustizia o ineguaglianza, quanto piuttosto per difendere la civiltà islamica dall’influenza della cultura occidentale.
Nonostante questa critica sulla mancanza di presupposti scientifici, gli economisti occidentali si sono cimentati, da qualche decennio a questa parte, in un’opera di studio e di valutazione sul piano squisitamente economico di alcuni istituti e regole proprie dell’economia islamica, come la zakat (tassa islamica), la proibizione della riba (interesse), le scelte di consumo.
I principi di economia islamica sono stati elaborati dagli economisti islamici sulla base dei precetti della Sharia, la legge santa che trae spunto dai due testi sacri, il Corano e la Sunna.
La Sharia, non essendo un trattato di economia, quando enuncia principi economici lo fa in modo incompleto, prestandosi a numerose interpretazioni, che hanno portato gli islamisti a varie dispute circa la loro corretta esegesi. Inoltre, la Sharia non è in vigore in tutti i paesi musulmani: alcuni di essi, infatti, hanno un sistema giuridico di tipo occidentale, codificato in norme dettate dallo Stato e non dai consigli religiosi; tuttavia, anche in questi paesi la legge civile e l’operato dei giudici risente in modo determinante dell’influenza della tradizione islamica, che rende leciti alcuni comportamenti e ne condanna altri. Per queste ragioni quanto si dirà in seguito non è da ritenersi unanimemente condiviso dagli economisti islamici, ma rappresenta il nucleo essenziale rispetto al quale esiste un livello di consenso accettabile.
Per gli islamici il problema alla base di tutta la teoria economica occidentale, sia essa liberista o marxista, ovvero la scarsità delle risorse rispetto ai bisogni della popolazione, non è un problema o meglio è un problema dell’homo oeconomicus occidentale, ma non dell’homo islamicus. Secondo il Corano, Dio ha creato ogni cosa nella giusta quantità per soddisfare i bisogni umani, quindi la scarsità è frutto del comportamento umano e dell’avarizia da accumulazione. Per questa ragione, l’homo islamicus attraverso la rinuncia e il comportamento altruistico (contrapposto al comportamento egoistico dell’homo oeconomicus) riesce ad ovviare al problema della scarsità delle risorse.
Tra gli economisti islamici esiste un accordo abbastanza ampio circa i principi fondamentali dai quali un sistema economico islamico non può prescindere. I tre capisaldi dell’economia islamica sono: il filtro morale attraverso il quale ogni decisione economica deve passare; la proibizione dell’interesse (riba) nelle operazioni finanziarie; la zakat, ovvero un sistema di tassazione infruttifera con finalità di tipo islamico.
I principi coranici sono molto pervasivi in campo economico, anche se spesso si limitano ad enunciare indicazioni abbastanza generali sui comportamenti da tenere e su quelli da evitare. Tali principi influenzano aspetti importanti della vita economica di una comunità, dalla libertà di iniziativa economica alle scelte di investimento, dalle decisioni di consumo al ruolo economico della donna nella società. Gli agenti economici devono operare all’insegna delle regole disegnate secondo le fonti tradizionali dell’Islam, regole che impongono il bene e condannano il male, che tendono ad evitare sprechi, eccessi che generano esternalità negative; regole che promuovono generosità, lavoro duro, l’applicazione di prezzi equi. Gli agenti che popolano un’economia islamica godono di condizioni di libertà almeno in teoria molto ampie, che devono passare però attraverso un filtro islamico. Per gli economisti islamici le libertà economiche sono troppo ampie nel sistema capitalistico e troppo ristrette in quello socialista: la terza via di equilibrio e di equità è rappresentata per l’appunto dall’economia islamica.
Secondo il Corano tutto ciò che esiste sulla terra appartierne a Dio. Tuttavia la Sharia non nega la proprietà privata, ma la limita nel senso che l’uso che se ne può fare non deve essere contrario ai principi coranici. Spesso queste limitazioni alla proprietà privata sono molto pervasive, provocando una notevole contrazione della sfera d’autonomia. Il Corano garantisce libertà di stipulare contratti per il trasferimento di diritti e impone che si mantenga fede agli impegni presi. I contratti devono essere scritti e con testimoni. Ogni contratto che non è espressamente proibito dalla Sharia è valido. L’attribuzione di diritti di proprietà comporta fenomeni di disuguaglianza tra gli uomini. L’Islam considera accettabile una disuguaglianza moderata, ma condanna le disparità estreme nel reddito e nella ricchezza, l’esistenza delle quali autorizza un intervento riequilibratore della comunità, così come è legittimo l’intervento della comunità nel caso di non uso dei beni o di uso contrario ai principi islamici. La maggior parte dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa è caratterizzata da un intervento pervasivo dello Stato nella redistribuzione della ricchezza, e questo è particolarmente vero per quei paesi come l’Iran, retti dalla Sharia.
Secondo la Sharia, i musulmani maschi sono liberi di produrre e commerciare per il proprio personale profitto, ma nell’esercizio della loro libertà essi hanno la responsabilità di non nuocere agli altri: devono pagare salari equi, applicare prezzi ragionevoli e accontentarsi di un profitto normale, che non sfoci in situazioni di monopolio e di controllo incondizionato del mercato.
Un elemento fondante dell’economia islamica è che la cooperazione tende a rimpiazzare l’idea di competizione alla base dell’economia di mercato occidentale. Più che competere, le imprese costituiscono partnership basate sul principio della condivisione sia dei profitti sia delle perdite di una iniziativa economica. Almeno in linea teorica, l’economia musulmana non è chiusa verso il mercato, ammette l’iniziativa economica privata, anche se pone limiti che creano ampi spazi di intervento pubblico. Se i maschi godono di una certa libertà, diverso è il discorso per la popolazione femminile. Secondo la Sharia, la donna non deve avere un ruolo economico; non può partecipare alla vita produttiva, non ha libertà di movimento, non ha libertà di iniziativa. Queste prescrizioni, ad eccezione di alcuni paesi che stanno cercando di riscoprire un ruolo economico per la donna, hanno finito per rendere nullo il contributo delle donne alla crescita economica.
La Sharia proibisce tutti i contratti di vendita aleatori non legati allo svolgimento di un’attività produttiva. Inoltre un contratto deve produrre un’utilità reale alla società altrimenti non è lecito. Ogni tentativo di aumentare artificialmente i prezzi è condannato dal Corano.
Gli economisti islamici sono abbastanza concordi nel sostenere che la Sharia ammette il principio della determinazione dei prezzi attraverso il mercato, dall’incontro della domanda e dell’offerta. Contrario alla Sharia, invece, è che i prezzi vengano definiti dall’acquirente o dal venditore attraverso l’esercizio di un potere di mercato. Il Corano proibisce il monopolio così come la najash, cioè la pratica di offrire per una merce un prezzo più alto di quello di mercato al solo fine di danneggiare gli altri acquirenti realmente interessati all’acquisto del bene. Come si vede, quindi, alcuni comportamenti anti-concorrenziali oggi contemplati dalle leggi antitrust dei paesi occidentali vengono proibiti anche dal testo sacro musulmano.
L’Islam propugna un sistema molto simile a quello di mercato. Tuttavia esiste un’importante possibilità di intervento per lo Stato che non è giustificata da ragioni di tipo economico o politico ma da ragioni di tipo religioso: l’uso parsimonioso delle risorse evitando il loro spreco, l’eliminazione della povertà, il divieto della riba attraverso la costituzione di banche islamiche pubbliche, il rispetto insomma dei precetti islamici.
L’Islam prevede una moderazione dei costumi: l’eccessivo consumo di beni (definito israf dalla Sharia) sia di uso corrente sia di confort o di lusso, è proibito. La proibizione, secondo il Corano, dovrebbe aiutare a risolvere il problema della scarsità delle risorse e ad eliminare le pressioni inflattive da domanda. I benefici effetti previsti dagli economisti islamici non sempre si realizzano nella realtà. Spesso la moderazione dei consumi nei paesi islamici non è determinata dai precetti islamici, quanto piuttosto dai livelli di reddito pro capite molto bassi, che permettono a stento di coprire i consumi primari. Inoltre, in quei paesi dove il livello di reddito pro capite è più elevato, la produzione di beni di lusso è limitata dalle imposizioni della Sharia e questi beni devono essere importati dai paesi occidentali. Con la conseguenza che gli introiti dell’esportazione del petrolio, anziché favorire la nascita di un’industria locale, hanno dato luogo solamente ad una dipendenza dall’importazione di beni e servizi dalle economie sviluppate.
L’economia classica definisce la funzione di consumo in relazione al reddito e la funzione di utilità in relazione ai beni e servizi consumati che danno utilità immediata. In questo modo si trascura una componente molto importante per gli economisti islamici, che è la spesa “per amore di Dio”, cioè la spesa del proprio reddito che mira a soddisfare i bisogni delle persone meno abbienti. L’obsolescenza dei prodotti, per moda o tecnologia, può portare secondo la visione islamica ad uno spreco di risorse, proibito dalla Sharia, e quindi deve essere contrastata e ridotta al minimo. I prezzi dei beni devono essere ad un livello ragionevole che permetta di soddisfare la domanda di beni e servizi di base. In caso di scostamento del mercato da questi principi, la comunità islamica è autorizzata ad intervenire per correggere le distorsioni.
La Sharia prevede che non tutti i beni possono essere consumati; in particolare i beni sono distinti in tre categorie: halal (beni permessi, consumabili con moderazione); haram (beni come alcol, carne di maiale, gioco d’azzardo il cui consumo è proibito) e makrough (beni che possono essere consumati a certe condizioni, ad esempio in certe ricorrenze particolari). Da questo si evince che in una economia islamica si tendono a valorizzare i beni di prima necessità che devono essere disponibili a basso prezzo e in quantità sufficienti per tutti; viene invece scoraggiata la produzione e il consumo di beni di lusso, anche attraverso elevate imposte su produzione e importazione. I beni prodotti devono essere di durata elevata, cosicché non devono essere rimpiazzati di frequente. Ciò può produrre un atteggiamento ostile verso la tecnologia e il progresso.
Il Corano proibisce la riba, ovvero il pagamento di interessi sui fondi prestati: il denaro, in se stesso, non può essere fonte di guadagno, anche perché se lo fosse si rafforzerebbe la tendenza all’accumulazione della ricchezza nelle mani di pochi. Il divieto della riba non vuol dire che sui fondi mutuati non venga pagata alcuna remunerazione. Alcuni economisti islamici degli anni Cinquanta del secolo scorso, consci dei problemi che questa prescrizione comporta, hanno sostenuto che il divieto fosse diretto a bloccare esclusivamente le pratiche finanziarie socialmente dannose come appunto l’usura, ma non escludesse completamente il pagamento degli interessi. Tuttavia questa posizione è rimasta minoritaria, e negli ultimi cinquanta anni la condivisione del divieto totale degli interessi è stata considerata conditio sine qua non per essere considerato un economista islamico.
Secondo la Sharia, l’obiettivo di una istituzione finanziaria islamica non è solo la realizzazione di profitti, considerata lecita e auspicabile, ma anche il suo contributo al bene della collettività, facendo ad esempio prestiti ai poveri e ai bisognosi senza applicare nessun ricarico.
Il problema del divieto di pagamento di interessi si iniziò a presentare sin dal VI secolo d.C. quando l’Islam divenne il principio organizzativo dominante in tutto l’Oriente. Tuttavia, dalla comparsa dell’Islam fino alla fine degli anni Cinquanta, l’economia di quest’area è stata sempre molto arretrata, prevalentemente agraria e rurale e quindi l’esigenza di servizi finanziari era minima o addirittura assente e i rapporti commerciali con aree del mondo non islamico erano molto limitati.
Le cose cambiarono a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso: molti paesi islamici scoprirono importanti riserve di petrolio che esportarono verso i paesi occidentali, i quali però avevano un’economia interest-based. In quegli anni affluirono ai paesi islamici notevoli quantità di denaro, che resero questi paesi i più importanti investitori-risparmiatori del mondo.
L’afflusso di capitali, non accompagnato da una crescita parallela dei consumi, portò ad una situazione di eccesso di offerta di liquidità, che pose il problema di come investire questi fondi. La scelta naturale sarebbe stata quella di prestarli ai paesi occidentali ad un tasso di interesse fisso ma questo non era permesso dalla Sharia. Per questa ragione nacquero le prime banche islamiche che prestavano senza interesse, rispettando il divieto della riba.
Ai giorni nostri esistono istituzioni finanziarie islamiche o loro succursali in più di 60 paesi. Secondo alcune stime le banche e le istituzioni islamiche operanti nel mondo erano circa 170 nel 1998 di cui quasi la metà operanti nell’area dei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa, con un portafoglio prestiti di circa 170 miliardi di dollari e un numero di dipendenti di quasi 270 mila unità.
Il divieto della riba ha procurato seri problemi alle istituzioni finanziarie, che in alcuni casi hanno cercato di aggirarlo attraverso pratiche poco ortodosse. Sovente il tasso di interesse, seppur formalmente abolito, è ricomparso ex post per effetto di rendimenti delle attività finanziarie islamiche strettamente correlati con i rendimenti di mercato. Queste pratiche elusive sono aspramente criticate dagli economisti islamici, che sostengono che il rispetto del divieto della riba non deve essere solo formale ma anche sostanziale.
La proibizione della riba si fonda sul credo islamico secondo il quale non ci può essere guadagno senza l’assunzione di rischi: il profitto, in una visione islamica, è legittimato solo dal rischio. La nozione di interesse come remunerazione per il differimento del consumo è quindi rigettata: può essere remunerato solo lo sforzo fisico e intellettuale delle persone e non la mera attesa. Il risparmio quindi non è una scelta di consumo intertemporale ma una scelta fatta per far fronte a necessità future e quindi non merita il pagamento di un prezzo, ovvero l’interesse.
Secondo la Sharia la moneta è solo un mezzo di scambio e non ha valore in sé: l’unico scopo per cui si deterrebbe moneta è quello transattivo. Sul piano dell’efficienza, la proibizione del pagamento di un tasso di interesse crea numerosi problemi riguardo alla allocazione del rischio e alla sua gestione. Negare tout court la possibilità di ottenere una remunerazione fissa in forma di interessi non tiene conto della possibilità che diversi operatori hanno di sopportare differenti livelli di rischio: una banca riesce meglio a diversificare il rischio nel prestare i fondi rispetto ad un semplice risparmiatore. Inoltre sottostante il divieto di un interesse fisso c’è una incomprensione di ciò che veramente costituisce un rischio finanziario, poiché non è esatto sostenere che ricevere un tasso di interesse fisso equivale a non sopportare alcun rischio, poiché sussiste sempre l’eventualità del default del debitore.
La zakat rappresenta, assieme al filtro islamico e alla proibizione della riba, il terzo pilastro dell’economia islamica. Essa è una tassa generalizzata sulla ricchezza, con un’aliquota del 2,5 per cento, che grava sulla proprietà di beni non sfruttati per fini produttivi. Letteralmente zakat significa “purificazione” e il suo pagamento viene considerato dagli islamisti essenziale perché purifica la ricchezza dalla sua malefica tendenza ad accumularsi nelle mani di pochi. La Sharia riconduce l’istituzione di questa tassa al credo fondamentale che tutto appartiene a Dio, e quindi parte dei beni posseduti va devoluta alla comunità per far fronte alle esigenze di tutti i membri.
La zakat è essenzialmente un sistema di redistribuzione della ricchezza che dovrebbe arginare i fenomeni di povertà. Da un punto di vista economico, l’applicazione di una tassa su una base imponibile costituita da una ricchezza non produttiva dovrebbe avere effetti positivi, con un aumento dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse e un disincentivo a lasciare improduttivi i propri beni per evitare il pagamento della tassa.
Secondo la legge islamica, gli introiti provenienti dal prelievo della zakat devono essere utilizzati per far fronte alle esigenze dell’intera comunità. Anche sulla zakat, come sugli altri istituti di economia islamica, non c’è accordo unanime tra gli islamici. Alcuni economisti sostengono che la zakat può essere un’arma molto potente contro la povertà, molto di più degli strumenti utilizzati nei paesi occidentali, grazie all’ampio gettito prodotto da una tassa universale religiosa, rispetto alla quale i comportamenti evasivi sarebbero ridotti al minimo; secondo altri, il pagamento avverrebbe spontaneamente anche in assenza di coercizione. Per un terzo gruppo di economisti islamici esiste un altro canale della loro economia che può contribuire alla riduzione della povertà, e questo canale è il micro-credito.
I principi di finanza islamica – risk sharing, solidarietà, giustizia economica e sociale – hanno molto in comune col micro-credito, che sarebbe uno sbocco naturale dell’economia islamica. Inoltre, il micro-credito troverebbe terreno fertile nell’ambito della finanza islamica in quanto alcuni problemi di micro-credito – elevati costi di transazione e comportamenti opportunistici – potrebbero essere ovviati o per lo meno attenuati grazie all’islamic finance.
In molti paesi in via di sviluppo il micro-credito sta attirando sempre maggiore attenzione come politica di sviluppo, per raggiungere i poveri, innalzare il loro tenore di vita, creare lavoro, spingere la domanda di beni e servizi e in questo modo favorire la crescita economica e alleviare la povertà.
I micro-imprenditori non richiedono sussidi, ma accesso continuo e semplificato al credito e ai servizi finanziari. Mentre i sussidi mandano un segnale di disincentivo ad un utilizzo efficiente delle risorse, i prestiti costituiscono uno stimolo allo sfruttamento coerente dei fondi mutuati.
venerdì 27 agosto 2010
“Papagena, zuccherino mio. Guida semiseria ai libretti d’opera”, Edizioni La Zisa, di Cristina Bobbio
“Papagena, zuccherino mio. Guida semiseria ai libretti d’opera”, Edizioni La Zisa, di Cristina Bobbio
recensione di Alessandra Vitale
Il sottotitolo cita così: “Guida semiseria ai libretti d'opera”, ed è perfetto per descrivere in toto questa raccolta di libretti operistici finalmente spiegati.
Partendo dal punto che è difficoltoso conoscere un'opera lirica a fondo se non si assiste alla sua rappresentazione più volte, se non la si ascolta per anni e se non si accompagna a tutto ciò un discreto studio di essa, “Papagena, zuccherino mio” finalmente si domanda il perché di qualcuna delle astrusità poetiche adottate dai librettisti e lo fa in una piacevolissima quanto simpatica introduzione. Il libro disegna le trame di alcuni dei più noti melodrammi, con la semplicità dell'acqua. Da profani, i momenti dell'opera si intuiscono tramite l'incalzare della musica: forte esempio ne è il 'Rigoletto', melodramma in cui musica e libretto sono incollati come una figurina alla sua matrice. L'autrice non vuol essere irriverente verso i librettisti, né tanto meno verso le opere liriche, anzi: ne è così appassionata, innamorata, che ne è entrata dentro, ne ha scrutato ogni singola parola come chiunque sia stato portato a teatro fin dai primissimi anni di vita, o come fa chi è divenuto pazzo-della-lirica, curioso di scoprire il perché e il percome di quei fatti narrati e quasi incredibili, e bramante di scoprire il significato di quelle parole e frasi incomprensibili perché poetiche e non in prosa. Con vivace ironia e con puntualità, ne sottolinea le incongruenze: chi si sognerebbe oggi, si chiede l'autrice, di fare la fine di Radames e Aida? “Probabilmente fu il frutto della cieca giustizia degli uomini”. E che dire di Alfredo ne 'La Traviata'? “Il 'micio bello' che durante la relazione con Violetta non aveva sborsato un soldo e non aveva neanche capito di essere il mantenuto di una mantenuta!” Ritroviamo, quindi, una critica autentica alla psicologia dei personaggi, protagonisti dell'ammirato genere musicale qual è l'opera lirica. Ma parliamo, per esempio, di Otello che “...lo turbava il tenere tra le mani un oggetto prezioso e fragile (ovvero la moglie Desdemona), destinato prima o poi a rompersi” e aggiunge “Può darsi, addirittura, che desiderasse di vederlo rotto, per dimostrare a sé stesso di non esserne degno...”: buona intuizione. Niente peli sulla lingua nei confronti di alcuno: 'il corpaccione grasso e pieno d'alcool di Falstaff'; Azucena che tarda ad asciugarsi gli occhi dalle lacrime e, incapace di vedere, getta suo figlio nel fuoco al posto di un altro bambino; la notte che copre i volti delle persone per cui ci si può scambiare con chicchessia probabilmente restando muti per tutto il tempo... Le stranezze del melodramma sono anche queste, estremizzare i racconti fino a renderli inverosimili per dimostrare che è il fato e lui solo il vero direttore delle vite umane.
Papagena, zuccherino mio (Palermo, ed La Zisa, pp. 136, euro 9,90), è la seconda opera della scrittrice Cristina Bobbio. Genovese, ha già pubblicato il romanzo Tina e lo straniero, sei storie genovesi e ha collaborato alla rivista 'Urbs, Silva et Flumen' dell'Accademia Urbense di Ovada ad Alessandria.
________________________________________________
Davide Romano - Resp. Ufficio stampa "Edizioni La Zisa"
via Francesco Guardione n. 5/E, 90139 - Palermo
Tel. +39 091 331104 - fax +39 091 6127870
cell. +39 328 4728708
e-mail: stampa@lazisa.it - www.lazisa.it
Blog; http://edizionilazisa.blogspot.com/
recensione di Alessandra Vitale
Il sottotitolo cita così: “Guida semiseria ai libretti d'opera”, ed è perfetto per descrivere in toto questa raccolta di libretti operistici finalmente spiegati.
Partendo dal punto che è difficoltoso conoscere un'opera lirica a fondo se non si assiste alla sua rappresentazione più volte, se non la si ascolta per anni e se non si accompagna a tutto ciò un discreto studio di essa, “Papagena, zuccherino mio” finalmente si domanda il perché di qualcuna delle astrusità poetiche adottate dai librettisti e lo fa in una piacevolissima quanto simpatica introduzione. Il libro disegna le trame di alcuni dei più noti melodrammi, con la semplicità dell'acqua. Da profani, i momenti dell'opera si intuiscono tramite l'incalzare della musica: forte esempio ne è il 'Rigoletto', melodramma in cui musica e libretto sono incollati come una figurina alla sua matrice. L'autrice non vuol essere irriverente verso i librettisti, né tanto meno verso le opere liriche, anzi: ne è così appassionata, innamorata, che ne è entrata dentro, ne ha scrutato ogni singola parola come chiunque sia stato portato a teatro fin dai primissimi anni di vita, o come fa chi è divenuto pazzo-della-lirica, curioso di scoprire il perché e il percome di quei fatti narrati e quasi incredibili, e bramante di scoprire il significato di quelle parole e frasi incomprensibili perché poetiche e non in prosa. Con vivace ironia e con puntualità, ne sottolinea le incongruenze: chi si sognerebbe oggi, si chiede l'autrice, di fare la fine di Radames e Aida? “Probabilmente fu il frutto della cieca giustizia degli uomini”. E che dire di Alfredo ne 'La Traviata'? “Il 'micio bello' che durante la relazione con Violetta non aveva sborsato un soldo e non aveva neanche capito di essere il mantenuto di una mantenuta!” Ritroviamo, quindi, una critica autentica alla psicologia dei personaggi, protagonisti dell'ammirato genere musicale qual è l'opera lirica. Ma parliamo, per esempio, di Otello che “...lo turbava il tenere tra le mani un oggetto prezioso e fragile (ovvero la moglie Desdemona), destinato prima o poi a rompersi” e aggiunge “Può darsi, addirittura, che desiderasse di vederlo rotto, per dimostrare a sé stesso di non esserne degno...”: buona intuizione. Niente peli sulla lingua nei confronti di alcuno: 'il corpaccione grasso e pieno d'alcool di Falstaff'; Azucena che tarda ad asciugarsi gli occhi dalle lacrime e, incapace di vedere, getta suo figlio nel fuoco al posto di un altro bambino; la notte che copre i volti delle persone per cui ci si può scambiare con chicchessia probabilmente restando muti per tutto il tempo... Le stranezze del melodramma sono anche queste, estremizzare i racconti fino a renderli inverosimili per dimostrare che è il fato e lui solo il vero direttore delle vite umane.
Papagena, zuccherino mio (Palermo, ed La Zisa, pp. 136, euro 9,90), è la seconda opera della scrittrice Cristina Bobbio. Genovese, ha già pubblicato il romanzo Tina e lo straniero, sei storie genovesi e ha collaborato alla rivista 'Urbs, Silva et Flumen' dell'Accademia Urbense di Ovada ad Alessandria.
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Davide Romano - Resp. Ufficio stampa "Edizioni La Zisa"
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martedì 24 agosto 2010
lunedì 23 agosto 2010
POESIA: STA MORENDO? NO, SE I LIBRI IN VERSI FANNO FLOP TORNA DI MODA IL READING =
(Roma, Adnkronos) - Ma la poesia sta morendo? Stando ai sondaggi parrebbe di no. Se in pochi riescono a conquistarsi un editore e poi un pubblico di lettori, sono in tanti, un milione e mezzo, uomini e donne di ogni eta', gli italiani che si cimentano a scrivere odi e liriche. Il genere dunque, nonostante non riesca a imporsi come business cartaceo, vive. Anzi, vive alla grande, attraverso il recupero in chiave contemporanea della propria natura di oralita': grande successo infatti stanno riscuotendo i reading, veri e propri spettacoli in cui il poeta diventa anche attore, interpretando i propri componimenti.
Un ritorno al passato sulla scia dei cantori greci e latini che con accenti, trimetri e senari giambici, endecasillabi faleci e tutti gli altri versi della metrica classica, incubo degli studenti del liceo, davano alla poesia declamata in pubblico un'importanza fondamentale. O un ritorno ai cantori medievali delle Chansons De Geste e della famosa Chanson de Roland, che formalizzarono il naturale connubio fra poesia, ritmo, melodia e interpretazione.
O forse una riscoperta nostrana dei 'ragazzi' della beat generation e soprattutto di quel 'genio e sregolatezza' di Allen Ginsberg, che porto' in auge la pratica della lettura pubblica in cui lo spettatore aveva la possibilita' di ascoltare il componimento dalla voce dell'autore e vedere 'i versi' interpretati.
'Viviamo nell'epoca della moltitudine e della societa' di massa ma molti ancora non capiscono che siamo in un'era diversa, nella quale i criteri che potevano essere validi nell'Ottocento e nel primo Novecento ora sono tutti da rimettere in discussione. Inoltre spesso mi chiedo 'ma quanti lettori aveva Leopardi? Quanti Foscolo?'. La verita' e' che in fondo la poesia non e' mai stata un fenomeno di massa, anche perche' fino agli anni 60 la societa' di massa neanche esisteva!'. Lo dice all' ADNKRONOS Marco Palladini, romano, classe 1954, da piu' di vent'anni autore sperimentale, critico, drammaturgo, compositore e performer teatrale nonche' organizzatore, gia' nel 1998, del primo 'Rave di poesia' italiano, commentando lo stato in cui versano le vendite in campo 'poetico'.
In autunno il performer romano sara' al Nuovo Teatro del Pigneto ed interpretera' il 'Vangelo secondo Pier Paolo', testo che affronta le riflessioni di Pier Paolo Pasolini riguardanti la tematica religiosa. Palladini si esibira', inoltre, sempre in autunno, presso L'Istituto Latino Americano, in un recital sulle poesie di Rafael Alberti, nel corso di un convegno organizzato dall'Istituto per ricordare il poeta spagnolo.
'Oggi, poi, con l'avvento della rete -spiega ancora il poeta- tutto e' piu' accessibile a tutti, c'e' una grande attivita' e si sono sviluppate molte forme di biodiversita' culturale, sicuramente molto piu' 'vicine' alla realta' di quanto non siano i parametri di mercato e di visibilita' dei mass media'.
Palladini sostiene che sarebbe un altro il problema da sollevare, un problema riguardante le correlazioni fra poesia, cultura e societa': 'Come mai - si chiede - dopo la morte di Pasolini non c'e' piu' un poeta che sia stato un esempio di coscienza civile in questo paese? E non solo lui. Fino agli anni 70 esisteva una societa' culturale i cui esponenti venivano ascoltati'.
'E non e' che oggi questo tipo di intellettuale sia scomparso -incalza Palladini- penso ad Andrea Zanzotto che in molti componimenti solleva l'incresciosa questione del deturpamento del paesaggio, della tutela dell'ambiente e dell'ecologia. In questo do ragione a Sanguineti: la voce del poeta esiste ancora ma non e' che un rumore di fondo'.
Palladini e' stato uno dei pionieri, in Italia, delle letture pubbliche e la contaminazione fra poesia e musica. Nel 2004 e' stato pubblicato 'Trans Kerouak Road', progetto composto da testi, remix verbali e arrangiamenti musicali che spaziano dal funky alla techno e voce recitante.
'Quello della scoperta del reading da parte del pubblico – dichiara - e' un fenomeno antropologico-culturale interessante, trattato in maniera particolareggiata anche da Gabriele Frasca.
'L'homo legens' e' in via di estinzione. La societa' e' ormai basata sul suono e sulla visione e in questo contesto, dove l'immagine e il suono sono egemoni, il poeta per ottenere un minimo di ascolto si deve fare anche attore. Se in Italia ci fossero gli investimenti adeguati, con i reading si potrebbero fare delle cose di grande risonanza, cosi' come avviene da anni nei paesi anglosassoni'.
'In realta' ancor prima della Beat Generation, infatti – sottolinea - le serate di poesia letta ad alta voce erano addirittura a pagamento. Dagli anni 60 e 70 sono cambiati solo gli strumenti ma la 'sostanza' del reading e' rimasta invariata. E se agli inizi i versi subivano l'influsso e la contaminazione della musica jazz, in seguito e' stato il rock a subentrare. Sono interessanti, oltre ai reading, gli Slam Poetry, vere e proprie gare di poesia, piu' 'popolari' ma ben organizzate. Riguardo a questo e' ancora necessario nominare l'Inghilterra e gli Stati Uniti, in cui ci sono poeti specializzati in queste sfide, che fanno vere e proprie tournée ... e che hanno addirittura l'agente personale!'.
In Italia, oltre a Palladini, i poeti che si cimentano piu' volentieri nella pratica del reading sono Lello Voce, Rosaria Lo Russo e Gabriele Frasca. 'L'unico problema che impedisce al reading di 'sfondare' davvero - conclude l'autore - e' causato da un certo tipo di mentalita', una sorta di abitudine diffusa nel paese di pensare per camere stagne, di non ammettere contaminazioni o zone grige. Se si aprissero degli spiragli in questo senso, la poesia riuscirebbe davvero e definitivamente a 'saltar fuori dalla pagina'. E a sopravvivere piu' che dignitosamente.'
'Sono convinto che con la nascita dei nuovi media gli altri non moriranno. Credo, dunque, che anche la poesia continuera' a vivere', aggiunge un altro poeta, performer e scrittore italiano, Lello Voce.
Napoletano, classe 1957, primo ad aver introdotto la pratica del reading in Italia, e' stato uno degli esponenti di punta del Gruppo 93 e ha portato nel Belpaese il Poetry Slam. Vive e lavora a Treviso ed ha anche organizzato e condotto un Poetry Slam internazionale. E', inoltre, fondatore di Absolute Poetry, un festival che si svolge ogni anno a Monfalcone.
'Tuttavia, se la poesia nella sua veste cartacea continuera' a vivere - prosegue Voce - verra' sempre apprezzata da pochi appassionati o dagli 'addetti ai lavori', dagli esperti. Credo che non diventera' mai un genere letterario 'popolare'. Quello di cui sono sicuro – puntualizza - e' che il suo futuro consistera' proprio nella riscoperta delle sue radici orali e profondamente fondate sul 'melos', la melodia e il ritmo. Per queste ragioni non mi stupisce che non ci sia gara, in termini di vendite, fra poesia e romanzo. L'opera in versi non puo' essere letta come si legge uno scritto in prosa: anche quando e' scritta, la poesia, per essere davvero compresa, deve essere recitata a mente. Ecco perche' credo davvero - afferma Voce - che il reading potrebbe riabilitare il genere e renderlo noto anche al grande pubblico'.
'Queste esibizioni tuttavia -precisa Voce- non fanno di noi performer dei cantautori. Mi dispiace deludere Roberto Vecchioni – ride - ma i veri 'trovatori' del 2010 siamo noi. I media che utilizziamo sono completamente diversi, nonostante anche la canzone d'autore sia una vera e propria forma d'arte in certi casi'.
'Penso – aggiunge - a Fabrizio De Andre' o Ivano Fossati... i performer - spiega il poeta - si esibiscono declamando e interpretando componimenti loro e curano anche gli arrangiamenti delle musiche composte appositamente per i loro versi'.
Il 26 settembre Voce sara' a Catania per festeggiare i 20 anni della rivista culturale Lapis. 'Ci saranno anche artisti come Roy Paci e Carmen Consoli. Poi dirigero' Absolute Poetry a Monfalcone, dal 29 settembre al 2 ottobre. Infine portero' il reading anche in Peru''. Le informazioni sul festival di poesia che si terra' a Monfalcone si possono trovare su www.absolutepoetry.org.
Voce e' d'accordo con Palladini sull'accoglienza del reading in Italia: 'Portarlo nel nostro paese - sostiene - e' stato ed e' tuttora difficilissimo perche' purtroppo la penisola e' ancora molto arretrata soprattutto se pensiamo che all'estero esistono figure chiamate i 'Pjay', e cioe' deejay che, invece di mandare drumm'n bass o techno o house mixano poesie! '
'Inoltre – incalza - da noi molti sono gli autori che si improvvisano performer. I risultati spesso sono letture di qualita' infima. Da qualche anno, all'interno di molti Poetry Slam, la situazione si e' aggravata... anche a causa delle musiche che spesso sono un puro e semplice sottofondo del componimento e per di piu' incongruo'.
'Se penso ad un confronto con la Germania o altri paesi in Italia le differenze sono ancora notevoli. Bisogna prepararsi davvero per affrontare un palcoscenico. A questo proposito – conclude - vorrei citare Mark Kelly Smith, inventore nel 1987 a Chicago, del Poetry Slam, il quale diceva che il poeta, oltre ad essere capace di fare bene il proprio 'mestiere' sulla carta, doveva saper 'interpretare se stesso' sul palco. Non e' facile. Ma questo e' quello che anch'io penso'.
“QUANDO LA NOTTE SOGNAVAMO BRIGITTE BARDOT (LA ZISA)” di Davide Romano
Molti autori hanno raccontato la loro gioventù in un romanzo, grandi o piccoli percorsi di formazione che portano alla maturità o alla consapevolezza. La gioventù bruciata è quella che va per la maggiore con le sue storie al limite che catturano l’immaginazione del lettore. Nel caso del primo romanzo di Manlio Elio Massara, “La notte sognavamo Brigitte Bardot”, ci troviamo all’opposto. L’autore racconta la sua gioventù attraverso la rilettura di vecchie lettere, scoprendone la normalità e le occasioni perdute. Una gioventù fatta di piccole cose, di Palermo, degli anni ’60 e di tutte quelle fughe che un uomo comune affronta per considerarsi libero. Al ritmo dei suoi respiri il protagonista Elio scopre di non poter cambiare il mondo, ma le donne cambiano lui, allo stesso ritmo dei viaggi imposti dalla leva o dal bisogno di evasione. Anche ritrovare tutte quelle lettere non spedite, ridicole, in cui ci si credeva forti nel provare qualche sentimento già utilizzato milioni di volte. Un libro che è una somma scrupolosa di tutto ciò che si è trascurato, un bisogno di riordinare le idee in testa, come le lettere in uno scatolone dimenticato. Alla fine il caso guida la sorte, un lavoro che non si era cercato, una donna che non si aveva conosciuto, gli amici che vanno e vengono, i punti cardinali di una vita qualunque che le danno sostanza. Brigitte Bardot, ricordata anche nel titolo, diventa il simbolo dei sogni fatti solo per essere sognati, prima di accorgersi di essere già nel mezzo della propria vita. L’autore, attraverso la sua esperienza, elogia la normalità e l’uomo, due elementi che nella maggior parte dei casi si incontrano. Un’occasione per il lettore di ritrovare il passato e riviverlo, con il gusto della sicilianità e con l’ironia di chi guarda un vecchio album di fotografie. Un libro consigliato a chi ricorda, a chi non riesce a ricordare e a chi sta costruendo i suoi ricordi. E poi è sempre piacevole pensare a Brigitte Bardot nel film “La ragazza del peccato”.
Manlio Elio Massara, “La notte sognavamo Brigitte Bardot”, Edizioni La Zisa, pp. 176, 9,90 euro
“Catastrofi inventate” di Giulio Giallombardo
(La Repubblica, 15 agosto 2010)
Leggendo “La verità sul 2012” gli amanti delle catastrofi rimarranno delusi. Nel breve e puntiglioso libro dell’astronomo Walter Ferreri, edito da La Zisa, vengono, infatti, demolite una per una le tesi ormai note secondo cui, fra un paio di anni circa, per l’esattezza il 21 dicembre 2012, la terra sarà sconvolta da un non ben precisato evento epocale. Alla base delle inquietanti teorie millenariste, secondo l’autore, ci sarebbe «una lettura acritica del calendario Maya», al quale si è attribuito un significato scaturito da fraintendimenti e non condiviso dagli studiosi di questo popolo.
Dopo una carrellata storica in cui vengono raccolte tutte le date di un’ipotetica fine del mondo, per fortuna mai arrivata, Ferreri, col piglio analitico dello scienziato, inizia a “smontare” le teorie catastrofiste finora note, dimostrando che gli unici eventi astronomici previsti nel 2012, in tutto una decina, non porteranno all’umanità alcun cambiamento decisivo. Insomma, non ci aspettano impatti con fantomatici pianeti o asteroidi, né saremo travolti da terribili tempeste solari, né dovremo temere per un’eventuale inversione del campo magnetico terrestre. Né, infine, ci si potrà basare sulle quartine di Nostradamus, così oscure da prestarsi a infinite interpretazioni. Perché allora tanto allarmismo? L’autore non ha dubbi: si tratta di un grande business. Le ipotesi catastrofiste rendono meglio della più rassicurante realtà dei fatti, con buona pace dei Maya.
Walter Ferreri, “La verità sul 2012”, Edizioni La Zisa, Pagine 112, euro 8,90
venerdì 20 agosto 2010
Arriva in libreria: Dora Angela Ruvolo, “Ciao, Turin!”, romanzo, Edizioni La Zisa, pp. 160, Euro 9,90
Una storia intensa, in bilico tra una Palermo hippy, lontana ma presente, mai lasciata per sempre e un’elegante e sobria, a volte distante e senza dubbio aristocratica, Torino. Una preziosa saga familiare – nel senso, ormai il più diffuso, di famiglia allargata – in cui i legami si intensificano e si rarefanno, assumendo una consistenza che varia a seconda dei punti di vista.
“Ciao, Turin!”, romanzo d’esordio di Dora Angela Ruvolo, è la storia di una vita. Meglio: della vita di Ruiz, Adele, Laura, Stella, Alfredo. Esistenze affascinanti che si accostano, ma che, come fiumi paralleli, scorrono insieme senza mai toccarsi, se non in apparenza. Una storia d’amore e di vita, a cinque voci.
Dora Angela Ruvolo è nata e vive a Palermo. “Sono nata il 29 febbraio di un anno bisestile, motivo per cui pur essendo nonna di quattro nipoti non ho ancora raggiunto la maggiore età – scrive di se stessa –. So comunque di essere nata nell’anno del Drago di ferro e sotto il segno dei Pesci e nell’ora della Pecora. Ancora non mi capacito d’essere mortale: è l’unico vero problema che non saprò mai risolvere. Se avessi potuto scegliere, credo che avrei evitato di nascere donna e qui: non che mi sia andata proprio male, ma troppe cose della mia reale condizione non mi appartengono.”
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
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lunedì 9 agosto 2010
SALVATORE GIULIANO: IL GIALLO RACCONTATO IN TRE LIBRI (UNO DEI QUALI PUBBLICATO DALLA ZISA)
DIVERSE LE SOLUZIONI: NELLA TOMBA UN SOSIA O SOLO SPECULAZIONI (ANSA) - ROMA, 8 AGO - Giuliano: tre libri di siciliani dedicati al 'segreto' morte Due libri pubblicati da concittadini di Giuliano in tempi recenti e uno, il piu' sconcertante e al contempo interessante, pubblicato da uno scrittore di Castelvetrano. Sono i libri, ben poco conosciuti al grande pubblico (due pubblicati in proprio) che toccano il tema del 'segreto' della morte di Salvatore Giuliano. A Castelvetrano ha pubblicato il suo libro a proprie spese Luigi Simanella che sostiene attraverso una stringente analisi che Giuliano, come sostenuto da tanti negli anni , sarebbe fuggito a New York.
'L'uomo che giace nella tomba di Giuliano e' un sosia', dice.
'Da una disamina dei fatti, delle molte testimonianza raccolte, dai verbali delle forze dell'ordine e dai due colloqui che ho avuto con l'avvocato De Maria, nel cui cortile mori' ufficialmente Giuliano oltre che con il nipote, Giuseppe Sciortino Giuliano, emergono verita' contrastanti. Ho incontrato a New York Giacomo Caiola che mi ha raccontato che Giuliano e' stato ucciso a Monreale la notte tra il 3 e il 4 luglio, per mano di Nunzio Badalamenti che guidava un commando composto Mommo Vittorini, Nitto Minasola e Gaspare Pisciotta. Il cadavere fu poi portato a Castelvetrano. Anche questa versione pero' non trova riscontro con le informazione che ho avuto. Giuliano quella notte rimase vivo e con l'aiuto dei servizi Usa ando' negli Usa grazie a Mike Stern, l'uomo chiave della strage di Portella della ginestra del 1947.
Giuseppe Mazzola, figlio di un componente della banda, ha pubblicato due libri: uno dedicato alla ' Verita' sulla morte di Salvatore Giuliano', l'altro alla mafia e al banditismo.
'Qui da noi era come il Libano. Molti stenteranno a credere cosa e' stato fatto a questo Paese. Mio padre era della banda e ho scritto solo dopo la sua morte'. Mazzola e' molto scettico sulla vicenda del sosia.
' Da sempre - dice - si e' speculato sulla vera o presunta morte perche' a qualcuno e' convenuto mantenere un alone di mistero per mitizzare il personaggio. Purtroppo fanno sempre notizia il 'falso' o le ricostruzioni fantasiose, mentre spesso viene occultata la verita', perche' questa fa sicuramente male a chi detiene il potere. Non capisco, dopo 60 anni, a chi possa giovare rimettere in discussione una delle poche certezze che abbiamo. L'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Montelepre, che ben conosceva Giuliano, ne ha riconosciuto ufficialmente la salma al Cimitero di Castelvetrano dopo avere riscontrato una leggera cicatrice al labbro superiore, a lui ben nota, causata, dopo un'accesa discussione al tavolo di biliardo, da un colpo di stecca. Il quasi contemporaneo svenimento della madre alla vista del cadavere nudo del figlio, ne confermo' l'autenticita'.
D'altronde, Giuliano sapeva fin troppo per restare vivo e non potevano rischiare di destabilizzare il Governo. A che pro il doppio cadavere? Per non fare scoprire che era stato drogato?
Pietro Pisciotta, per giustificare l'azione del fratello Gaspare, disse testualmente a mio padre, capo mafia di Montelepre in quegli anni e alla mia presenza, che 'suo fratello, con quello che aveva fatto, aveva salvato la Sicilia'. Salvatore Badalamenti e' anche lui di Montelepre e ha pubblicato con La Zisa un bel libro: “Montelepre, il dopoguerra e i misteri di Giuliano”. Anche lui storce il naso sulla vicenda del sosia e del cadavere doppio. ' Il corpo senza vita che i giornalisti hanno fotografato nel cortile Mannone ( e poi all'obitorio di Castelvetrano) sotto casa dell'avvocato De Maria e' proprio quello del 'sire di Montelepre'', dice Badalamenti. 'Sarebbe stato insensato, e contro qualsiasi logica, lasciare in giro (magari con false generalita') questa pericolosissima bomba ad orologeria. Alcune teste coronate, alcuni inquilini dei piani alti del Palazzo, sarebbero dovuti vivere con questa, perenne, spada di Damocle sulla testa. Impensabile: non sta ne' in cielo, ne' in terra'. I morti hanno il diritto di riposare in pace. Persino il bandito Giuliano. Se si vuole riaprire il 'caso Giuliano' (cosa quanto mai opportuna) non e' dalla sua morte che bisogna ripartire'.
(ANSA).
CP 08-AGO-10 14:16 NNNN
giovedì 5 agosto 2010
Buch - Neuerscheinung: EURAC-Forscher enthüllt Techniken des berühmten sizilianischen Einbalsamierers
Alfredo Salafia – Meister des ewigen Schlafs
Buch - Neuerscheinung: EURAC-Forscher enthüllt Techniken des berühmten sizilianischen Einbalsamierers
Wie gerade erst Eingeschlummerte muten die Leichname an, die er einbalsamiert hat. Sie sind makellos erhalten über viele Jahrzehnte - dank der geschickten Hand des Meisters und seiner eigens entwickelten Konservierungstechniken. Der „Meister“ ist Alfredo Salafia, der sizilianische Einbalsamierer, der um den Anfang des 20. Jahrhunderts mehrere weltbekannte Beweise seiner Kunst hinterließ, darunter die Mumie des italienischen Revolutionärs Francesco Crispi und jene des zweijährigen Mädchens Rosalia Lombardo, welche vielen als die schönste Mumie der Welt gilt.
Das Geheimnis dieser verblüffenden Kunstfertigkeit drohte für immer im Verborgenen zu bleiben, hätte nicht Dario Piombino-Mascali vom EURAC-Institut für Mumien und den Iceman die Aufzeichnungen des Meisters zusammengetragen, aufgearbeitet und veröffentlicht. Das Buch „Il maestro del sonno eterno“ („Der Meister des ewigen Schlafs“) wurde vom Verlag LaZisa herausgegeben und ist soeben in italienischer Sprache erschienen.
Rosalia Lombardo ist 1920 an einer Lungenentzündung gestorben. Der Leichnam des zweijährigen Mädchens ist lange Zeit in der Kapuzinergruft in Palermo aufbewahrt worden. Weltweit bekannt wurde die Mumie vor allem, weil ihr lebensechter Anblick das Gefühl weckt, die kleine Rosalia beim friedlichen Schlafen zu betrachten.
Das Geheimnis dieser Täuschung liegt in einem raffinierten Kunstgriff des Meisters. „Salafia hat in einigen Fällen zusätzlich Paraffin in Ether aufgelöst und diese Lösung unter die Haut injiziert. Dies hat bewirkt, dass sich eingefallene Gesichtszüge strafften“, erklärt Dario Piombino-Mascali in seinem Buch. Der Forscher hat die Aufzeichnungen Salafias gesammelt, die von den Nachkommen dessen zweiter Frau aufbewahrt worden waren, und sie mithilfe der minutiösen Rekonstruktion des Stammbaums zusammengetragen. Es lässt sich vermuten, dass Salafia selbst seine Entdeckungen veröffentlichen wollte. Doch sein überraschender Tod verhinderte sein Vorhaben.
Die Forschungsergebnisse von Dario Piombino-Mascali enthüllen nicht nur die Techniken, die der Meister zugunsten des ästhetischen Erscheinungsbilds der Leichen anwandte, sondern auch jene Methoden, mit welchen er die internen Organe auf bemerkenswerte Weise konservieren konnte. Auf Röntgenbildern ist beispielsweise deutlich zu sehen, dass Gehirn, Leber und einer der beiden Lungenflügel der kleinen Rosalia Lombardo trotz der Austrocknung vollständig erhalten sind.
„Die Kenntnis über die Formel der Zusammensetzung, die Salafia für die Einbalsamierung der Leichen angewandt hat, erlaubt uns, dem Zerfall seiner einzigartigen Werke entgegenzuwirken“, schließt EURAC-Forscher Dario Piombino-Mascali.
Buch - Neuerscheinung: EURAC-Forscher enthüllt Techniken des berühmten sizilianischen Einbalsamierers
Wie gerade erst Eingeschlummerte muten die Leichname an, die er einbalsamiert hat. Sie sind makellos erhalten über viele Jahrzehnte - dank der geschickten Hand des Meisters und seiner eigens entwickelten Konservierungstechniken. Der „Meister“ ist Alfredo Salafia, der sizilianische Einbalsamierer, der um den Anfang des 20. Jahrhunderts mehrere weltbekannte Beweise seiner Kunst hinterließ, darunter die Mumie des italienischen Revolutionärs Francesco Crispi und jene des zweijährigen Mädchens Rosalia Lombardo, welche vielen als die schönste Mumie der Welt gilt.
Das Geheimnis dieser verblüffenden Kunstfertigkeit drohte für immer im Verborgenen zu bleiben, hätte nicht Dario Piombino-Mascali vom EURAC-Institut für Mumien und den Iceman die Aufzeichnungen des Meisters zusammengetragen, aufgearbeitet und veröffentlicht. Das Buch „Il maestro del sonno eterno“ („Der Meister des ewigen Schlafs“) wurde vom Verlag LaZisa herausgegeben und ist soeben in italienischer Sprache erschienen.
Rosalia Lombardo ist 1920 an einer Lungenentzündung gestorben. Der Leichnam des zweijährigen Mädchens ist lange Zeit in der Kapuzinergruft in Palermo aufbewahrt worden. Weltweit bekannt wurde die Mumie vor allem, weil ihr lebensechter Anblick das Gefühl weckt, die kleine Rosalia beim friedlichen Schlafen zu betrachten.
Das Geheimnis dieser Täuschung liegt in einem raffinierten Kunstgriff des Meisters. „Salafia hat in einigen Fällen zusätzlich Paraffin in Ether aufgelöst und diese Lösung unter die Haut injiziert. Dies hat bewirkt, dass sich eingefallene Gesichtszüge strafften“, erklärt Dario Piombino-Mascali in seinem Buch. Der Forscher hat die Aufzeichnungen Salafias gesammelt, die von den Nachkommen dessen zweiter Frau aufbewahrt worden waren, und sie mithilfe der minutiösen Rekonstruktion des Stammbaums zusammengetragen. Es lässt sich vermuten, dass Salafia selbst seine Entdeckungen veröffentlichen wollte. Doch sein überraschender Tod verhinderte sein Vorhaben.
Die Forschungsergebnisse von Dario Piombino-Mascali enthüllen nicht nur die Techniken, die der Meister zugunsten des ästhetischen Erscheinungsbilds der Leichen anwandte, sondern auch jene Methoden, mit welchen er die internen Organe auf bemerkenswerte Weise konservieren konnte. Auf Röntgenbildern ist beispielsweise deutlich zu sehen, dass Gehirn, Leber und einer der beiden Lungenflügel der kleinen Rosalia Lombardo trotz der Austrocknung vollständig erhalten sind.
„Die Kenntnis über die Formel der Zusammensetzung, die Salafia für die Einbalsamierung der Leichen angewandt hat, erlaubt uns, dem Zerfall seiner einzigartigen Werke entgegenzuwirken“, schließt EURAC-Forscher Dario Piombino-Mascali.
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Apc-Editoria Usa/ Barnes & Noble si mette in vendita. Con 720 librerie è la catena di librerie maggiore del Paese
New York, 5 ago. (Apcom) - Barnes & Noble è in vendita e l'annuncio ha gettato scompiglio tra analisti ed editori, che interpretano la notizia come un ulteriore segnale della crisi dell'editoria americana: con 720 punti vendita, la catena di librerie è infatti la più grande negli Stati Uniti e una delle maggiori al mondo, oltre che un simbolo di molte città americane, prima fra tutte New York.
Secondo il consiglio di amministrazione gli investimenti degli azionisti sono "molto sottovalutati" ed è necessario "esplorare tutte le alternative possibili". Si vocifera che uno dei possibili acquirenti potrebbe essere il fondatore della catena e l'attuale azionista di maggioranza, Leonard Riggio.
Barnes & Noble è stata scossa dai grandi cambiamenti che hanno interessato l'editoria e il settore delle vendite al dettaglio, i due campi in cui l'azienda è maggiormente impegnata. Anche per l'acquisto di libri gli americani scelgono sempre più spesso i superstore come Costco, Wal-Mart e Target, allontanandosi dalle librerie tradizionali e dai negozi nei centri commerciali come B.
Dalton (acquistata da Barnes & Noble negli anni Ottanta).
Al di là di problemi noti, come il calo costante dei dati sulla lettura fatti registrare negli ultimi 20 anni, le librerie devono fare i conti anche questioni nuove, come la competizione di Apple e Amazon.com nel digitale. Per fronteggiare i due colossi, Barnes & Noble ha infatti lanciato il suo personale e-book, Nook, come alternativa al Kindle di Amazon e all'iPad di Apple.
La catena di librerie ha comunque tentato di adattarsi ai mutamenti del settore. L'anno scorso ha acquistato Fictionwise, un rivenditore online di e-book. A marzo l'azienda ha promosso ad amministratore delegato William Lynch, fino ad allora capo della divisione internet, dando un chiaro segnale della volontà di concentrarsi maggiormente sull'aspetto digitale.
Il consiglio d'amministrazione dell'azienda, dopo aver scelto Lazard per la consulenza finanziaria e Morris, Nichols, Arsht & Tunnell per quella legale, si dichiara sicuro della forza del marchio e dei vantaggi competitivi ad esso legati. "C'è fiducia nella strategia aziendale e sostegno per la squadra dirigenziale che ha dimostrato di poter garantire tassi di crescita importanti nel settore di maggiore sviluppo, ovvero il digitale".
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mercoledì 4 agosto 2010
I Concorso nazionale di narrativa “Racconti d’Italia. L’Italia si racconta”.
Art. 1 In occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, Le Edizioni La Zisa bandiscono il I Concorso nazionale di narrativa “Racconti d’Italia. L’Italia si racconta” finalizzato alla selezione di racconti da pubblicare gratuitamente in un volume curato dalla stessa casa editrice.
Art. 2 Per partecipare alla selezione basterà acquistare due volumi a scelta dal catalogo delle Edizioni La Zisa (www.lazisa.it), come parziale contributo alle spese organizzative.
Art. 3 Il racconto dovrà essere inviato, entro e non oltre il 30 dicembre 2010, direttamente al nostro indirizzo di posta elettronica: edizionilazisa@gmail.com
o per al seguente indirizzo:
Edizioni La Zisa
Via F.Guardione 5/E
90139 Palermo
allegando la prova d’acquisto dei due volumi (scontrino fiscale o fattura in cui risultino i titoli dei volumi acquistati) o, in alternativa, sarà possibile fare l’ordine direttamente dal nostro sito www.lazisa.it specificando nell’e-mail di conferma ACQUISTO LIBRI PER CONCORSO “Racconti d’Italia. L’Italia si racconta”.
Art. 4 L'opera inviata (non più di una per autore) dovrà essere inedita (o comunque l'autore dovrà ancora detenerne i diritti; a tal fine l'autore dovrà dichiarare l'opera frutto della sua inventiva e di sua libera disponibilità) e dovrà essere tassativamente compresa fra un minimo di 10 cartelle (o 18.000 caratteri spazi inclusi) e un massimo di 25 cartelle (o 45.000 caratteri spazi inclusi).
Art. 5 Il partecipante dovrà allegare un breve curriculum vitae con dati anagrafici, indirizzo tradizionale, e-mail e recapito telefonico.
Art. 6 I primi 3 classificati della verranno pubblicati congiuntamente in un libro a cura e a spese dell'editore, che si riserverà gli interventi editoriali che riterrà opportuni. Gli autori pubblicati riceveranno 3 copie omaggio godendo dello sconto del 40% (+ spese di spedizione) sulle altre copie che volessero eventualmente acquistare.
Art. 7 Ogni autore selezionato per la pubblicazione riceverà un contratto editoriale.
Art. 8 Il giudizio verrà operato insindacabilmente dall'editore e da una giuria di esperti lettori di sua fiducia. I risultati verranno comunicati ai partecipanti via posta elettronica e nel web entro la fine del mese di febbraio 2011, mentre la pubblicazione del volume è prevista entro la fine del primo quadrimestre trimestre del 2011.
Art. 9 L’opera pubblicata verrà promossa e distribuita attraverso i consueti canali delle Edizioni La Zisa. Copie del volume verranno inviate in omaggio al Presidente della Repubblica ed ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
Art. 10 Qualora si ritenesse non soddisfacente la quantità e/o la qualità delle opere pervenute, la pubblicazione premio potrà non aver luogo o essere rimandata alla selezione successiva.
Art. 11 La partecipazione al concorso “Racconti d’Italia. L’Italia si racconta” implica l'accettazione di tutte le norme indicate nel presente bando
Art. 12 Ai sensi della legge 96/675 i partecipanti al concorso consentono alle Edizioni La Zisa il trattamento dei dati personali e delle loro opere secondo quanto previsto dal presente bando.
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Addio Elvira Sellerio, regina dei libri tra Sciascia e Camilleri
Roma, 03 AGO (Il Velino) - Rigore nelle scelte culturali, cura artigianale del prodotto, ciclo produttivo interamente locale. Sono questi i tre fattori che hanno portato al successo la casa editrice Sellerio, la cui fondatrice, Elvira Giorgianni Sellerio, e' morta oggi a Palermo all'eta' di 67 anni. La Sellerio, laureata in giurisprudenza e funzionaria pubblica fino alla fine degli anni '60, segui' il marito Enzo, di professione fotografo, nell'impresa editoriale, suggerita alla coppia da una "chiacchierata" con lo scrittore Leonardo Sciascia e dell'antropologo Antonino Buttitta, come racconto' anni dopo il figlio Antonio in un'intervista. Per avviare l'impresa, la Sellerio si licenzio' dal suo lavoro e investi' la sua liquidazione nell'acquisto dei macchinari. Era il 1969.
L'azienda, in meno di dieci anni, dopo un inizio caratterizzato da un'attenzione volta soprattutto alla letteratura e all'arte siciliana e a volumi per bibliofili a tirature ridotte, si impone come un'impresa culturale di calibro nazionale. Fu proprio Sciascia a portare alla ribalta la casa editrice, con la pubblicazione del suo "Affaire Moro" (1978), scritto all'indomani dell'uccisione dello statista democristiano. Dell'anno seguente e' invece la nascita de "La memoria", una collana di volumi tascabili, originali per taglio grafico e contenuti, che raggiunge subito grande notorieta'.
Nel 1983, la separazione col marito Enzo e la "scissione": da una parte la Sellerio di narrativa e saggistica, gestita dalla Giorgianni, dall'altra i libri d'arte e fotografia, curati da Enzo Sellerio.
Nonostante la divisione, la piccola casa di via Siracusa riesce a ritagliarsi una sua fetta di mercato editoriale nazionale, anche se le dimensioni restano quelle di un piccolo editore, conservando la propria indipendenza e sfuggendo alle grandi concentrazioni. Fra gli storici collaboratori, Gesualdo Bufalino, lanciato nel 1981 e vincitore del Premio Campiello con "Diceria dell'untore", mentre tra gli autori che sono passati per l'editrice di via Siracusa vanno ricordati Luciano Canfora, Gianrico Carofiglio, Carlo Lucarelli e Manuel Vázquez Montalbán. A Elvira Sellerio, nominata nel 1989 Cavaliere del Lavoro, va anche il merito di aver "riscoperto" Andrea Camilleri, che a partire dal 1992 ha avuto un rapporto privilegiato con la casa editrice palermitana. La saga del commissario Montalbano ha intrecciato le sue fortune con quelle della Sellerio, che negli ultimi 20 anni ha vissuto una nuova "giovinezza", arrivando a un catalogo che oggi conta oltre tremila titoli.
lunedì 2 agosto 2010
Petralia Sottana (Pa) 8 agosto, Presentazione del libro di Sergio Cristoforo Infuso "Un miscelino per Rosa" Edizioni La Zisa
Nell’ambito dell’VIII FESTA di Liberazione del Circolo P.R.C. “Alte Madonie”, l’8 agosto, alle ore ore 17,30, a piazza Finocchiaro Aprile, a Petralia Sottana (Pa), verrà presentato il libro di Sergio Cristoforo Infuso “Un miscelino per Rosa”, pubblicato dalle Edizioni La Zisa.
Il libro: Sergio Cristoforo Infuso, “Un miscelino per Rosa. Storia d’amore e di passioni”, Presentazione di Rita Borsellino, Edizioni La Zisa (pagg. 176, € 14,90)
“Alcune notti, tuttavia, fra il mese di dicembre e gennaio, il disturbo arrecato dalla malattia era tale da non permetterle più di stare sdraiata, con il risultato di doverci alzare diverse volte nel cuore della notte. […] Andavamo in cucina, sedevamo sul divanetto e cominciava una carezza sulla spalla in prossimità del polmone destro, un «miscelino per Rosa»”. Siamo al drammatico epilogo di una intensa storia d’amore – sembra un romanzo, ma è tutto vero: luoghi, personaggi, avvenimenti – che si intreccia, per un trentennio, con quella più generale del capoluogo siciliano. Una vicenda privata che nel contempo diventa metafora di quanti, in questa città, non hanno voluto rassegnarsi al degrado collettivo e al progressivo disfacimento delle speranze – la cosiddetta ‘Primavera di Palermo’ – maturate nel corso di lunghe ed estenuanti battaglie civili. Ma la memoria di ciò che è stato e di ciò che poteva essere resta comunque dentro coloro che con passione sino alla fine hanno creduto nel valore catartico di quelle lotte. Un patrimonio, questo, che va comunque salvaguardato e trasmesso a chi, con altrettanto slancio, saprà raccoglierne il testimone. Così come il ricordo di Rosa, protagonista principale di questo racconto, discreta ed incisiva donna dei nostri tempi.
Sergio Cristoforo Infuso, impiegato presso l’Assemblea regionale siciliana,è da lungo tempo impegnato in attività politiche, di volontariato e di promozione del territorio.
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
La recensione: “STORIA DI ROSA E DELLE SEZIONI PCI” di Mario Pintagro (la Repubblica, 10 luglio 2010)
"C’è un tempo per ogni cosa. A leggere “Un miscelino per Rosa. Storia d’amore e di passioni” (pubblicato dalle Edizioni La Zisa), opera autobiografica di Sergio Infuso, sembra di percepire una città diversa dall’attuale, una città in cui lotta, speranza, cambiamento erano termini proponibili e declinabili in varie forme. E’ il racconto di una storia d’amore, ma anche di battaglie civili condotte per migliorare un pezzo di città tra i tanti. Infuso racconta di Rosa Priolo, moglie, madre, compagna di mille battaglie politiche. Rosa è un’operaia tessile, ma è soprattutto una donna energica, impegnata nel sociale. E’ un racconto toccante che s’intreccia con trent’anni di storia cittadina. Dagli anni bui della città trasformata in un’enorme fungaia cementizia assediata dalla mafia a quelli della “Primavera di Palermo”, che lasciano intravedere la possibilità di una svolta. Cuore delle battaglie è la storica sezione del Pci, poi Pds, oggi Pd, della Noce. Da quel piccolo circolo nasce l’idea dell’Associazione per la pace, contro la mafia, per i diritti del cittadino che rappresenta ancora oggi un modello di dialogo con le istituzioni, un esempio di democrazia dal basso, mai visto a Palermo. E adesso che Rosa non c’è più rimane questo patrimonio di esperienze e battaglie che non va dimenticato e che anzi va trasmesso alle generazioni future perché comprendano l’enorme valore delle idee. Il libro si apre con una bella presentazione di Rita Borsellino, testimone di alcune battaglie, ben prima della sua discesa in politica".
Il libro: Sergio Cristoforo Infuso, “Un miscelino per Rosa. Storia d’amore e di passioni”, Presentazione di Rita Borsellino, Edizioni La Zisa (pagg. 176, € 14,90)
“Alcune notti, tuttavia, fra il mese di dicembre e gennaio, il disturbo arrecato dalla malattia era tale da non permetterle più di stare sdraiata, con il risultato di doverci alzare diverse volte nel cuore della notte. […] Andavamo in cucina, sedevamo sul divanetto e cominciava una carezza sulla spalla in prossimità del polmone destro, un «miscelino per Rosa»”. Siamo al drammatico epilogo di una intensa storia d’amore – sembra un romanzo, ma è tutto vero: luoghi, personaggi, avvenimenti – che si intreccia, per un trentennio, con quella più generale del capoluogo siciliano. Una vicenda privata che nel contempo diventa metafora di quanti, in questa città, non hanno voluto rassegnarsi al degrado collettivo e al progressivo disfacimento delle speranze – la cosiddetta ‘Primavera di Palermo’ – maturate nel corso di lunghe ed estenuanti battaglie civili. Ma la memoria di ciò che è stato e di ciò che poteva essere resta comunque dentro coloro che con passione sino alla fine hanno creduto nel valore catartico di quelle lotte. Un patrimonio, questo, che va comunque salvaguardato e trasmesso a chi, con altrettanto slancio, saprà raccoglierne il testimone. Così come il ricordo di Rosa, protagonista principale di questo racconto, discreta ed incisiva donna dei nostri tempi.
Sergio Cristoforo Infuso, impiegato presso l’Assemblea regionale siciliana,è da lungo tempo impegnato in attività politiche, di volontariato e di promozione del territorio.
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
La recensione: “STORIA DI ROSA E DELLE SEZIONI PCI” di Mario Pintagro (la Repubblica, 10 luglio 2010)
"C’è un tempo per ogni cosa. A leggere “Un miscelino per Rosa. Storia d’amore e di passioni” (pubblicato dalle Edizioni La Zisa), opera autobiografica di Sergio Infuso, sembra di percepire una città diversa dall’attuale, una città in cui lotta, speranza, cambiamento erano termini proponibili e declinabili in varie forme. E’ il racconto di una storia d’amore, ma anche di battaglie civili condotte per migliorare un pezzo di città tra i tanti. Infuso racconta di Rosa Priolo, moglie, madre, compagna di mille battaglie politiche. Rosa è un’operaia tessile, ma è soprattutto una donna energica, impegnata nel sociale. E’ un racconto toccante che s’intreccia con trent’anni di storia cittadina. Dagli anni bui della città trasformata in un’enorme fungaia cementizia assediata dalla mafia a quelli della “Primavera di Palermo”, che lasciano intravedere la possibilità di una svolta. Cuore delle battaglie è la storica sezione del Pci, poi Pds, oggi Pd, della Noce. Da quel piccolo circolo nasce l’idea dell’Associazione per la pace, contro la mafia, per i diritti del cittadino che rappresenta ancora oggi un modello di dialogo con le istituzioni, un esempio di democrazia dal basso, mai visto a Palermo. E adesso che Rosa non c’è più rimane questo patrimonio di esperienze e battaglie che non va dimenticato e che anzi va trasmesso alle generazioni future perché comprendano l’enorme valore delle idee. Il libro si apre con una bella presentazione di Rita Borsellino, testimone di alcune battaglie, ben prima della sua discesa in politica".
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Rita Bosellino,
Rosa,
Sergio Infuso
CONCORSO NAZIONALE DI POESIA "CYRANO". PUBBLICA GRATIS CON LA ZISA
dal sito http://www.lazisa.it
1. È possibile partecipare con opere poetiche inedite o in parte edite
2. Per partecipare alla selezione basta acquistare due volumi a scelta nel catalogo della Casa Editrice La Zisa, come contributo alle spese organizzative.
3. Bisogna, quindi, inviare le poesie allegando la prova d’acquisto dei due volumi (scontrino fiscale o fattura in cui risultino i titoli dei volumi acquistati) o in alternativa è possibile fare l’ordine direttamente dal nostro sito www.lazisa.it specificando nell’e-mail di conferma ACQUISTO LIBRI PER SELEZIONE “PUBBLICA GRATIS”
4. Le opere poetiche possono essere inviate in forma cartacea, al seguente indirizzo:
La Zisa Comunicazione soc. coop.
Via F.Guardione 5/E
90139 Palermo
o via e-mail al seguente indirizzo:
edizionilazisa@gmail.com
5. In allegato alle poesie è necessario inviare una scheda bio-bibliografica, dati anagrafici e recapito dell’autore.
6. Le opere inviate saranno valutate da esperti lettori della casa editrice La Zisa. A selezione ultimata l’opera vincitrice verrà segnalata sul sito internet www.lazisa.it. Saranno inoltre assegnate delle menzioni alle altre opere finaliste.
7. L’opera vincitrice della selezione verrà pubblicata gratuitamente nella collana di poesia italiana contemporanea “Le Rondini” della Casa Editrice La Zisa.
8. Il vincitore di ogni sessione riceverà 20 copie dell’opera pubblicata.
9. L’opera pubblicata verrà promossa e distribuita attraverso i consueti canali della Casa Editrice La Zisa.
10. Oltre alla pubblicazione in volume dell’opera vincitrice, è prevista la segnalazione e/o eventuale pubblicazione antologica di opere ritenute particolarmente meritevoli.
11. Le opere dovranno essere inviate entro e non oltre il 30 dicembre del 2010. La pubblicazione dell’opera premiata è prevista per il primo trimestre del 2011.
“Nuove disposizioni in materia di interventi in favore dell’informazione e dell’editoria locale”
REGIONE SICILIANA
ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI E DELL’IDENTITA’ SICILIANA
Disegno di legge:
“Nuove disposizioni in materia di interventi in favore dell’informazione e dell’editoria locale”
RELAZIONE
Scopo dell’intervento che si propone è di sostenere l’editoria e l’informazione in Sicilia. Diversamente da altre regioni italiane, nella nostra manca una normativa specifica sull’informazione. Al contempo, occorre confrontarsi con l’innovazione tecnologica, ed in particolare con la crescita delle attività editoriali multimediali. Esistono versioni on line di giornali cartacei, giornali soltanto on line, nuove forme di informazione diverse da quelle tradizionali e assai più interattive, come quelle che si trovano nel citizen journalism, in certi blogs, in certi newsgroups. L’informazione e i prodotti culturali circolano su canali molteplici. Ciò consente l’apertura di possibilità inedite, ma pone anche problemi nuovi e delicati, ad esempio in materia di attendibilità delle fonti, di rispetto dei diritti della persona, di qualità dei prodotti editoriali messi in circolazione.
La funzione dell’editore (genericamente inteso, con riferimento sia all’informazione, sia ai libri, sia al multimediale) è sempre meno inerente alla realizzazione materiale del prodotto, e sempre di più concerne la garanzia della sua qualità. Attraverso il proprio marchio l’editore segnala a coloro che gli danno credito che certi prodotti meritano di essere presi in considerazione.
Occorre allora una legislazione che attribuisca alla Regione un ruolo strategico di sostegno all’innovazione. Secondo i principi comunitari, gli aiuti di Stato sono in linea di massima vietati, per il loro effetto distorsivo della libera concorrenza. Nel caso del Mezzogiorno, poi, tali aiuti, com’è noto, hanno il più delle volte mancato l’obiettivo di creare sviluppo, favorendo piuttosto la riproduzione di circoli viziosi di dipendenza e arretratezza. È quindi necessario che, sia per l’entità sia per le modalità, il sostegno che si andrà a offrire sia compatibile con le norme europee, e al contempo non si presti a cadere nella trappola dell’assistenzialismo e del contributo a pioggia, distribuito essenzialmente per reperire consenso, anche a soggetti inventati lì per lì. I potenziali beneficiari dovranno avere le carte in regola, il che significa quanto meno una rilevante attività svolta nel settore, una struttura organizzativa (ivi inclusi i rapporti lavorativi interni) appropriata, filoni di attività che si concentrino su temi rilevanti per il territorio. Ma dovranno anche dimostrare di guardare al futuro e al mondo globalizzato, il che significa tanto innovazione tecnologica quanto internazionalizzazione.
Uno degli obiettivi che la recente riforma ha attribuito all’Assessorato regionale dei beni culturali è quello della valorizzazione dell’identità siciliana. Ciò non va inteso soltanto nel senso della conservazione, quanto anche e soprattutto nella direzione di rendere visibili e internazionalmente fruibili gli aspetti più salienti di tale identità, il che avviene anche tramite la produzione di informazione e prodotti editoriali in genere, pensati per interloquire direttamente con la comunità dei siciliani nel mondo, che è vasta e diffusa, anche e soprattutto attraverso anche canali agevoli e poco costosi. Eccoci di nuovo a enfatizzare, quindi, i nuovi media e l’internazionalizzazione. L’ammodernamento tecnologico, la presenza sul web, l’innovazione nelle modalità di fruizione saranno quindi i criteri-guida per orientare l’azione di sostegno.
Con specifico riferimento all’informazione (tenendo anche conto del fatto che esistono diverse proposte presentate su iniziativa di deputati dell’Ars, e che in particolare su una di esse si è già registrato un ampio consenso) appaiono da perseguire obiettivi quali i seguenti: garantire la qualità dell’informazione, valorizzare il “giornalismo dei cittadini”, permettere che i lettori vengano a conoscenza di vicende importanti per le loro comunità nel loro linguaggio, esaltare il rapporto dell’informazione con il territorio favorendo nuove forme di giornalismo partecipativo.
I benefici previsti nel presente disegno di legge vanno ad aggiungersi a quelli di cui alla l.r. 9/2009.
L’art. 1 enuncia le finalità della legge. L’art. 2 elenca le attività di cui la regione si fa carico.
L’art. 3 prevede due interventi in grado di affrontare importanti criticità del settore. Il primo si colloca nella prospettiva strategica del consolidamento e della crescita delle imprese. Esso prevede la istituzione di un Fondo di rotazione destinato a finanziare, attraverso lo strumento responsabilizzante di un prestito da restituire in cinque anni ad un interesse pressoché nullo, investimenti tecnologicamente innovativi, che siano strettamente legati ai processi produttivi e ai prodotti caratteristici dell’attività di editoria e informazione. In questo modo si vuole sostenere l’impegno delle imprese nell’adeguamento della loro capacità competitiva in un contesto, come quello del mercato dell’editoria, caratterizzato da processi concorrenziali governati sia dalle politiche di taglio dei costi (e dei prezzi) sia dalle strategie di innovazione dei prodotti.
Il secondo intervento guarda alle difficoltà di finanziamento a breve termine. Esso integra quello precedente, e ne costituisce sotto diversi profili il presupposto. Le politiche di consolidamento e di crescita delle imprese, infatti, si proiettano nel medio medio/lungo termine; ma queste ultime possono adottarle soltanto se non hanno, o se sono in grado di superare, problemi di sostenibilità economico-finanziaria a breve termine.
L’intervento prevede la istituzione di un Fondo Garanzia Fidi che agevoli l’accesso al credito di esercizio. Pur non sottovalutando i problemi del costo del denaro, oggi per le imprese di piccole e medie dimensioni del settore le maggiori criticità provengono dalle difficoltà di accesso al credito. Per ragioni complesse e ben note, gli istituti di credito adottano criteri di valutazione del merito creditizio fin troppo selettivi, fino a determinare situazioni di totale inaccessibilità anche ad imprese che possiedono accettabili “fondamentali” tecnico-produttivi. E’ bene sottolineare come quello delle emergenze di finanziamento “a breve” nella gestione sia il primo fondamentale passaggio che porta le imprese dentro il circuito illegale dell’usura.
Il Fondo fornisce agli istituti di credito la copertura del 40% del rischio di insolvenza per crediti fino ad massimo di 7.500,00 euro concessi alle imprese del settore editoria ed informazione.
Tenendo conto della probabilità di insolvenza che emerge dalla osservazione dei dati sui finanziamenti a breve, si può ipotizzare che con la pur limitata dotazione finanziaria del ddl si potrà dare una risposta non marginale alla domanda delle imprese.
L’art. 4 elenca i destinatari, avendo come fine per un verso l’inclusione degli operatori rilevanti, innovativi e internazionalizzati, ma per altro verso anche l’apposizione di paletti che escludano soggetti improvvisati.
Con l’art. 5 la Regione assume l’impegno di promuovere e favorire la qualificazione e la formazione professionale degli operatori dell’editoria e dell’informazione.
Gli articoli successivi riguardano la presentazione delle domande, il regolamento attuativo, la compatibilità con la normativa comunitaria.
Disegno di legge: “ Nuove disposizioni in materia di interventi in favore dell’informazione e dell’editoria locale”
Art. 1
Finalità
1. La Regione sostiene e valorizza le attività di editoria e di informazione sul proprio territorio, promuovendo il pluralismo dell’informazione locale e l’innovazione nel sistema informativo regionale, senza interferire nella libera concorrenza e senza alterare la libertà di espressione.
2. La Regione favorisce l’abbattimento delle barriere all’accesso ai mezzi di informazione e di divulgazione della cultura da parte dei disabili sensoriali.
3. La Regione favorisce le esperienze giornalistiche in ambito giovanile ed universitario con particolare riferimento alla sperimentazione multimediale.
4. La Regione favorisce lo sviluppo di relazioni di sistema al fine di incentivare la piccola editoria e l’economia della conoscenza.
Art. 2
Attività regionali
1. In attuazione delle finalità di cui all’articolo 1, la Regione pone in essere interventi finalizzati a:
a) sostenere l’attività editoriale e l’informazione periodica, realizzate da soggetti aventi sede in Sicilia, favorendo gli investimenti relativi all’innovazione tecnogica specificamente connessa ai processi produttivi e/o ai prodotti caratteristici del settore dell’editoria e dell’informazione.
b) promuovere la definizione e l’attuazione di progetti per la diffusione, l’analisi e la lettura della stampa d’informazione locale e per la formazione al giornalismo partecipativo e multimediale in ambito giovanile.
Art. 3
Interventi finanziari
1. Per il conseguimento degli obiettivi e delle finalità di cui all’articolo 1, possono essere concessi prestiti senza interessi a carico di un apposito Fondo di rotazione, da restituirsi in cinque anni, per la copertura fino al 50% delle spese di investimento finalizzate all’innovazione tecnologica specificamente connessa ai processi produttivi e/o ai prodotti caratteristici del settore dell’editoria e dell’informazione.
2. La dotazione iniziale del Fondo di cui al comma 1 è determinata, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) 2007-2013, assegnate alla Regione Siciliana, in 4.000 migliaia di euro.
3. L’importo del prestito di cui al comma precedente comma 1 non può essere inferiore a 10 migliaia di euro o superiore a 50 migliaia di euro. Il limite minimo di spesa per singolo bene materiale o immateriale e/o intervento di ammodernamento, per potere accedere al prestito, è fissato in 500 euro.
4. I prestiti non sono cumulabili con altri interventi pubblici concessi per le medesime iniziative. A tale scopo, il richiedente è tenuto a dichiarare, all’atto della presentazione della domanda, di non aver beneficiato e di non aver richiesto di beneficiare di altri interventi pubblici per i medesimi acquisti e/o interventi oggetto della domanda di prestito.
5. I beni acquistati o ammodernati avvalendosi del prestito non possono essere ceduti a terzi fino alla restituzione integrale del prestito medesimo, salvo il caso del fallimento dell’azienda.
6. In caso di mancato rispetto dei tempi e delle condizioni relative alla restituzione del prestito, l’amministrazione si rivale sulle attrezzature acquistate o ammodernate con il sostegno del prestito.
7. I soggetti inadempienti non potranno beneficiare di altri prestiti, né di altre provvidenze gestite dall’amministrazione regionale.
8. In considerazione delle considerevoli difficoltà che le imprese incontrano nell’accesso al credito di esercizio, è istituito nel bilancio della Regione, rubrica Dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana un Fondo Garanzia Fidi per i finanziamenti a breve termine richiesti dalle imprese dell’editoria e dell’informazione al sistema creditizio. Il Fondo copre il rischio di insolvenza in ragione del 40% dell’importo massimo di finanziamento richiesto. L’importo massimo del finanziamento richiesto è comunque fissato in € 7.500,00.
9. L’importo del Fondo di cui al precedente comma è determinato per l’anno 2010 in 100 migliaia di euro cui si fa fronte mediante riduzione di pari importo al capitolo 378119 del bilancio di previsione della Regione per l’anno 2010.
Art. 4.
Destinatari
1. Gli interventi di cui all’articolo 3 sono erogati a favore di aziende editoriali a scopo di lucro, cooperative, associazioni editoriali, organismi iscritti all’anagrafe delle Onlus.
2. Gli editori aventi titolo devono avere sede legale ed attività produttiva in Sicilia, nonché essere muniti dei seguenti requisiti:
a) essere in regola con gli obblighi di legge in materia di trattamento contrattuale del
personale dipendente; nel caso di soggetti che gestiscono testate giornalistiche, a tutto il personale giornalistico dipendente devono risultare applicate le pertinenti norme dei contratti nazionali di lavoro giornalistico sottoscritti dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana;
b) essere in regola con i versamenti dei contributi assistenziali e previdenziali;
c) essere adempienti rispetto agli obblighi eventualmente assunti in applicazione della presente legge;
d) essere legalmente rappresentate da soggetti che non abbiano subito condanne definitive per delitti non colposi commessi in danno della Pubblica amministrazione o per altri reati gravi che incidano sulla moralità professionale degli stessi;
f) essere regolarmente registrate ai sensi della normativa vigente in materia di editoria;
g) essere in regola con gli adempimenti prescritti dalla normativa vigente in materia di
trasparenza pubblicitaria.
3. Le imprese di cui al comma 1 sono tenute a comunicare l’iscrizione, ove prevista, al registro degli operatori di comunicazione (ROC), di cui alla deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 236/01/CONS del 30 maggio 2001.
4. Le imprese di cui al comma 1, qualora siano costituite in forma societaria, sono altresì tenute a presentare l’elenco dei soci con il numero delle azioni o l’entità delle quote da essi possedute ovvero l’elenco dei soci delle società alle quali sono intestate le azioni o le quote della società che esercita l’impresa giornalistica, nonché il numero delle azioni o l’entità delle quote da essi possedute.
5. Quanto alle iniziative di informazione giornalistica, per poter accedere al prestito:
a) il periodico di riferimento deve essere stato pubblicato con regolarità almeno nei due anni precedenti all’entrata in vigore della presente legge;
b) il periodico non deve figurare come supplemento di quotidiani;
c) la testata deve essere stata edita con periodicità regolare di almeno quarantadue uscite per i settimanali, ventuno uscite per i quindicinali, dieci uscite per i mensili, ovvero, per quanto riguarda i periodici online, contenga almeno cinquecento articoli l’anno regolarmente firmati;
d) se si tratta di un periodico cartaceo, deve avere copertura territoriale almeno provinciale e tiratura non inferiore alle mille copie per ogni uscita in vendita o in abbonamento postale;
e) i periodici dovranno contenere sezioni dedicate all’informazione locale ed alla valorizzazione di temi riguardanti la realtà sociale, economica e culturale della Sicilia e delle istituzioni operanti nella Regione;
f) i giornali cartacei devono avere le seguenti caratteristiche editoriali:
- impaginazione in colonne;
- foliazione di almeno dodici pagine;
- pluralità di contenuti informativi;
g) i periodici online devono contenere articoli di informazione, originali e firmati, su pagine web distintamente indicizzate e riscontrabili sui principali motori di ricerca;
h) entrambi i tipi di periodici dovranno prevedere in redazione almeno un giornalista professionista e non meno di due pubblicisti regolarmente iscritti all’albo professionale;
i) entrambi i tipi di periodici dovranno destinare, su base annua, almeno il 40 per cento degli spazi all’informazione regionale e locale (società e vita politica, cronaca, attività culturali, istituzioni), nonché, sempre su base annua, almeno il 20 per cento degli spazi alla pubblicità resa a pagamento secondo quanto previsto dal regolamento attuativo di cui al successivo articolo 8.
l) l’orientamento anche internazionale dei prodotti informativi costituisce titolo preferenziale per l’attribuzione dei prestiti.
6. Al fine di accedere ai benefici di cui alla presente legge, gli editori di libri, riviste e prodotti multimediali devono essere iscritti nel registro delle imprese della Regione siciliana da almeno due anni e in tale arco di tempo devono avere prodotto e distribuito, anche al di fuori del territorio regionale, almeno venti titoli.
Art. 5.
Interventi formativi e promozionali
1. La Regione, nell’ambito della programmazione degli interventi formativi e promozionali, promuove la realizzazione di appositi corsi di qualificazione professionale per la gestione organizzativa e per la qualificazione del personale del settore dell’editoria e dell’informazione. Tali corsi sono mirati ad agevolare l’acquisizione di abilità pratiche nel campo del giornalismo e dei nuovi media attraverso laboratori didattici a ciò finalizzati che prevedano la partecipazione di giornalisti professionisti, docenti universitari ed esperti di editoria.
Art. 6.
Modalità di presentazione delle domande di contributo
1. Le domande per ottenere i contributi regionali sono presentate entro il 31 gennaio di ogni anno.
2. Le domande sono corredate di una relazione che illustri il programma per il quale è richiesto il contributo, la sua corrispondenza alle finalità della legge ed il bilancio dell’organismo richiedente, da presentarsi successivamente all’approvazione.
Art. 7.
Regola comunitaria de minimis
1. Gli interventi regionali previsti dalla legge sono disposti nel rispetto del Regolamento CE 15 dicembre 2006, n. 1998, in materia di aiuti di importanza minore.
Art. 8.
Regolamento attuativo
1. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con Decreto del Presidente della Regione su proposta dell’Assessore regionale per i Beni Culturali e per l’Identità siciliana, previa delibera della Giunta Regionale, sono definite le modalità per l’erogazione dei prestiti, nonché quelle per la realizzazione delle iniziative di formazione e sensibilizzazione. Tra i criteri preferenziali vi saranno l’internazionalizzazione, la collaborazione e l’aggregazione tra diversi soggetti editoriali, la capacità di sperimentazione nell’ambito dei nuovi media e della multimedialità
Art. 9.
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione della legge, le domande per ottenere i contributi di cui all’articolo 7 sono presentate entro sessanta giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del regolamento di cui all’articolo 8 della presente legge.
Art. 10.
Norma finale
1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
2. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI E DELL’IDENTITA’ SICILIANA
Disegno di legge:
“Nuove disposizioni in materia di interventi in favore dell’informazione e dell’editoria locale”
RELAZIONE
Scopo dell’intervento che si propone è di sostenere l’editoria e l’informazione in Sicilia. Diversamente da altre regioni italiane, nella nostra manca una normativa specifica sull’informazione. Al contempo, occorre confrontarsi con l’innovazione tecnologica, ed in particolare con la crescita delle attività editoriali multimediali. Esistono versioni on line di giornali cartacei, giornali soltanto on line, nuove forme di informazione diverse da quelle tradizionali e assai più interattive, come quelle che si trovano nel citizen journalism, in certi blogs, in certi newsgroups. L’informazione e i prodotti culturali circolano su canali molteplici. Ciò consente l’apertura di possibilità inedite, ma pone anche problemi nuovi e delicati, ad esempio in materia di attendibilità delle fonti, di rispetto dei diritti della persona, di qualità dei prodotti editoriali messi in circolazione.
La funzione dell’editore (genericamente inteso, con riferimento sia all’informazione, sia ai libri, sia al multimediale) è sempre meno inerente alla realizzazione materiale del prodotto, e sempre di più concerne la garanzia della sua qualità. Attraverso il proprio marchio l’editore segnala a coloro che gli danno credito che certi prodotti meritano di essere presi in considerazione.
Occorre allora una legislazione che attribuisca alla Regione un ruolo strategico di sostegno all’innovazione. Secondo i principi comunitari, gli aiuti di Stato sono in linea di massima vietati, per il loro effetto distorsivo della libera concorrenza. Nel caso del Mezzogiorno, poi, tali aiuti, com’è noto, hanno il più delle volte mancato l’obiettivo di creare sviluppo, favorendo piuttosto la riproduzione di circoli viziosi di dipendenza e arretratezza. È quindi necessario che, sia per l’entità sia per le modalità, il sostegno che si andrà a offrire sia compatibile con le norme europee, e al contempo non si presti a cadere nella trappola dell’assistenzialismo e del contributo a pioggia, distribuito essenzialmente per reperire consenso, anche a soggetti inventati lì per lì. I potenziali beneficiari dovranno avere le carte in regola, il che significa quanto meno una rilevante attività svolta nel settore, una struttura organizzativa (ivi inclusi i rapporti lavorativi interni) appropriata, filoni di attività che si concentrino su temi rilevanti per il territorio. Ma dovranno anche dimostrare di guardare al futuro e al mondo globalizzato, il che significa tanto innovazione tecnologica quanto internazionalizzazione.
Uno degli obiettivi che la recente riforma ha attribuito all’Assessorato regionale dei beni culturali è quello della valorizzazione dell’identità siciliana. Ciò non va inteso soltanto nel senso della conservazione, quanto anche e soprattutto nella direzione di rendere visibili e internazionalmente fruibili gli aspetti più salienti di tale identità, il che avviene anche tramite la produzione di informazione e prodotti editoriali in genere, pensati per interloquire direttamente con la comunità dei siciliani nel mondo, che è vasta e diffusa, anche e soprattutto attraverso anche canali agevoli e poco costosi. Eccoci di nuovo a enfatizzare, quindi, i nuovi media e l’internazionalizzazione. L’ammodernamento tecnologico, la presenza sul web, l’innovazione nelle modalità di fruizione saranno quindi i criteri-guida per orientare l’azione di sostegno.
Con specifico riferimento all’informazione (tenendo anche conto del fatto che esistono diverse proposte presentate su iniziativa di deputati dell’Ars, e che in particolare su una di esse si è già registrato un ampio consenso) appaiono da perseguire obiettivi quali i seguenti: garantire la qualità dell’informazione, valorizzare il “giornalismo dei cittadini”, permettere che i lettori vengano a conoscenza di vicende importanti per le loro comunità nel loro linguaggio, esaltare il rapporto dell’informazione con il territorio favorendo nuove forme di giornalismo partecipativo.
I benefici previsti nel presente disegno di legge vanno ad aggiungersi a quelli di cui alla l.r. 9/2009.
L’art. 1 enuncia le finalità della legge. L’art. 2 elenca le attività di cui la regione si fa carico.
L’art. 3 prevede due interventi in grado di affrontare importanti criticità del settore. Il primo si colloca nella prospettiva strategica del consolidamento e della crescita delle imprese. Esso prevede la istituzione di un Fondo di rotazione destinato a finanziare, attraverso lo strumento responsabilizzante di un prestito da restituire in cinque anni ad un interesse pressoché nullo, investimenti tecnologicamente innovativi, che siano strettamente legati ai processi produttivi e ai prodotti caratteristici dell’attività di editoria e informazione. In questo modo si vuole sostenere l’impegno delle imprese nell’adeguamento della loro capacità competitiva in un contesto, come quello del mercato dell’editoria, caratterizzato da processi concorrenziali governati sia dalle politiche di taglio dei costi (e dei prezzi) sia dalle strategie di innovazione dei prodotti.
Il secondo intervento guarda alle difficoltà di finanziamento a breve termine. Esso integra quello precedente, e ne costituisce sotto diversi profili il presupposto. Le politiche di consolidamento e di crescita delle imprese, infatti, si proiettano nel medio medio/lungo termine; ma queste ultime possono adottarle soltanto se non hanno, o se sono in grado di superare, problemi di sostenibilità economico-finanziaria a breve termine.
L’intervento prevede la istituzione di un Fondo Garanzia Fidi che agevoli l’accesso al credito di esercizio. Pur non sottovalutando i problemi del costo del denaro, oggi per le imprese di piccole e medie dimensioni del settore le maggiori criticità provengono dalle difficoltà di accesso al credito. Per ragioni complesse e ben note, gli istituti di credito adottano criteri di valutazione del merito creditizio fin troppo selettivi, fino a determinare situazioni di totale inaccessibilità anche ad imprese che possiedono accettabili “fondamentali” tecnico-produttivi. E’ bene sottolineare come quello delle emergenze di finanziamento “a breve” nella gestione sia il primo fondamentale passaggio che porta le imprese dentro il circuito illegale dell’usura.
Il Fondo fornisce agli istituti di credito la copertura del 40% del rischio di insolvenza per crediti fino ad massimo di 7.500,00 euro concessi alle imprese del settore editoria ed informazione.
Tenendo conto della probabilità di insolvenza che emerge dalla osservazione dei dati sui finanziamenti a breve, si può ipotizzare che con la pur limitata dotazione finanziaria del ddl si potrà dare una risposta non marginale alla domanda delle imprese.
L’art. 4 elenca i destinatari, avendo come fine per un verso l’inclusione degli operatori rilevanti, innovativi e internazionalizzati, ma per altro verso anche l’apposizione di paletti che escludano soggetti improvvisati.
Con l’art. 5 la Regione assume l’impegno di promuovere e favorire la qualificazione e la formazione professionale degli operatori dell’editoria e dell’informazione.
Gli articoli successivi riguardano la presentazione delle domande, il regolamento attuativo, la compatibilità con la normativa comunitaria.
Disegno di legge: “ Nuove disposizioni in materia di interventi in favore dell’informazione e dell’editoria locale”
Art. 1
Finalità
1. La Regione sostiene e valorizza le attività di editoria e di informazione sul proprio territorio, promuovendo il pluralismo dell’informazione locale e l’innovazione nel sistema informativo regionale, senza interferire nella libera concorrenza e senza alterare la libertà di espressione.
2. La Regione favorisce l’abbattimento delle barriere all’accesso ai mezzi di informazione e di divulgazione della cultura da parte dei disabili sensoriali.
3. La Regione favorisce le esperienze giornalistiche in ambito giovanile ed universitario con particolare riferimento alla sperimentazione multimediale.
4. La Regione favorisce lo sviluppo di relazioni di sistema al fine di incentivare la piccola editoria e l’economia della conoscenza.
Art. 2
Attività regionali
1. In attuazione delle finalità di cui all’articolo 1, la Regione pone in essere interventi finalizzati a:
a) sostenere l’attività editoriale e l’informazione periodica, realizzate da soggetti aventi sede in Sicilia, favorendo gli investimenti relativi all’innovazione tecnogica specificamente connessa ai processi produttivi e/o ai prodotti caratteristici del settore dell’editoria e dell’informazione.
b) promuovere la definizione e l’attuazione di progetti per la diffusione, l’analisi e la lettura della stampa d’informazione locale e per la formazione al giornalismo partecipativo e multimediale in ambito giovanile.
Art. 3
Interventi finanziari
1. Per il conseguimento degli obiettivi e delle finalità di cui all’articolo 1, possono essere concessi prestiti senza interessi a carico di un apposito Fondo di rotazione, da restituirsi in cinque anni, per la copertura fino al 50% delle spese di investimento finalizzate all’innovazione tecnologica specificamente connessa ai processi produttivi e/o ai prodotti caratteristici del settore dell’editoria e dell’informazione.
2. La dotazione iniziale del Fondo di cui al comma 1 è determinata, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) 2007-2013, assegnate alla Regione Siciliana, in 4.000 migliaia di euro.
3. L’importo del prestito di cui al comma precedente comma 1 non può essere inferiore a 10 migliaia di euro o superiore a 50 migliaia di euro. Il limite minimo di spesa per singolo bene materiale o immateriale e/o intervento di ammodernamento, per potere accedere al prestito, è fissato in 500 euro.
4. I prestiti non sono cumulabili con altri interventi pubblici concessi per le medesime iniziative. A tale scopo, il richiedente è tenuto a dichiarare, all’atto della presentazione della domanda, di non aver beneficiato e di non aver richiesto di beneficiare di altri interventi pubblici per i medesimi acquisti e/o interventi oggetto della domanda di prestito.
5. I beni acquistati o ammodernati avvalendosi del prestito non possono essere ceduti a terzi fino alla restituzione integrale del prestito medesimo, salvo il caso del fallimento dell’azienda.
6. In caso di mancato rispetto dei tempi e delle condizioni relative alla restituzione del prestito, l’amministrazione si rivale sulle attrezzature acquistate o ammodernate con il sostegno del prestito.
7. I soggetti inadempienti non potranno beneficiare di altri prestiti, né di altre provvidenze gestite dall’amministrazione regionale.
8. In considerazione delle considerevoli difficoltà che le imprese incontrano nell’accesso al credito di esercizio, è istituito nel bilancio della Regione, rubrica Dipartimento dei Beni culturali e dell’identità siciliana un Fondo Garanzia Fidi per i finanziamenti a breve termine richiesti dalle imprese dell’editoria e dell’informazione al sistema creditizio. Il Fondo copre il rischio di insolvenza in ragione del 40% dell’importo massimo di finanziamento richiesto. L’importo massimo del finanziamento richiesto è comunque fissato in € 7.500,00.
9. L’importo del Fondo di cui al precedente comma è determinato per l’anno 2010 in 100 migliaia di euro cui si fa fronte mediante riduzione di pari importo al capitolo 378119 del bilancio di previsione della Regione per l’anno 2010.
Art. 4.
Destinatari
1. Gli interventi di cui all’articolo 3 sono erogati a favore di aziende editoriali a scopo di lucro, cooperative, associazioni editoriali, organismi iscritti all’anagrafe delle Onlus.
2. Gli editori aventi titolo devono avere sede legale ed attività produttiva in Sicilia, nonché essere muniti dei seguenti requisiti:
a) essere in regola con gli obblighi di legge in materia di trattamento contrattuale del
personale dipendente; nel caso di soggetti che gestiscono testate giornalistiche, a tutto il personale giornalistico dipendente devono risultare applicate le pertinenti norme dei contratti nazionali di lavoro giornalistico sottoscritti dalla Federazione Nazionale Stampa Italiana;
b) essere in regola con i versamenti dei contributi assistenziali e previdenziali;
c) essere adempienti rispetto agli obblighi eventualmente assunti in applicazione della presente legge;
d) essere legalmente rappresentate da soggetti che non abbiano subito condanne definitive per delitti non colposi commessi in danno della Pubblica amministrazione o per altri reati gravi che incidano sulla moralità professionale degli stessi;
f) essere regolarmente registrate ai sensi della normativa vigente in materia di editoria;
g) essere in regola con gli adempimenti prescritti dalla normativa vigente in materia di
trasparenza pubblicitaria.
3. Le imprese di cui al comma 1 sono tenute a comunicare l’iscrizione, ove prevista, al registro degli operatori di comunicazione (ROC), di cui alla deliberazione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni n. 236/01/CONS del 30 maggio 2001.
4. Le imprese di cui al comma 1, qualora siano costituite in forma societaria, sono altresì tenute a presentare l’elenco dei soci con il numero delle azioni o l’entità delle quote da essi possedute ovvero l’elenco dei soci delle società alle quali sono intestate le azioni o le quote della società che esercita l’impresa giornalistica, nonché il numero delle azioni o l’entità delle quote da essi possedute.
5. Quanto alle iniziative di informazione giornalistica, per poter accedere al prestito:
a) il periodico di riferimento deve essere stato pubblicato con regolarità almeno nei due anni precedenti all’entrata in vigore della presente legge;
b) il periodico non deve figurare come supplemento di quotidiani;
c) la testata deve essere stata edita con periodicità regolare di almeno quarantadue uscite per i settimanali, ventuno uscite per i quindicinali, dieci uscite per i mensili, ovvero, per quanto riguarda i periodici online, contenga almeno cinquecento articoli l’anno regolarmente firmati;
d) se si tratta di un periodico cartaceo, deve avere copertura territoriale almeno provinciale e tiratura non inferiore alle mille copie per ogni uscita in vendita o in abbonamento postale;
e) i periodici dovranno contenere sezioni dedicate all’informazione locale ed alla valorizzazione di temi riguardanti la realtà sociale, economica e culturale della Sicilia e delle istituzioni operanti nella Regione;
f) i giornali cartacei devono avere le seguenti caratteristiche editoriali:
- impaginazione in colonne;
- foliazione di almeno dodici pagine;
- pluralità di contenuti informativi;
g) i periodici online devono contenere articoli di informazione, originali e firmati, su pagine web distintamente indicizzate e riscontrabili sui principali motori di ricerca;
h) entrambi i tipi di periodici dovranno prevedere in redazione almeno un giornalista professionista e non meno di due pubblicisti regolarmente iscritti all’albo professionale;
i) entrambi i tipi di periodici dovranno destinare, su base annua, almeno il 40 per cento degli spazi all’informazione regionale e locale (società e vita politica, cronaca, attività culturali, istituzioni), nonché, sempre su base annua, almeno il 20 per cento degli spazi alla pubblicità resa a pagamento secondo quanto previsto dal regolamento attuativo di cui al successivo articolo 8.
l) l’orientamento anche internazionale dei prodotti informativi costituisce titolo preferenziale per l’attribuzione dei prestiti.
6. Al fine di accedere ai benefici di cui alla presente legge, gli editori di libri, riviste e prodotti multimediali devono essere iscritti nel registro delle imprese della Regione siciliana da almeno due anni e in tale arco di tempo devono avere prodotto e distribuito, anche al di fuori del territorio regionale, almeno venti titoli.
Art. 5.
Interventi formativi e promozionali
1. La Regione, nell’ambito della programmazione degli interventi formativi e promozionali, promuove la realizzazione di appositi corsi di qualificazione professionale per la gestione organizzativa e per la qualificazione del personale del settore dell’editoria e dell’informazione. Tali corsi sono mirati ad agevolare l’acquisizione di abilità pratiche nel campo del giornalismo e dei nuovi media attraverso laboratori didattici a ciò finalizzati che prevedano la partecipazione di giornalisti professionisti, docenti universitari ed esperti di editoria.
Art. 6.
Modalità di presentazione delle domande di contributo
1. Le domande per ottenere i contributi regionali sono presentate entro il 31 gennaio di ogni anno.
2. Le domande sono corredate di una relazione che illustri il programma per il quale è richiesto il contributo, la sua corrispondenza alle finalità della legge ed il bilancio dell’organismo richiedente, da presentarsi successivamente all’approvazione.
Art. 7.
Regola comunitaria de minimis
1. Gli interventi regionali previsti dalla legge sono disposti nel rispetto del Regolamento CE 15 dicembre 2006, n. 1998, in materia di aiuti di importanza minore.
Art. 8.
Regolamento attuativo
1. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, con Decreto del Presidente della Regione su proposta dell’Assessore regionale per i Beni Culturali e per l’Identità siciliana, previa delibera della Giunta Regionale, sono definite le modalità per l’erogazione dei prestiti, nonché quelle per la realizzazione delle iniziative di formazione e sensibilizzazione. Tra i criteri preferenziali vi saranno l’internazionalizzazione, la collaborazione e l’aggregazione tra diversi soggetti editoriali, la capacità di sperimentazione nell’ambito dei nuovi media e della multimedialità
Art. 9.
Norma transitoria
1. In sede di prima applicazione della legge, le domande per ottenere i contributi di cui all’articolo 7 sono presentate entro sessanta giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del regolamento di cui all’articolo 8 della presente legge.
Art. 10.
Norma finale
1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana.
2. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
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