È una poesia non intitolata, No Title, la suprema essenza
del messaggio che Giulia Chines, autrice della sua prima raccolta poetica
L’ombra della morte e il diaspro sanguigno (Edizioni La Zisa), vuole
trasmettere. “Ho paura di non poter più ascoltare il mio cuore battere ogni
sera, di non potermi stringere al petto e sentire il mio respiro”. La
scrittrice, nella sua continua ode alla morte come divoratrice di anime sole
ingannate da una luce che alla fine tutto toglie, sembra ritrovare nell’assenza
della vita il vero esistere libero dal tormento che giace eterno nel mondo
sopraffatto dal tempo che, come si evince nel componimento la clessidra del
tempo, “è un infame aguzzino, un tremendo padrone”. E la morte sembra l’unica
voglia ristoratrice del cuore, e ne ricerca avidamente e voracemente il
convincimento. È, però, ancora un dubbio amletico, tanto da non riuscire a
trovar la giusta risposta alle sue colpe travestite da domande: “dimmi se
soffri di più vivendo senza poter volare o morendo senza poter gioire. È più
nobile il coraggio di stare in catene o la forza di strapparle via?” Ma in
questo continuo indagare la morte, la scrittrice ammette che il desiderio più
intimo nel pensiero è quello di un bacio, “quasi che l’amore possa far svenire
ogni paura, ogni dolore, solo con un tocco di labbra...” E allora in questo
Campo di battaglia esiste ancora Verità in questo inferno e la speranza che
tutto questo un giorno finisca. “Mentre urlo al cielo che mi prende bestemmio
senza capirlo guardando l’inferno che lascio su questa landa in fiamme sperando
che il mondo mi ricordi.”
Il libro: GIULIA CHINES, “L’ombra della morte e il diaspro sanguigno.
Poesie”, La Zisa, 2017 pp. 72, euro 8,00
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