L’analisi e l’approfondimento dell’ultima riflessione
filosofica di Luigi Pareyson nascono dall’esigenza di accostarmi al problema del
male la cui forza oscura di inesauribile desiderio di distruzione è presente,
nel mondo umano, come realtà sconvolgente.
Com’è possibile chiudere gli occhi di fronte al trionfo del
male, alla natura diabolica di certe forme di malvagità, alle più atroci
manifestazioni di perversità umana? Com’è possibile consegnare queste atrocità
al freddo e impietoso giudizio dell’etica e al debole, compassionevole,
buonismo religioso?
Il bisogno di parlare del male, dunque, prende forma dalla
necessità di comprenderne l’esistenza e di darne ragione.
Il male si manifesta nel mondo in tutta la sua intatta grandezza,
vincendo battaglie, gridando violentemente la sua potenza, nutrendosi di esseri
umani senza operare una selezione di cibo, torturando, mortificando e lacerando
ogni forma di bellezza, esultando
davanti al dolore, ridendo davanti alla morte; il male ha il
volto dell’uomo. Ecco allora che, come squarcio lacerante, irrompe dentro di
noi la domanda: perché?
Perché guardando il male vediamo noi stessi? Cercando la
risposta, cercando la verità noi ci cerchiamo.
L’ultima meditazione di Pareyson è volta alla scoperta dell’origine
di un male che affonda le sue radici nella buia e silenziosa profondità della natura
umana, in quel luogo senza spazio, senza tempo, senza leggi, che è la libertà. Il
filosofo va alla ricerca della sorgente, il filosofo ha sete di abisso.
Il tema della libertà e il problema del male, nella loro
interna connessione e inscindibilità, costituiscono il centro pulsante dell’ultima
filosofia di Luigi Pareyson.
Una serie di inquietanti e vertiginose domande sul male e
sul dolore incalzano il filosofo: è possibile che di tutto il male, così smisurato
nell’universo, la colpa sia interamente da porre a carico della libertà
dell’uomo? E che egli, tragico realizzatore del male, ne sia il solo e unico
responsabile? Dio è del tutto innocente? Oppure è compromesso nell’intera
vicenda di male e di dolore che marchia ogni vivente?
Pareyson sorvola il vertiginoso baratro della ragione umana senza
cadervi, ritrovando una nuova ragione filosofica, cosciente dei suoi limiti
eppure coraggiosa, forgiando una filosofia che si costruisce sull’intreccio
indissolubile tra ontologia della libertà, pensiero tragico ed ermeneutica
dell’esperienza religiosa. Il filosofo pone in essere il tentativo di pensare
il male non in chiave privativa e di non giustificare Dio alla maniera della
teodicea di Leibniz. Alla domanda del perché soffrono anche gli innocenti, Pareyson,
infatti, tenta di dare una risposta che egli chiama cristologia laica che
assorbe interamente il Dio sofferente compromesso nella vicenda del dolore
umano. Pareyson cerca l’interesse da parte di tutti gli uomini di fede e non,
accumunati dall’uso della ragione e dalla tragicità della condizione umana.