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lunedì 14 giugno 2010

Palermo 17 giugno, Presentazione del saggio di Giancarlo Santi “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura”, Edizioni La Zisa





Palermo, 14 giugno 2010 - “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura” è il titolo del saggio di Giancarlo Santi, pubblicato dalle Edizioni la Zisa pp. 448; euro 25,90; ISBN 978-88-95709-47-5), che verrà presentato giovedì 17 giugno, alle ore 18, presso la libreria Feltrinelli di via Cavour 133, a Palermo. Ne discuteranno con l’autore il giornalista Salvatore Falzone e lo storico Francesco Michele Stabile.

IL LIBRO: Chi è l’autore della iscrizione rinvenuta nell’estate del 1624 nella grotta di S. Stefano Quisquina, dove la tradizione colloca il primo romitaggio di S. Rosalia? È da attribuire alla mano della giovane “Sinibaldi”, oppure si tratta di un “falso” pervicacemente architettato e portato a compimento dalla Compagnia di Gesù, in prima persona o con la collaborazione di suor Maria Roccaforte? A questi ed altri interrogativi, sui quali si discetta da lungo tempo, e che soltanto nell’ultimo trentennio hanno trovato nuove e sconcertanti risposte, l’autore di questo libro, appassionante e fluido come un romanzo giallo d’autore, e rigoroso come l’argomento merita, sulla base di una documentazione inedita, più che dare una soluzione, che pure tra le righe si manifesta chiaramente, pone il lettore nella condizione di farsi una idea più precisa e circostanziata dei fatti accaduti in un piccolo comune dell’entroterra agrigentino agli inizi del sec. XVII, quando tutt’intorno infieriva una delle più terribili epidemie di peste che l’Isola ricordi.

L’AUTORE: Giancarlo Santi (Siracusa 1946), vive a lavora a Catania. Giornalista pubblicista e appassionato di speleologia, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con il quotidiano “La Sicilia” e con la rivista “Etna Territorio” di Catania, scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani.
Ha pubblicato: La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia (Bologna, Bolelli, 2001), e i volumi collettanei: Le grotte del territorio di Melilli (1997); Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999).




Davide Romano - Resp. Ufficio stampa "Edizioni La Zisa"
Tel. +39 091 331104 - fax +39 091 6127870 –
cell. +39 328 4728708 - e-mail: stampa@lazisa.it - www.lazisa.it

mercoledì 9 giugno 2010

Palermo 17 giugno, Presentazione di "Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura" di Giancarlo Santi (Ed. la Zisa)


La S.V. è invitata alla presentazione del saggio di Giancarlo Santi

“Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura”

Edizioni La Zisa
http://www.lazisa.it/
(pp. 448; euro 25,90; ISBN 978-88-95709-47-5)

che avrà luogo giovedì 17 giugno, alle ore 18,
presso la libreria Feltrinelli di via Cavour 133, a Palermo

Ne discuteranno con l’autore il giornalista Salvatore Falzone
e lo storico Francesco Michele Stabile.

Il titolo del saggio è stato suggerito dalle due parole che danno inizio all’iscrizione incisa da santa Rosalia nella grotta della Serra Quisquina, eremo in cui, secondo la leggenda, la romita visse a lungo prima di trasferirsi nella più nota cavità del Monte Pellegrino. Attraverso il nome Sinibaldi, la terza parola dell’iscrizione, il gesuita Giordano Cascini riuscì nel ‘600 a ricostruire alcuni tratti della sconosciuta vita della Santa, soprattutto la sua discendenza da Carlo Magno. Per avvalorare l’autenticità dell’incisione, Cascini raccontò nella sua celebre opera, Di Santa Rosalia Vergine Palermitana, come avvenne la casuale scoperta del graffito da parte di due muratori palermitani. La narrazione di Cascini ha fatto storia divenendo una diffusa e radicata credenza garantita dalla Compagnia di Gesù. Da sempre tuttavia sono stati avanzati dubbi sulla veridicità dell’iscrizione, l’unico documento che prova la storicità di Rosalia “Sinibaldi”. L’ipotesi del falso è sostenuta in una coraggiosa opera, Santa Rosalia nella storia e nell’arte di monsignor Paolo Collura, che sin dal suo apparire, nel 1977, ha suscitato molte polemiche ma ha pure segnato una svolta negli studi rosaliani. Nel 1988 Valerio Petrarca ha poi colmato alcune lacune del discorso di Collura individuando non solo un realistico artefice dell’impostura ed il suo movente, ma chiarendo anche il contesto storico e devozionale in cui sarebbe maturato il sospettato imbroglio. Con la suggestiva ricostruzione di Petrarca, l’affaire Quisquina diventa un autentico romanzo giallo in cui si narra di un intrigo palermitano inatteso e sconcertante. Se risultasse provato per via documentale quanto ipotizza lo studioso, ovvero che l’iscrizione fu incisa dalla Compagnia di Gesù per costruire una degna Patrona di Palermo, ci troveremmo innanzi al più clamoroso falso religioso del ‘600 siciliano. L’incisione della Quisquina, ritenuta da alcuni una impostura e da altri un indelebile segno della santità di Rosalia, è dunque l’ambigua protagonista della ricerca qui condotta. Quanto c’è di attendibile nelle affermazioni di chi sostiene l’autenticità del graffito e di chi invece ne denunzia la falsità? I fatti che portarono alla sua avventurosa scoperta si svolsero davvero nel modo in cui sono stati raccontati dai gesuiti? E se alla Quisquina si perpetrò un falso, chi fu il colpevole? L’Autore trova le difficili risposte in un inedito manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo riuscendo così a colmare un secolare vuoto negli studi rosaliani. Ego Rosalia si svolge come un’intrigante detective story in cui, partendo dal dubbio, si indaga per svelare l’enigma nascosto nell’iscrizione. Ben documentato e di facile lettura, il saggio si rivolge sia allo studioso, sia al lettore interessato ai segreti che si celano nella sfuggente vicenda di Rosalia “Sinibaldi”, illusoria immagine creata dagli uomini, caricatura della poco conosciuta ma storica santa Rosalia.
Giancarlo Santi, nato a Siracusa nel 1946, vive a Catania; giornalista pubblicista, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con la terza pagina del quotidiano La Sicilia e con varie riviste scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani. Nel 2001 ha pubblicato La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia. Si interessa di speleologia ed è coautore dei libri Le grotte del territorio di Melilli (1997) edito dal Comune di Melilli e Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999) edito dall’Ente Parco dell’Etna.

Davide Romano - Resp. Ufficio stampa "Edizioni La Zisa"
Tel. +39 091 331104 - fax +39 091 6127870 - cell. +39 328 4728708 - e-mail: stampa@lazisa.it - www.lazisa.it

giovedì 6 maggio 2010

IL MISTERO DELLA SANTUZZA: UN DETECTIVE INDAGA SULLA VERGINE EREMITA


Repubblica — 28 marzo 2010


Da lungo tempo desideravo visitare quel remoto monte. Lì mi spingeva la mia curiosità di speleologo ma ancor più l' inquietudine del viaggiatore, la mia irriducibile smania di cacciatore di epos. Mi spingeva a quel luogo soprattutto un nome dai mitici contorni: Rosalia Sinibaldi, una bellissima fanciulla vissuta forse in epoca normanna, meglio conosciuta in Sicilia e nel mondo come santa Rosalia. Alla Serra Quisquina, raccontava una delle tante storie fiorite sulla Santuzza, la Vergine romita aveva vissuto una lunga parte della sua breve vita, forse dodici anni, in solitario eremitaggio prima di trasferirsi sul più celebre Monte Pellegrino. Alla Quisquina Rosalia sarebbe giunta dopo essere fuggita dalla reggia normanna e dalla sua famiglia che la voleva sposa di un nobile cavaliere e qui, in una piccola grotta, la giovane avrebbe trovato pace e rifugio, l' intimità spirituale con l' Infinito. La grotta della Santa, come sapevo, non era di grande rilevanza naturalistica; pochi metri appena di lunghezza. Pochi metri però fatti di pietre che videro grandi e miracolose cose, che trasudavano emozioni profonde e non solo algida umidità. Mi attraeva in particolare una iscrizione graffita dalla stessa Rosalia nella parte iniziale della grotta; una sorta di messaggio ai posteri, avventurosamente scoperto nel ' 600, da cui fu possibile ricostruire parte della vita della misteriosa Santa... (Incipit libro Giancarlo Santi, Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura, 442 pagine, La Zisa edizioni, 25 euro) Giancarlo Santi è un giornalista pubblicistae speleologo dilettante, un devoto di santa Rosalia che con grande pazienza e spirito da detective comincia a indagare su alcuni fatti accaduti in una grotta alla Quisquina nel 1624. Il risultato è un libro - Ergo Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura - a tratti ingenuo ma sempre intrigante, tutto giocato sul rigoroso montaggio degli elementi probatori. È l' estate del 1624, la pestilenza terrorizza Palermo e la città cerca rifugio nei suoi celesti protettori. Sino a quel momento santa Rosalia era stata una delle nebulose figure che affollavano il pantheon cittadino: il suo rifugio in una grotta la collegava ad antichissimi culti che negli stessi luoghi avevano onorato la Grande Madre, Rosalia è «una sorta di rupestre Deus Loci, una divinità ctonia sfuggente e misteriosa». Per la prima volta si manifesta in sogno alla moribonda Girolama Lo Gatto, promettendole la guarigione se avesse pronunciato il voto di recarsi sul monte Pellegrino. La donna promette. Subito guarisce e quasi dimentica l' impegno, finisce per recarsi sul monte alcuni mesi dopo. Ma Rosalia continua a darle indicazioni in sogno, permettendole di guidare gli scavatori che il 15 luglio trovano un agglomerato d' ossa all' interno di una massa di calcite. L' epidemia continua a seguire il suo corso, anche se la tradizione ascrive alla nuova santa il merito di avere debellato la peste. Quaranta giorni dopo, mentre a Bivona una drammatica processione invoca l' aiuto divino, nei boschi della Quisquina due muratori palermitani scoprono un' iscrizione in una grotta. Comincia: «Ego Rosalia Sinibaldi...». Lettere incise nella roccia e subito presentate come la prova dell' esistenza terrena di Rosalia e delle sue nobiliari ascendenze: è una Sinibaldi imparentata con gli Altavilla, discendente addirittura da Carlo Magno. L' iscrizione sapeva di umana vanità e il messaggio celebrava il proprio casato, senza contare che la forma delle lettere era contemporanea invece che normanna. In breve suscitò molti dubbi. Tutti doverosamente rintuzzati dal gesuita padre Cascini, definito dai contemporanei «tromba d' oro della gloria di santa Rosalia». Giancarlo Santi si confronta con la bibliografia accumulata negli ultimi anni, ma nessuno ha messo in primo piano l' iscrizione della Quisquina: va quindi a ritroso, arriva ai protagonisti e alle loro ragioni attraverso le convulse vicende della città impaurita. La storia di Rosalia in fondo vede all' opera pochi personaggi, che non perdono mai di vista il proprio interesse. Trattandosi di una vicenda così lontana nel tempo, lo scrittore-detective adopera i testi secenteschi alla stregua di «testimonianze giudiziarie da mettere a confronto per scoprirvi eventuali incongruenze». Ed è inevitabile che trovi aiuto e conforto nella filologia. Insegue varianti, contraddizioni e rifacimenti testuali, arriva a un antico manoscritto conservato presso la Biblioteca comunale di Palermo. Fra le sue polverose pagine trova le dimenticate «tessere centrali del complesso mosaico»: sono le dichiarazioni rese nel 1642 da dodici abitanti di Santo Stefano di Quisquina testimoni del rinvenimento, adesso riportate in appendice a Ego Rosalia. Quasi suo malgrado, nell' andarea ritroso lo scrittore-detective scopre vistose incongruenze che rischiano di annullare le certezze esibite da padre Cascini. Manca infatti la testimonianza principale, quella dei due muratori palermitani: solo uno dei testimoni era presente al momento della scoperta, gli altri parlano per sentito dire. In pratica, l' unica prova dell' esistenza terrena di santa Rosalia si deve a un non meglio qualificato mastro Francesco Cattano. Sembra di essere di fronte a un falso, un particolare però disturba la logica concatenazione delle ipotesi: tutti concordano che l' iscrizione risalta su una parete di muschio, «lippo antichissimo per l' umidità». Gli eventuali falsificatori avevano lavorato sopra quella patina vegetale, senza distruggerla: ma il continuo rimarcarne l' esistenza ci mostra la sua natura posticcia di trovata teatrale, osservata da vicino l' iscrizione ci riporta all' estetica della meraviglia praticata dal barocco teatro gesuitico. E probabilmente il «lippo antichissimo» si limitava a incorniciare l' iscrizione, che se ricoperta in maniera uniforme nemmeno sarebbe stata notata. L' andare a ritroso, la tecnica indiziaria serve a Giancarlo Santi anche per ricostruire la vivace competizione fra gli Ordini religiosi e la diffusa disponibilità a costruire falsi storici.I benedettini edificano fragili castelli di congetture per dimostrare che Rosalia era stata nel loro Ordine, le basiliane producono documenti che la fanno monaca basiliana. Da parte sua padre Cascini è gesuita: invece di spedirla dritta a giustificarsi con l' Inquisizione, accoglie le rivelazioni della terziaria benedettina suor Maria Roccaforte che sostiene di avere quotidiani colloqui con lo spirito di Rosalia. È padre Cascini a ratificare la genealogia nobiliare della nuova santa, eremita ma di stirpe reale. Una santa per il popolo, ma pronta a rassicurare anche i re.

AMELIA CRISANTINO

sabato 23 gennaio 2010

CLT - Palermo / S. Rosalia, l’“impostura” interclassista dei gesuiti



Roma, 22 gen (Velino) - “Ego Rosalia Sinibaldi Quisquine et rosarum domini filia amore dni mei Iesu Cristi ini hoc antro habitari decrevi” (Io Rosalia di Sinibaldo, padrone della Quisquina e delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di vivere in questa grotta): recita così, in un latino medievale impastato di siciliano, l’incisione nella grotta della Quisquina (Ag), attribuita alla Santuzza. Più volte, negli ultimi decenni, era stata avanzata la tesi che quel rinvenimento, risalente al 1624, fosse in realtà un falso storico. Adesso ci sono le prove (o almeno così pare) che dietro quel graffito non ci sia la nobile eremita, vissuta nel XII secolo, ma la “mano” interessata della Compagnia di Gesù, ben 500 anni più tardi. A svelare forse definitivamente l’arcano è Giancarlo Santi nel suo “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura” (La Zisa). Testo-chiave dell’indagine è un manoscritto conservato nella biblioteca comunale di Palermo, pubblicato per la prima volta in appendice al volume e finora trascurato dagli studiosi, che proverebbe come l’“operazione Santa Rosalia” sia stata concepita a tavolino a Palermo per volontà “politica”. “All’inizio del ‘600, Rosalia era una vecchia santa dimenticata, la cui devozione era limitata a poche persone nei pressi del monte Pellegrino, dove secondo la tradizione avrebbe trascorso i suoi ultimi giorni - afferma Santi al VELINO -. In pochi mesi, però, riuscì a scalzare tutti gli altri, nonostante il capoluogo siciliano contasse all’epoca quattro protettrici (Agata, Cristina, Oliva e Ninfa, ndr) e ben 21 santi protettori”.

Invocata nel corso di una processione durante la peste del 1624, la Santuzza avrebbe fermato l’epidemia, che fino ad allora aveva ucciso 30 mila palermitani, un quarto del totale della popolazione. Quello stesso pomeriggio furono scoperte le sue reliquie e poco più di un mese dopo, alla Quisquina, fu ritrovata la grotta del suo primo eremitaggio con la celebre incisione, scoperta casualmente da due intagliatori di pietre palermitani. Il tutto condito di miracoli e guarigioni inspiegabili, come attesta il “Di Santa Rosalia Vergine Palermitana”, l’edificante opera del gesuita Giordano Cascini, che ne aveva ricostruito l’albero genealogico facendola discendere addirittura da Carlo Magno. Le deposizioni giurate raccolte nel manoscritto analizzato da Santi, però, raccontano un’altra storia, ben più complessa. La diffusione della vulgata sulla Santuzza, infatti, non era stata lineare, tanto che nel 1642 alla Congregazione dei Riti fu presentata una denuncia per cancellare dal Martirologio romano il riferimento alla discendenza dal re carolingio e la dimora alla grotta della Quisquina. Il tribunale ecclesiastico aprì un’inchiesta per acquisire notizie sui miracoli che si erano verificati e sul ritrovamento dell’antro e ascoltò dodici testimoni del paese in cui, meno di 20 anni prima, era stata scoperta la caverna.

“Le loro deposizioni e il linguaggio utilizzato non combaciano con la versione tramandata nei loro scritti dai gesuiti, dimostrando che l’iscrizione è un falso - spiega Santi -. Uno di loro afferma esplicitamente che l’ordine di andare a guardare lì dentro era venuto dal governatore Giuseppe Emanuele Ventimiglia. La scoperta dell’iscrizione fu dunque la conseguenza di un volere manifestato a Palermo dalle alte gerarchie isolane”. Una decisione “politica”, maturata in un fase drammatica della città, flagellata dalla peste. Il motivo? Nessuna delle quattro patrone era nata a Palermo, al contrario di Rosalia, e in un momento tanto difficile la Santuzza, di casato nobile ma vissuta in assoluta povertà, rappresentava l’optimum, perché era una santa “interclassista” in cui tutti i ceti sociali potevano riconoscersi. Soprattutto, permise ai gesuiti di “sconfiggere” i francescani, che stavano cercando di imporre il culto di Benedetto il Moro, e di gestire da quel momento in poi il patronato della città. “Rosalia sarà sempre una santa gesuita e una fonte di potere e vantaggi per la Compagnia di Gesù”, scrive Santi. Un modello di successo, esportato anche nelle terre di missione della Compagnia, dalla Cina al nuovo Mondo, soprattutto in California e Paraguay. Grazie anche all’epigrafe posticcia. Ma come diceva Francis Bacon, le cui parole aprono il volume, “l’uomo preferisce credere a ciò che gli piacerebbe fosse vero”.
(Paolo Fantauzzi) 22 gen 2010 18:35

mercoledì 20 gennaio 2010

Arriva in libreria – “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura”, Ed. La Zisa, pp. 464, euro 25,90




Il titolo del saggio è stato suggerito dalle due parole che danno inizio all’iscrizione incisa da santa Rosalia nella grotta della Serra Quisquina, eremo in cui, secondo la leggenda, la romita visse a lungo prima di trasferirsi nella più nota cavità del Monte Pellegrino. Attraverso il nome Sinibaldi, la terza parola dell’iscrizione, il gesuita Giordano Cascini riuscì nel ‘600 a ricostruire alcuni tratti della sconosciuta vita della Santa, soprattutto la sua discendenza da Carlo Magno. Per avvalorare l’autenticità dell’incisione, Cascini raccontò nella sua celebre opera, Di Santa Rosalia Vergine Palermitana, come avvenne la casuale scoperta del graffito da parte di due muratori palermitani. La narrazione di Cascini ha fatto storia divenendo una diffusa e radicata credenza garantita dalla Compagnia di Gesù.
Da sempre tuttavia sono stati avanzati dubbi sulla veridicità dell’iscrizione, l’unico documento che prova la storicità di Rosalia “Sinibaldi”.
L’ipotesi del falso è sostenuta in una coraggiosa opera, Santa Rosalia nella storia e nell’arte di monsignor Paolo Collura, che sin dal suo apparire, nel 1977, ha suscitato molte polemiche ma ha pure segnato una svolta negli studi rosaliani. Nel 1988 Valerio Petrarca ha poi colmato alcune lacune del discorso di Collura individuando non solo un realistico artefice dell’impostura ed il suo movente, ma chiarendo anche il contesto storico e devozionale in cui sarebbe maturato il sospettato imbroglio. Con la suggestiva ricostruzione di Petrarca, l’affaire Quisquina diventa un autentico romanzo giallo in cui si narra di un intrigo palermitano inatteso e sconcertante. Se risultasse provato per via documentale quanto ipotizza lo studioso, ovvero che l’iscrizione fu incisa dalla Compagnia di Gesù per costruire una degna Patrona di Palermo, ci troveremmo innanzi al più clamoroso falso religioso del ‘600 siciliano.
L’incisione della Quisquina, ritenuta da alcuni una impostura e da altri un indelebile segno della santità di Rosalia, è dunque l’ambigua protagonista della ricerca qui condotta.
Quanto c’è di attendibile nelle affermazioni di chi sostiene l’autenticità del graffito e di chi invece ne denunzia la falsità? I fatti che portarono alla sua avventurosa scoperta si svolsero davvero nel modo in cui sono stati raccontati dai gesuiti? E se alla Quisquina si perpetrò un falso, chi fu il colpevole?
L’Autore trova le difficili risposte in un inedito manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo riuscendo così a colmare un secolare vuoto negli studi rosaliani.
Ego Rosalia si svolge come un’intrigante detective story in cui, partendo dal dubbio, si indaga per svelare l’enigma nascosto nell’iscrizione. Ben documentato e di facile lettura, il saggio si rivolge sia allo studioso, sia al lettore interessato ai segreti che si celano nella sfuggente vicenda di Rosalia “Sinibaldi”, illusoria immagine creata dagli uomini, caricatura della poco conosciuta ma storica santa Rosalia.

Giancarlo Santi, nato a Siracusa nel 1946, vive a Catania; giornalista pubblicista, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con la terza pagina del quotidiano La Sicilia e con varie riviste scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani. Nel 2001 ha pubblicato La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia. Si interessa di speleologia ed è coautore dei libri Le grotte del territorio di Melilli (1997) edito dal Comune di Melilli e Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999) edito dall’Ente Parco dell’Etna.

mercoledì 15 luglio 2009

Arriva in libreria – “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura” di Giancarlo Santi, Ed. La Zisa, pp. 464


Il titolo del saggio è stato suggerito dalle due parole che danno inizio all’iscrizione incisa da santa Rosalia nella grotta della Serra Quisquina, eremo in cui, secondo la leggenda, la romita visse a lungo prima di trasferirsi nella più nota cavità del Monte Pellegrino. Attraverso il nome Sinibaldi, la terza parola dell’iscrizione, il gesuita Giordano Cascini riuscì nel ‘600 a ricostruire alcuni tratti della sconosciuta vita della Santa, soprattutto la sua discendenza da Carlo Magno. Per avvalorare l’autenticità dell’incisione, Cascini raccontò nella sua celebre opera, Di Santa Rosalia Vergine Palermitana, come avvenne la casuale scoperta del graffito da parte di due muratori palermitani. La narrazione di Cascini ha fatto storia divenendo una diffusa e radicata credenza garantita dalla Compagnia di Gesù.
Da sempre tuttavia sono stati avanzati dubbi sulla veridicità dell’iscrizione, l’unico documento che prova la storicità di Rosalia “Sinibaldi”.
L’ipotesi del falso è sostenuta in una coraggiosa opera, Santa Rosalia nella storia e nell’arte di monsignor Paolo Collura, che sin dal suo apparire, nel 1977, ha suscitato molte polemiche ma ha pure segnato una svolta negli studi rosaliani. Nel 1988 Valerio Petrarca ha poi colmato alcune lacune del discorso di Collura individuando non solo un realistico artefice dell’impostura ed il suo movente, ma chiarendo anche il contesto storico e devozionale in cui sarebbe maturato il sospettato imbroglio. Con la suggestiva ricostruzione di Petrarca, l’affaire Quisquina diventa un autentico romanzo giallo in cui si narra di un intrigo palermitano inatteso e sconcertante. Se risultasse provato per via documentale quanto ipotizza lo studioso, ovvero che l’iscrizione fu incisa dalla Compagnia di Gesù per costruire una degna Patrona di Palermo, ci troveremmo innanzi al più clamoroso falso religioso del ‘600 siciliano.
L’incisione della Quisquina, ritenuta da alcuni una impostura e da altri un indelebile segno della santità di Rosalia, è dunque l’ambigua protagonista della ricerca qui condotta.
Quanto c’è di attendibile nelle affermazioni di chi sostiene l’autenticità del graffito e di chi invece ne denunzia la falsità? I fatti che portarono alla sua avventurosa scoperta si svolsero davvero nel modo in cui sono stati raccontati dai gesuiti? E se alla Quisquina si perpetrò un falso, chi fu il colpevole?
L’Autore trova le difficili risposte in un inedito manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo riuscendo così a colmare un secolare vuoto negli studi rosaliani.
Ego Rosalia si svolge come un’intrigante detective story in cui, partendo dal dubbio, si indaga per svelare l’enigma nascosto nell’iscrizione. Ben documentato e di facile lettura, il saggio si rivolge sia allo studioso, sia al lettore interessato ai segreti che si celano nella sfuggente vicenda di Rosalia “Sinibaldi”, illusoria immagine creata dagli uomini, caricatura della poco conosciuta ma storica santa Rosalia.

Giancarlo Santi, nato a Siracusa nel 1946, vive a Catania; giornalista pubblicista, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con la terza pagina del quotidiano La Sicilia e con varie riviste scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani. Nel 2001 ha pubblicato La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia. Si interessa di speleologia ed è coautore dei libri Le grotte del territorio di Melilli (1997) edito dal Comune di Melilli e Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999) edito dall’Ente Parco dell’Etna.