UN PASTORE PARLA DI “BRANI BIBLICI AFFETTI DA OMOFOBIA”. E CITA ROMANI 1.
Allora è vero che con la legge anti omofobia la Bibbia è fuorilegge!
Nell’ultimo
numero di Riforma (che
a un mese dai fatti non ha ancora dato notizia del predicatore evangelico
arrestato a Londra per una legge “anti-omofobia” molto simile a quella in
discussione in Italia) c’è un’ampia recensione del libro di Nicolò D’Ippolito, In cammino tra fede e omosessualità, prefazione di
“don” Franco Barbero, Edizioni La Zisa. L’autore dell’articolo è il pastore
valdese di Palermo Giuseppe Ficara, già membro
della Tavola per sette anni e recentemente eletto pastore in una delle due più
grandi comunità valdesi, Luserna San Giovanni, dove si insedierà tra breve.
Insomma, una delle figure di spicco della Chiesa Valdese, che, peraltro, fino
ad ora non si era distinto per posizioni estreme.
La recensione (che siti meno rispettosi di noi del diritto
d’autore di Riforma già riportano integralmente) potrebbe
essere definita “adesiva”, sembra cioè sposare totalmente le tesi del libro. Ma
c’è un punto dove il pastore Ficara ci mette del suo, quando dice “Ho apprezzato la notevole precisione teologica
nell’esporre i brani biblici affetti di omofobia: quello di Sodoma nella Genesi,
quello di Romani 1;
ma anche la problematica degli eunuchi.”
Abbiamo più volte
detto che il problema di una legge anti “omofobia”, è che cosa si intenda con
questo termine. Tutti sono d’accordo sul fatto che vada punito chi inciti a
picchiare i gay. Ma questo comportamento è punibile, già oggi, dall’articolo
414 del codice penale: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più
reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione: con la reclusione da uno a
cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti”. Tuttavia c’è chi
vorrebbe fare dell’ostilità verso un certo orientamento sessuale una aggravante
particolare nel caso di commissione di reati. Una posizione discutibile, dato
che – ad esempio – non c’è nessuna aggravante specifica per chi picchia un
disabile, ma almeno non sarebbe una misura pericolosa. Il pericolo, abbiamo
detto più volte, è che con il testo di legge attualmente in discussione, chi
sostiene la maggiore valenza sociale o morale della famiglia tradizionale
rispetto a coppie dello stesso sesso, ovvero affermi che l’omosessualità è un
peccato davanti a Dio venga ritenuto “omofobo” e dunque punito con il carcere.
Nello stesso numero di Riforma che, a pagina 10 afferma non esserci
questo pericolo, e che tutti i cristiani dovrebbero volere la legge anti
omofobia, a pagina 7 il pastore Ficara afferma con certezza che Genesi 19 e
Romani 1 sono “affetti di omofobia”. È evidente, allora, che leggere in
pubblico questi brani mostrando di condividerli sarebbe reato di “omofobia”,
previsto dall’attuale testo della legge. E, sempre in base a quel testo, la
sola appartenenza a organizzazioni che sostengano tali idee, andrebbe punita
con il carcere, da sei mesi a tre anni. La pena è raddoppiata per chi dirige
tali organizzazioni.
E questo sulla
base dell’autorevole parere di Giuseppe Ficara che, come pastore è sicuramente
esperto di Bibbia e come studioso di problematiche legate all’omosessualità, è
qualificabile come esperto in omofobia.
Ma una legge dello Stato sbagliata ci importa meno di un
pastore che parla di brani della Bibbia“affetti” da qualcosa, che sia omofobia o altro.
Quella Bibbia che, secondo la confessione di fede che ha solennemente
sottoscritto un giorno, “divina e canonica, ciò è (per) regola della nostra
fede e vita”, aggiungendo “che riconosciamo la divinità di questi libri sacri
non solo dalla testimonianza della Chiesa, ma principalmente dalla eterna et
indubitabile verità della dottrina contenuta in essi, dall’eccellenza,
sublimità e maestà del tutto divina che vi si dimostra, e dall’operatione dello
Spirito Santo che ci fa ricevere con riverenza la testimonianza la quale ce ne
rende la Chiesa, e che ci apre gli occhi per iscoprir i raggi della celeste
luce che risplendono nella Scrittura, e corregge il nostro gusto per discernere
questo cibo col suo divino sapore”.
I casi sono due:
o Giuseppe Ficara, che pure è pastore alacre e predicatore appassionato,
sbaglia oggi a parlare di brani biblici affetti da omofobia (che una legge
sostenuta da tanti pastori vuol punire con il carcere) o ha sbagliato quando ha
sottoscritto la confessione di fede nell’essere consacrato pastore. Noi
speriamo davvero che si sia sbagliato nello scrivere quella recensione.
Attendiamo si sentirlo da lui.