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venerdì 24 gennaio 2020

In libreria il saggio autobiografico dell’appena scomparso pastore valdese Giulio Vicentini, “Signore, tu mi hai chiamato per nome. Memorie 1932-1960”, Edizioni La Zisa, pp. 136, euro 14,90




Da frate francescano a pastore valdese
  
“Signore, tu mi hai chiamato per nome - Memorie 1932-196” è titolo e insieme traccia interpretativa dell’ultima opera di Giulio Vicentini. L’autore, infatti, ripercorre qui le proprie memorie relative agli anni dal 1932 al 1960: un lungo viaggio motivazionale alla ricerca, poi scoperta, di ciò che diverrà quasi un leitmotiv nella sua personale produzione di scrittore, interprete e divulgatore, nella vita, della parola di Dio; sono questi gli anni in cui il pastore Giulio scopre il fascino dell’annuncio evangelico e inizia il proprio percorso di studi, prima in seminario e poi prendendo gli ordini come frate francescano, e come sacerdote.
In questo stesso periodo si confronta con le scarse informazioni sul fascismo e sulla guerra, all’interno dell’ambito religioso in cui opera, ma la ricerca di libertà intellettuale e la necessità di una coerenza evangelica gli sono vitali. Negli anni Cinquanta si accosta con forza alla Chiesa evangelica valdese e vi aderisce con convinzione: una fuga clandestina, un nuovo inizio, ma anche un continuum con l’Evangelo che resta una costante in tutta la sua vita.

GIULIO VICENTINI, primo di nove figli, nasce in una famiglia di agricoltori nel 1924 a Lonigo, in provincia di Vicenza. All’età di undici anni entra nel convento dei frati minori francescani di S. Daniele a Lonigo dove inizia quel percorso di studi che lo porterà a prendere i voti solenni e, successivamente nel 1948, ad essere ordinato sacerdote. Nel 1955 abbandona lo status di frate e di sacerdote per studiare teologia nella facoltà evangelica valdese di Roma. Nel 1960 è consacrato al ministero pastorale dal Sinodo valdese. Sarà pastore dal 1960 al 1967 nelle comunità valdesi di Carunchio, San Giovanni Lipioni e diaspora nella provincia di Chieti; dal 1967 al 1975 nella comunità di Livorno e Rio Marina nell’isola d’Elba; dal 1975 al 1981 nella comunità di Napoli Vomero e dal 1981 al 1988 a Bari; poi giungerà nel 1988 a Verona dove arriverà al pensionamento nel 1994. Date le buone condizioni di salute, darà ancora aiuto ai colleghi subentrati, fino al 2013. Per molti anni si è dedicato alla ricerca sulla nascita e i primi sviluppi della comunità valdese di Schiavi d’Abruzzo (CH) raccogliendo una grande quantità di materiale che non è riuscito ad utilizzare in una pubblicazione, per motivi di salute. Sono sue le pubblicazioni Un metodista tra i cappellani della Prima Guerra Mondiale: Giuseppe La Scala in R. Ciappa; G. Rinaldi, Evangelici e mezzogiorno d’Italia, Cosenza, Edizioni Periferia, 1993, pp. 47-60; Il cappellano metodista Giuseppe La Scala (1918), in (a cura di) G. Rochat, La spada e la croce. I cappellani italiani nelle due guerre mondiali, Bollettino della società di studi valdesi n. 176, giugno 1995, pp. 191-195. Ha inoltre pubblicato, con lunga introduzione e note minuziose, due edizioni critiche dei diari del pastore metodista Giuseppe La Scala, intitolati Diario di guerra di Giuseppe La Scala, cappellano metodista durante la Prima Guerra Mondiale, Torino, Edizioni Claudiana, 1996; Diario di un marinaio di leva (1897-1899), Torino, Edizioni Paravia, 1999. La vita di Giulio Vicentini si interrompe il 19 ottobre del 2019. L’opera continua fra le sue e le nostre memorie.

Parte del ricavato della vendita del presente volume sarà destinato ai progetti dell’Associazione INSHUTI Italia-Rwanda onlus


mercoledì 4 febbraio 2015




"Pubblicato il secondo libro del sacerdote ridotto allo stato laicale: denuncia la durezza utilizzata solo con i preti sposati" di Gianni Biasetto (“Il mattino di Padova”, 3 febbraio 2015)

«Un atto di coscienza». Sante Sguotti, ex parroco di Monterosso, reso allo stato laicale dalla Santa Sede a seguito della scelta maturata nell 2007 di farsi una famiglia con una parrocchiana dalla quale ha avuto un figlio, definisce così il suo secondo lavoro editoriale dal titolo: “Prete pedofilo si diventa. Pedofilia e celibato nella Chiesa di Papa Francesco”. Un libro di 224 pagine finito di stampare giovedì scorso dalle edizioni La Zisa di Palermo (prezzo di copertina 16 euro).
«Questo libro doveva uscire prima de “Il mio amore non è peccato”, solo che la Mondadori nel 2007 ha preferito pubblicare un libro sulla mia esperienza di vita di quel momento, in cui comunque avevo messo in risalto sia il problema della pedofilia nella Chiesa che l’obbligo al celibato da cui la pedofilia a mio avviso deriva. Del problema dei preti pedofili ho cominciato a interessarmi dopo lo scandalo scoppiato in America».

Vuole dire che la piaga della pedofilia nel clero è figlia dell’obbligo imposto dalla Chiesa cattolica ai propri ministri di non prendere moglie? 

«I preti sono messi in condizione di diventare pedofili, questa è l’amara realtà. I due fenomeni, quello del divieto di sposarsi e della pedofilia sono strettamente legati tra loro».

A chi le chiede chi è il prete pedofilo, lei risponde che è il miglior prete che si possa immaginare. Cosa vuole dire con questa affermazione così forte?

«Che per la gente che non lo sa il prete pedofilo è una persona insospettabile, bravo a parlare e intessere relazioni con tutti. Insomma il miglior prete che si può immaginare».

Parliamo del suo secondo libro. Perché ha scelto una casa editrice siciliana?

«Al Nord non ho trovato nessuno disposto a pubblicarlo. Temo che succeda perché c’è il timore di mettersi contro i poteri forti su un tema scottante, come quello della pedofilia nel clero. In questo caso, è chiaro, non ci si vuole mettere contro la Chiesa. Ho saputo che la casa editrice La Zisa in passato aveva pubblicato un altro libro su questo tema e l’ho contattata. Dopo aver letto la bozza mi hanno risposto che erano interessati. Le difficoltà però non sono finite. Ora che il libro è pronto, mi è giunta voce che alcuni distributori del Nord si sono rifiutati di proporlo alle librerie. Il problema non è ancora risolto».

Lei dice che si tratta per la maggior parte di un’opera autobiografica. Significa che riporta episodi di pedofilia di alcuni suoi confratelli vissuti in seminario o quand’era parroco a Monterosso?

«Riporto articoli di giornale che evidenziano il problema ma anche esperienze personali. Fatti successi anche nella Chiesa padovana negli anni in cui ero parroco. Racconto anche di confidenze che mi sono state fatte da sacerdoti della Diocesi di Padova che hanno vissuti momenti tremendi a causa di questa piaga».

Per la prefazione del libro ha scelto un prete famoso, uno battagliero come lei sulla problematica della pedofilia nella chiesa.

«Si, don Franco Barbero, un prete di Pinerolo che si trova nelle mie stesse condizioni per aver combattuto contro questa “Chiesa delle ipocrisie”, dimostrando con i fatti che un parroco con moglie può dedicarsi alla vita pastorale con efficacia. Lui ha fondato una sua chiesa e lavora per portare avanti questa causa».

Oggi Papa Francesco è sulla sua stessa linea, ha dichiarato che i pedofili vanno condannati senza se e senza ma. Pensa riesca questo Papa che si è dimostrato sensibile nei confronti delle vittime dei preti pedofili a cambiare le cose all’interno della Chiesa?

«Finora ho sentito solo proclami. Almeno sta facendo emergere il problema e sta scuotendo le coscienze. Temo che non arriverà a cambiare le cose, perché si trova anche lui con le mani legate da un sistema che ha difficoltà a rinnovarsi».


http://mattinopadova.gelocal.it/padova/cronaca/2015/02/03/news/sante-sguotti-e-la-pedofilia-nella-chiesa-1.10794117?ref=search