“Trieste, una principessa che si
mangia le unghie” è un saggio concepito come un romanzo e insieme come la più
sentita delle dichiarazioni d’amore per Trieste, che l’autrice definisce sua
città dell’anima, e per tutto quello che per lei Trieste significa, attraverso
l’analisi, il più possibile appassionata e mai troppo scientifica, di tre
personalità fuori dal comune, che in modo ugualmente fuori dal comune hanno
raccontato e in un certo qual modo tentato di “salvare” Trieste: Mauro
Covacich, Jan Morris e Anita Pittoni. Questo romanzo-dichiarazione d’amore è
stato scritto in una settimana: Romina Mazzara non ha ancora capito (e se lo domanda
spesso!) se Trieste può esserne davvero orgogliosa.
Romina Mazzara ha trentun’anni,
ma vorrebbe averne ancora venticinque, perché dice che suona meglio, una laurea
cum laude in Lettere e un’insana passione per Madonna, Sex and The City , il
mare, la lavanda, i lampioni antichi, i viaggi con gli amici, i trolley
consumati e il profumo del caffè. Adora fare colazione, insegna, scrive da
quando aveva sei anni e ha un fratello in cielo e un fratello e una sorella
d’anima, un gatto che si crede un cane e una famiglia che, ricambiata, adora.
Ha conosciuto Trieste a 18 anni, c’è andata la prima volta a 24, e da allora
non si è ancora fermata: per una nomade come lei, nulla come il nessun luogo
può essere la migliore delle case.