La casa editrice La Zisa nasce nel 1988 a Palermo e in breve tempo si afferma nel settore dell'editoria di qualità proponendo classici ormai dimenticati e nuovi autori di talento.
martedì 22 luglio 2014
“Il romanzo su Antonio Veneziano di Franco Guarnera” di ANTONINO SOLE
venerdì 27 settembre 2013
La cura dell’oltraggio, recensione del libro di Margherita Ingoglia
che cosa non farebbe a sangue caldo?”
venerdì 6 settembre 2013
“GABBIE INVISIBILI” una recensione di LILIANA MICCICHE’
martedì 19 marzo 2013
“Bambino per sempre” di Antonella Scandone (la Repubblica, domenica 10/03/2013)
martedì 18 settembre 2012
“L’urlo innocente” di Amelia Crisantino (“La Repubblica”, domenica 16 settembre)
STELLA è una bella bambina di otto anni che vive un dramma, spesso il suo amato papà fa con lei giochi che devono restare segreti altrimenti, l'angelo custode piangerebbe cosi forte da morirne. E in breve anche Stella e la sua mamma lo seguirebbero. In “Perché nessuno mi crede? Storia di Stella”, Massimiliano Frassi racconta la storia vera di una bambina abusata che, come tante volte purtroppo accade, percorre una via crucis dove alla prima violenza ben presto se ne aggiungono tante altre. Stella trova il coraggio di chiedere aiuto ma il padre è facoltoso, molto influente: nessuno crede alla bambina, l’uomo conquista o intimidisce chi potrebbe aiutarla. Stella comincia a essere curata come bugiarda e mitomane, i metodi sono molto discutibili e lei rischia di diventare davvero una piccola malata di mente. Gli anni passano, negli intervalli fra un elettroshock continuano le violenze paterne. Di ritorno da un ricovero Stella è ascoltata dalla madre, che finalmente mette in fila tanti piccoli indizi e infine le crede. Andranno via, ma lei è ormai vittima di comportamenti autodistruttivi e la strada per riuscire a ritrovare la voglia di vivere è troppo lunga e incerta. Stella non ce la fa. Il libro spinge a riflettere su una violenza sempre nascosta, di cui si accorge solo quando un caso eclatante visibili i suoi protagonisti. E invita a una maggiore attenzione verso parole e comportamenti di bambini spesso troppo soli.
Il libro: Massimiliano Frassi, “Perché nessuno mi crede?! Storia di Stella”, Edizioni La Zisa, Pagine 112, Euro 9,90 ISBN: 978-88-6684-018-3
mercoledì 1 giugno 2011
OSSERVATORIO A SUD SULLA LEGA NORD
PARTITO di lotta e, nello stesso tempo, di governo. Grazie a quest' ambiguità di fondo, la Lega Nord ha costruito la sua fortuna politica, non senza una buona dose di furbizia e populismo. Ma ci sono altri aspetti che stanno alla base del potere del partito politico fondato da Umberto Bossi nel 1989: zone d' ombra su cui riflettono Fabio Bonasera e Davide Romano, nel libro Inganno padano. La vera storia della Lega Nord ", un' inchiesta che svela le trame nascoste che avrebbero dato vita al Carroccio, facendone poi un partito consolidato nelle istituzioni. Già nella premessa gli evidenziano la natura anticostituzionale che sta all' origine del partito leghista. Il primo articolo dello statuto lo dice chiaro e tondo: «Il Movimento politico denominato Lega Nord ha per finalità il conseguimento dell' indipendenza della Padania e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica federale indipendente e sovrana». Queste basi sarebbero già sufficienti a mettere fuori legge le "camice verdi": qualunque movimento politico miri alla creazione di uno Stato autonomo all' interno della Repubblica italiana, dovrebbe essere perseguito penalmente. Il libro, che vanta la prefazione di Furio Colombo, ricostruisce tutta la storia leghista, dalle origini militanti di movimento di lotta alla sua consacrazione di partito di governo, raccogliendo le testimonianze scomode di chi, deluso, ha lasciato il Carroccio dopo la sua metamorfosi istituzionale.
martedì 15 marzo 2011
“C'è chi lo chiama inganno padano”
Uno dei fenomeni politici più controversi nella storia istituzionale italiana viene analizzato a partire dalla sua nascita, nel libro “Inganno padano. La vera storia della Lega Nord” (La Zisa, pagg. 176, euro 14,90) dei giornalisti Fabio Bonasera e Davide Romano. Gli autori delineano un percorso che offre lo spaccato del sistema di conduzione della politica nell'Italia del presidente Berlusconi, documentando le fasi della nascita del partito di Umberto Bossi. L'inchiesta di Bonasera e Romano mette in luce il legame di questa nuova realtà politica con la fine della Prima Repubblica, quando il bisogno di stabilità sentito dalla società civile a seguito di Tangentopoli avrebbe favorito l'infiltrazione di una mentalità secessionista, preoccupata di difendere interessi particolari contro un'istituzione Stato unitaria percepita come ambito dell'illecito emerso dalle indagini. Il volume è una raccolta di documenti e testimonianze che tracciano una mappa degli avvenimenti seguiti alla nascita del partito, concentrandosi sulle sue zone d'ombra. La prefazione è di Furio Colombo.
http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/03/01/news/c-e-chi-lo-chiama-inganno-padano-3574196
giovedì 24 febbraio 2011
“I valdesi tra Valli e Sicilia”
di Giorgio Tourn (Riforma, 22 febbraio 2011)
All’editore La Zisa di Palermo si deve la ristampa di un volume di Teodoro Balma, Il popolo della Bibbia, storia e martirio dei Valdesi, pubblicato da Corbaccio nel 1933, rifacimento di un precedente opuscolo apparso da Sonzogno nel 1929. Il volume costituisce un interessante documento della pubblicistica valdese in epoca fascista, dopo il Concordato. L’impianto è quello tradizionale, come il testo di E. Comba di quegli anni si ferma al 1848.
L’autore, Teodoro Balma, era allora pastore a Catania dove restò sino al 1946. Italo Pons nell’Introduzione, ne dà un ritratto felice, ispirato anche alla simpatia che nasce dall’aver curato la comunità catanese; personalità versatile, comunicatore nato, non casuale il suo interesse per il teatro e il giornalismo, occupò un posto tutto suo nel piccolo mondo valdese del ventennio con le sue iniziative, anche editoriali.
Può dunque essere motivo di interesse rileggere queste pagine a distanza di tempo: lo è assai più, però, analizzare questa ristampa; oltre al testo di Balma e alle pagine di Pons, essa consta infatti di una prefazione di Antonio Di Grado e delle note conclusive di Maurizio Rizzi, testi brevi ma densi di pensiero. Iniziamo da quest’ultimo; l’editore gli ha affidato il compito di redigere un sesto capitolo che, concludendo il testo di Balma, giunga al giorni nostri. Lo assolve fornendo i dati essenziali, il giudizio sui valdesi di Torre Pellice è forse un tantino eccessivo (la cittadinanza onoraria a Mussolini la diede il comune di Torre Pellice); significativo però è il fatto che il nostro autore si interroghi con partecipe riflessione sull’oggi; egli si aspetta che la Chiesa valdese «sappia coniugare la futura “Città di Dio” e la futura “Città dell’Uomo”», sappia pensare «a nuovi strumenti di comunicazione» laddove invece «ha ritardi culturali notevoli»; che sappia pensarsi «come chiesa del terzo millennio facendosi carico di problemi di natura planetaria», e divenire cioè «pienamente italiana». Non si può che concordare ma come tradurre in termini operativi questo auspicio? Il pensiero corre a formazioni politiche odierne, i cui enunciati programmatici sono raramente calati nel concreto.
Neppure Di Grado lo dice, se non enunciando il paradosso della fede che evoca a ragione, ricordando che non si trapianta la purezza dei valori, l’Evangelo, nell’impurità dei luoghi, cioè nella storia, se non nel sola fide. Ciò che colpisce però nel testo è lo sguardo con cui legge Catania, e ciò che si profila dietro di lei: la Sicilia di Bonavia, ma anche di Brancati e Sciascia, la sfinge con cui si misurano coloro che giungono «dai cieli limpidi delle Valli». E la chiave dell’operazione di cui discorriamo – la ristampa di Balma e i testi che l’accompagnano – sta probabilmente nella percezione di un valdismo siciliano, percepito, intuito, sognato? La sua polarità radicale rispetto a un valdismo nordico è evidente, ed è evidente una sua identità forte; proprio per questo è affascinante ipotizzare un confronto. E leggerli in una dialettica, come non si ha in nessuna altra regione d’Italia.
È casuale che in questo febbraio valdese si stampi e ristampi storia, ci si interroghi cioè sull’identità a Torre Pellice e Palermo?
T. Balma, Il popolo della Bibbia. Storia e martirio dei Valdesi, a c. di Italo Pons, prefaz. di Antonio Di Grado, nota di Maurizio Rizza, La Zisa, Palermo, 2011, pp. 256, euro 16, 00.
martedì 30 novembre 2010
Narrativa: “ALIENI METROPOLITANI” di AMELIA CRISANTINO
GIUSEPPE MAZZONE
“L'ultima notte prima della fine del mondo”
Edizioni La Zisa
Pagine 122
Euro 9,90
venerdì 19 novembre 2010
Una bella recensione del volume di Anna Maria Bruno “La scuola è finita” (Ed. la Zisa)
"Se la scuola è piena di colleghi serpenti" di Giancarlo Macaluso
(Giornale di Sicilia, 18 novembre 2010)
Che la scuola sia un luogo di tensioni, piccolo specchio dove si riflettono i vizi e le virtù di un Paese, microcosmo che contiene debolezze e cattiverie, slanci di generosità e cupi rancori, ciascuno di noi lo sa perché è stato studente. Ma se a dare una sbirciatina alle stanze dove il Tricolore sventola a tutela del sapere da trasmettere alle nuove generazioni è una professoressa… le cose cambiano. Spesso in peggio.
Ne esce fuori il ritratto, con tratti surreali, di una istituzione compromessa da troppe invidie, da rendite di posizione non sostenibili, da piccate reazioni e sgambetti che, alla fine, non fanno altro che danneggiare gli alunni, già disastrati di loro. Se a tutto questo aggiungete una secchiata di ironia e un ritmo serrato avrete fra le mani una bella storia come quella scritta da Anna Maria Bruno ("La scuola è finita", pp. 136, Edizioni La Zisa) che oggi pomeriggio alle 18 sarà presentata al Collegio dei Filippini di Agrigento con interventi di Massimo Muglia, Gianni Nanfa (che firma la prefazione del romanzo) ed Egidio Terrana.
La Bruno è una prof, insegna in un liceo. Il suo alter ego romanzesco è Chiara, docente che rimane avviluppata negli esami di stato da cui voleva tirarsi indietro, ma che poi accetta perché non se la sente di dire no alle sue alunne proprio nello snodo fondamentale del curriculum scolastico.
Da quel momento, tuttavia, ne accadono di tutti i colori. I membri esterni che con sadico attivismo tendono a mortificare gli sforzi degli studentelli alla prova finale, colleghi che si atteggiano a sapientoni. E la solidarietà che dalla parte opposta scatta come un meccanismo di salutare compensazione. Fra battute di spirito, situazioni paradossali, travasi di bile e qualche sorriso in soccorso dei momenti di più alta tensione quando proprio verrebbe da dire che la scuola è proprio finita. (‘GIMA’)
venerdì 5 novembre 2010
IL KILLER BUDDISTA di Amelia Crisantino (La Repubblica, domenica 31 ottobre 2010)
ALESSANDRO CITARRELLA FIORE, “I ribelli della luna”, Edizioni La Zisa, Pagine 90, Euro 8
STORIA di killer, prostitute e racket a Palermo: ma niente stereotipi, scrittura molto consapevole e controllata, atmosfera pulp e ironica al punto giusto. Ne “I ribelli della luna” di Alessandro Citarrella Fiore, la capacità di usare violenza senza starci tanto a pensare ,è il primo dei requisiti richiesti: protagonista – voce narrante è un killer alla Tarantino, che pratica la musica e ama la letteratura. Svelto di mano, insensibile solo all'apparenza, il killer Ax s'è innamorato di una prostituta di colore. Lei sta accumulando i quattrini necessari a riscattare la sua libertà, lui passa a salutarla prima di andare al lavoro. Come un qualsiasi bravo ragazzo. Al momento va ad ammazzare un paio dei nemici del suo capo, ma nel tempo libero è un non violento persino un po' buddista: il suo più grande desiderio è aiutare gli altri, fare sempre "la cosa giusta". Ax sente di essere solo uno che vive in un mondo violento, uno che vuole fare bene il suo lavoro. A tempo perso "protegge" un paio di ragazze, ma non vorrebbe mai essere uno sfruttatore. Solo, lui le protegge dai pericoli della strada. Qualche piccola guerra di mafia diventa un elettrico confronto fra gang rivali, quasi una partita a flipper veloce e tutta giocata sul filo del rasoio. Il Grande Capo si chiama 'u Panzuni, sentimentale e spietato si avvia a diventare il re della malavita palermitana. La sua scalata costerà molte vite ma, dice Ax, «ogni guerra ha i suoi eroi».
lunedì 1 novembre 2010
“La verità sul 2012” di Walter Ferreri (La Zisa). Recensione di Massimiliano Razzano (“le Stelle”, novem-bre 2010 – n. 89)
Walter Ferreri, “La verità sul 2012”, Edizioni La Zisa, Pagine 112, Prezzo € 8,90
Davvero nel 2012 finirà il mondo come hanno previsto i Maya? Alzi la mano chi non ha sentito questa do-manda almeno una volta. Chiariamo subito dicendo che non ci sono prove scientifiche di una catastrofe planetaria nel 2012. Inoltre, secondo quanto ci insegnano gli archeologi, i Maya non si sono mai sognati di far finire il mondo nel 2012 (v. Le Stelle n. 79, pp. 32-36). Tutto il fracasso mediatico intorno al fatidico anno 2012 non è altro che l'ennesima colossale bufala, come ci racconta Walter Ferreri nel suo nuovo libro.
Dove nasce la convinzione che la fine del mondo debba avvenire nel 2012, per la precisione il 21 dicembre? Senza dubbio l'idea di un "giorno del giudizio" è molto antica e se ne trovano tracce in molte civiltà, da quella ebraica fino alle varie previsioni funeste che circolavano nel Medioevo. Molti conoscono il celebre detto "Mil-le e non più Mille", creato allo scadere del primo millennio e riproposto molto più recentemente nel 1999. Per fortuna siamo ancora qui, alle prese con la prossima imminente fine del mondo, almeno secondo le previsioni di nuove teorie pseudoscientifiche. L'idea del 2012 nasce a metà degli anni '70, quanto lo scrittore Frank Waters notò in uno dei suoi romanzi che nel 2012 finiva un ciclo del calendario Maya chiamato baktun 13. Un baktun dura poco più di 394 anni, e al suo termine il calendario Maya mostra una stringa di zeri, come un contachilometri dopo una sfilza di nove. Negli anni successivi il baktun 13 è stato collegato a vari fenomeni, dagli allineamenti planetari all'incon-tro con una pioggia di corpi cometari. Libro dopo libro, anno dopo anno, la verità storica sul calendario Maya è stata quindi distorta e associata agli scenari catastrofici più improbabili, falsi ma che fanno vendere un sacco di libri. Nella prima parte del libro l'autore passa in rassegna tutti gli aspetti "astronomici" di questa ennesima profezia di catastrofe. Tra allineamenti cosmici, calendario Maya e quartine di Nostradamus, che non poteva di certo man-care in questa galleria delle bufale, l'autore ci mostra quali sono davvero gli eventi astronomici del 2012. Fra cui troviamo un transito di Venere sul disco del Sole i16 giugno, un'opposizione di Marte il 3 marzo e una "Blue Moon" nel mese di agosto. "Blue Moon" non significa che la Luna diventa blu, ma è solamente un modo di dire americano per definire la seconda Luna Piena nello stesso mese. Si parla, insomma, di eventi astronomici molto inte-ressanti ma di certo non catastrofici.
In realtà i problemi di cui dovremo preoccuparci sono ben altri, perché il cosmo può essere ben, più minac-cioso e imprevedibile. Il nostro pianeta potrebbe essere colpito ad esempio da una cometa o da un asteroide. Per farci un'idea dell'impatto di una cometa possiamo ricordare l'evento Tunguska, che il mattino del 30 giugno 1908 devastò 60 km2 di taiga siberiana. Parlando di asteroidi, ricordiamo che uno di essi potrebbe aver causato l'estinzione dei dinosauri circa 65 milioni di anni fa. Guardando al futuro, appare minaccioso l'incontro con l'asteroide Apophis nel 2036, sebbene le probabilità di un impatto siano veramente minime. Sicuramente la comunità internazionale segui-rà il percorso di Apophis nella sua orbita, e il tempo a disposizione ci fa pensare che saremo in grado di combattere questa eventuale minaccia futura. Vi sono poi eventi improvvisi e non prevedibili, come l'esplosione di una supernova, che sarebbe letale se esplodesse entro circa 60 anni luce di distanza da noi. Al momento non cono-sciamo stelle così vicine pronte a esplodere, ma dobbiamo comunque ricordarci che nell'Universo possono esserci esplosioni ben più potenti, come i famosi lampi gamma, che potrebbero diventare molto pericolosi in caso di esplosioni ravvicinate. Parlando di catastrofi globali, non dobbiamo dimenticare le minacce dal sottosuolo, come ter-remoti ed enormi eruzioni. A questo proposito basta ricordare che il Parco Naturale di Yellowstone si trova al di sopra di un'immensa caldera vulcanica di circa 70 km di diametro. Sono proprio queste minacce cosmiche l'argomento della seconda parte del libro, che passa in rassegna le attuali conoscenze scientifiche su quella che potrebbe davvero essere la fine del mondo ma non nel 2012 bensì in un remoto futuro.
Walter Ferreri è ben noto ai nostri lettori e non ha certo bisogno di presentazioni. Astronomo dell'Osservatorio di Pino Torinese e consulente scientifico di "Nuovo Orione", la rivista "cugina" de Le Stelle, svolge da anni un'attività divulgativa di primo piano. Con questo nuovo libro Ferreri ci regala un esempio della sua capacità di divul-gatore, utilizzando il 2012 come spunto per raccontarci temi scientifici di grande interesse come le catastrofi planetarie di origine astronomica. Una lettura sicuramente piacevole, con la quale potremo rassicurare amici e parenti ter-rorizzati dal 2012. E magari farli riflettere sulle reali catastrofi cosmiche che minacciano il nostro piccolo pianeta azzurro.
lunedì 6 settembre 2010
“Il maestro del sonno eterno” (La Zisa), recensione di Davide Romano
Quando si pensa alle mummie si pensa immediatamente alla storia egiziana. In realtà l'arte della mummificazione e quella dell'imbalsamazione sono ancora oggi oggetto di ricerca e studio. La speranza di contrastare la morte impedendo al tempo di deteriorare la forma e l'aspetto dei corpi dei defunti, è stato e continua a essere il sogno di molti ricercatori. Un sogno che Alfredo Salafia, imbalsamatore palermitano del secolo scorso, non solo ha sognato ma ha fatto divenire realtà, con la perfezione e la resistenza delle sue mummie. Il simbolo del lavoro di Salafia è rappresentato da Rosalia Lombardo, una bimba morta ad appena due anni, il cui corpo ancora oggi è perfettamente conservato nelle catacombe di Palermo, di cui la piccola mummia è l'emblema. L'eccellente conservazione della piccola, dopo quasi un secolo dalla sua morte, la fa ritenere una delle più belle mummie del mondo. Ma cosa si cela dietro a tanta perfezione, qual'è il segreto che Salafia ha cercato di portare con sé dopo la sua morte? Dario Piombino-Mascali, attraverso il suo saggio “Il maestro del sonno eterno”, cerca di rispondere a queste domande, raccontando la storia di Salafia e delle sue mummie eccellenti. Il saggio è frutto di accurate ricerche, che hanno portato l'autore a ricostruire la vita del noto imbalsamatore e di scoprire il segreto del suo “Fluido della perfezione”. L'arte di Salafia era conosciuta e apprezzata ancor prima del lavoro svolto su Rosalia Lombardo, infatti tra i suoi lavori l'imbalsamatore poteva vantare di aver operato su corpi di personaggi illustri, quali Francesco Crispi e Giuseppe Pitrè. La fama è tale in patria che Salafia esporta il suo metodo in America, con ottimi risultati. Fino a quel momento l'imbalsamazione prevedeva l'uso di sostanze chimiche pericolose, o di più interventi da effettuare sui cadaveri. Il metodo di Salafia si contrappone al passato per la sua semplicità, un'iniezione intravascolare che elimina dal corpo del defunto i segni della morte. Ma Salafia non è un medico, non ha una preparazione accademica, è più un artista che mischia chimica e creatività. Il suo lavoro non consiste solo nel permettere la conservazione dei corpi, ma soprattutto nel renderli belli. Un riscatto per i familiari, poter guardare la morte in faccia e trovare un volto sereno, addormentato, un ricordo gentile. E proprio “Consuetudine gentile” si chiama l'opera autobiografica di Salafia, un titolo che sottolinea l'importanza del suo lavoro. L'autore rivela anche l'ingrediente che ha reso il suo fluido così efficace, protagonista di un lungo dibattito ancora attualissimo. Questo libro svela una leggenda che ha affascinato tanti ricercatori e turisti, tuttavia oltre la leggenda resta sempre la figura di Rosalia Lombardo, la “bella addormentata” delle catacombe di Palermo.
Dario Piombino-Mascali, “Il maestro del sonno eterno”, La Zisa Editore (www.lazisa.it), 128 pp, euro 12,00
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
mercoledì 1 settembre 2010
“UN MISCELINO PER ROSA”, EDIZIONI LA ZISA
di Giovan battista Scaduto
(Cronache Parlamentari Siciliane, Anno IX - n. 12 - 30 giugno 2010
Quindicinale dell’Assemblea Regionale Siciliana)
La cronaca di una vita in un periodo di sconforto recato dal distacco dalla moglie.
Sergio Cristoforo Infuso nasce a Sommatino il 24 luglio del 1954, ma non è un errore definirlo un “palermitano”. La sua energia esprime giorno dopo giorno l’impegno di chi ha deciso che cambiare
in positivo la società in cui si vive è possibile. Il romanzo “Un miscelino per Rosa” è passione, analisi e storia di gioie ed amarezze. Si racconta un mondo che dona emozioni ed a volte reca dolori, ma che riesce sempre a fornire sorprese atte ad entusiasmare,una continua sfida a migliorarsi anche nelle avversità. Miscelino è un “neologismo” coniato direttamente da Rosa, moglie di Sergio, prematuramente scomparsa ed in grado di trovare conforto nei momenti di dolore causati dalla malattia con un massaggio alla spalla, amorevolmente compiuto dai suoi cari, in vicinanza del polmone destro.
In questo passaggio si riassume la forza espressiva che caratterizza lo scritto d’Infuso, “Un miscelino per Rosa”, divenuto fortuitamente libro, è cronaca di una vita in un periodo di sconforto recato dal distacco dalla moglie con cui Sergio ha costruito una storia d’amore intrisa di valori e dal gusto forte di sentimenti veri, oggi perduti. Tutto deve trasformarsi in ricordo della moglie, della sua sensibilità, del suo essere sempre presente e amorevole con i familiari. Sergio, “autore per caso”, scopre una memoria storica che riteneva di non possedere e che di fatto servirà a delineare un’appassionante cronaca di vicende legate ad un grande impegno sociale che rimarrà indelebile reminiscenza di Rosa in particolare per i suoi adorati figli.
Gli scritti, avendo lo scopo di riaprire archivi ormai riposti, avranno la capacità di sanare la tristezza di Sergio Infuso, crollato nella disperazione per la morte della compagna di sempre, ma ora fiero di ricostruire eventi e di materializzare immagini da mostrare soprattutto ai propri figli, abituati ad essere gentilmente vezzeggiati dalla mamma e di colpo divenuti adulti e capaci di superare con maturità gli eventi della vita.
Il libro viene redatto in un anno ed è un esempio mirabile di scorrevolezza, cui si aggregano vicende che riescono a catturare il lettore con un’abilità che parrebbe quella di un navigato scrittore dalla cospicua produzione. Sergio, dipendente dell’Assemblea regionale siciliana, è attivo in ambito politico e di volontariato, ma è soprattutto per tanti un caro amico, fonte di saggezza e signorilità.
martedì 31 agosto 2010
“LA GRANDE CRISI DEL ’29 (LA ZISA), recensione di Davide Romano
“La grande crisi del ‘29” ripropone una pagina complessa, e quanto mai attuale, della storia americana. Il 1929 e la crisi di Wall Street non rappresentano solo una macchia luttuosa della storia contemporanea, ma anche la prima vera incrinatura di un sistema considerato perfetto. Spesso i libri che parlano di storia e si danno aria di “saggi” finiscono per diventare noiosi. Sicuramente questo non è il caso del libro di Ugo Pettenghi, che con uno stile semplice e discorsivo porta il lettore a immedesimarsi con i piccoli risparmiatori. Pettenghi, cronista di altri tempi, non spiega ma racconta ,attraverso gli occhi abbagliati di tanti americani, la fine di un sogno chiamato capitalismo. Durante il mandato di Hoover la borsa, gonfiata da titoli fantasma e da falsi bilanci, tracolla il 24 ottobre 1929, lasciando il “paese dei miracoli” con milioni di disoccupati, migliaia di aziende chiuse e tanti risparmiatori sul lastrico. L’occhio del cronista focalizza la sua attenzione sui cittadini americani, su come fossero diventati patiti di Wall Street e del suo gioco, unico svago legale al tempo, visto il proibizionismo. Di come fossero pronti a vendersi per le strade, dopo aver scoperto che le proprie azioni erano diventate pezzi di carta senza alcun valore. Ma come ricorda Pettenghi “… quasi sempre lo schiavo bianco restava senza compratore…”. Il disastro del 1929 non si limita all’America, ma trascina dietro di sé un’Europa distratta e piena di debiti, che porterà al trionfo Hitler e Mussolini. Non manca una critica di sottofondo alla fine del libro, che Pettenghi dedica alle vicende di Sam Insull, unica testa considerata responsabile del crollo del 1929: un uomo inseguito per anni dalle forze dell’ordine americane, con due milioni di nemici lasciati in patria. Tuttavia questo libricino lascia l’amaro in bocca per un altro motivo, e cioè che leggendolo sembra di ascoltare un telegiornale recente. Nella speranza che l’uomo faccia la storia, ma che la memoria faccia l’uomo.
Le Edizioni La Zisa aderiscono ad "Addiopizzo" e a "Libera" di don Ciotti e tutti i volumi pubblicati sono certificati "pizzo free".
Ugo Pettenghi, “La grande crisi del ’29. Una storia che si ripete”, Prefazione di Nino Amadore, Con una nota di Michelangelo Bellinetti, Edizioni La Zisa, pp. 80, euro 9,90
lunedì 23 agosto 2010
“QUANDO LA NOTTE SOGNAVAMO BRIGITTE BARDOT (LA ZISA)” di Davide Romano
Molti autori hanno raccontato la loro gioventù in un romanzo, grandi o piccoli percorsi di formazione che portano alla maturità o alla consapevolezza. La gioventù bruciata è quella che va per la maggiore con le sue storie al limite che catturano l’immaginazione del lettore. Nel caso del primo romanzo di Manlio Elio Massara, “La notte sognavamo Brigitte Bardot”, ci troviamo all’opposto. L’autore racconta la sua gioventù attraverso la rilettura di vecchie lettere, scoprendone la normalità e le occasioni perdute. Una gioventù fatta di piccole cose, di Palermo, degli anni ’60 e di tutte quelle fughe che un uomo comune affronta per considerarsi libero. Al ritmo dei suoi respiri il protagonista Elio scopre di non poter cambiare il mondo, ma le donne cambiano lui, allo stesso ritmo dei viaggi imposti dalla leva o dal bisogno di evasione. Anche ritrovare tutte quelle lettere non spedite, ridicole, in cui ci si credeva forti nel provare qualche sentimento già utilizzato milioni di volte. Un libro che è una somma scrupolosa di tutto ciò che si è trascurato, un bisogno di riordinare le idee in testa, come le lettere in uno scatolone dimenticato. Alla fine il caso guida la sorte, un lavoro che non si era cercato, una donna che non si aveva conosciuto, gli amici che vanno e vengono, i punti cardinali di una vita qualunque che le danno sostanza. Brigitte Bardot, ricordata anche nel titolo, diventa il simbolo dei sogni fatti solo per essere sognati, prima di accorgersi di essere già nel mezzo della propria vita. L’autore, attraverso la sua esperienza, elogia la normalità e l’uomo, due elementi che nella maggior parte dei casi si incontrano. Un’occasione per il lettore di ritrovare il passato e riviverlo, con il gusto della sicilianità e con l’ironia di chi guarda un vecchio album di fotografie. Un libro consigliato a chi ricorda, a chi non riesce a ricordare e a chi sta costruendo i suoi ricordi. E poi è sempre piacevole pensare a Brigitte Bardot nel film “La ragazza del peccato”.
Manlio Elio Massara, “La notte sognavamo Brigitte Bardot”, Edizioni La Zisa, pp. 176, 9,90 euro
martedì 9 marzo 2010
L'IMBALSAMATORE CHE FINI' IN UN MUCCHIO DI CENERE. UN LIBRO DELLE EDIZIONI LA ZISA NE RACCONTA LA STRAORDINARIA VICENDA UMANA
(LA STAMPA - VENERDÌ 5 MARZO 2010)
L'IMBALSAMATORE CHE FINI' IN UN MUCCHIO DI CENERE
di LAURA ANELLO - PALERMO
Nella città che ha generato Cagliostro, il mago della truffa e dell'impostura, molti dubitavano che quella bambina addormentata da novant'anni fosse di carne e di ossa. È di cera, è una bambola, è una replica recente, è frutto di un incantesimo, peggio, di una diavoleria. Tutto si è scritto su Rosalia, l'ospite più celebre delle catacombe dei Cappuccini di Palermo, dove centinaia di corpi sono esposti a sfidare titanicamente il tempo e i suoi sfregi. L'incursione più choccante e profonda nella sicilianità che odora di muffe, di incenso e di morte.
E invece Rosalia Lombardo, spirata i16 dicembre 1920, una settimana prima di compiere due anni, è «la più bella mummia del mondo, superiore a quelle di Lenin e di Evita Peron, un capolavoro assoluto». Parola di Dario Piombino-Mascali, il ricercatore dell'Istituto Eurac di Bolzano che ha appena portato alla luce la storia del suo autore - Alfredo Salafia, classe 1869 - e i segreti del suo «Fluido della Perfezione», finora sconosciuto. Non un prodigio, ma una miscela di glicerina, formalina, zinco, alcol saturo di acido salicilico.
La storia l'aveva dimenticato, Dario Piombino-Mascali l'ha disseppellito, interpellando i pronipoti, mettendo le mani sulle sue memorie incompiute (titolo: «Nuovo metodo speciale per la conservazione del cadavere umano allo stato permanentemente fresco»), seguendone la storia fino alla tomba. Gli esiti della ricerca sono finiti in un libretto agile e a tratti sbalorditivo, “Il maestro del sonno eterno” (Edizioni La Zisa), tributo a un uomo che ha dedicato la sua vita alla «consuetudine gentile di tramandare alla posterità intatte le sembianze dei nostri più cari».
Uno scienziato (anche se i suoi studi di chimica e anatomia furono da autodidatta), ma anche un artista. Il suo momento di gloria con la «rimessa in forma» del cadavere dello statista siciliano Francesco Crispi, morto nell'agosto 1901 a Napoli e sottoposto lì a un procedimento non efficace. «Salafia, nove mesi dopo, gli fece una serie di iniezioni sottocutanee - racconta Piombino-Mascali -: riempì di paraffina disciolta in etere le porzioni temporali e le guance, sostituì i bulbi oculari con protesi vitree, rimodellò naso, orecchie e labbra, chiuse la bocca, reinnestò capelli e baffi ormai caduti». La vedova era strabiliata.
Tre mesi dopo, nell'agosto 1902, quel cadavere sul catafalco faceva un figurone. E così in tutte le commemorazioni successive in cui il povero corpo-feticcio veniva mostrato al pubblico: nel 1904, nel 1905, nel 1910 e ancora nel 1914. Inorriditi? Già. Adesso è difficile parlare di morte, superare la rimozione collettiva, vincere il tabù. Ma dagli antichi Egizi agli anni Trenta del Novecento le cose sono andate diversamente, attraverso tecniche di pietrificazione, eviscerazione, disidratazione, bendaggi. «Un'arte millenaria - dice Piombino-Mascali - interrotta con le due guerre mondiali, quando le perdite umane all'ordine del giorno segnano una caduta di interesse verso i costumi funebri, verso la dignità del corpo».
Da Crispi in poi, per le mani di Salafia, passarono prelati, aristocratici e altoborghesi, mentre i poveracci continuavano a finire nelle fosse comuni senza alcun maquillage. Inevitabile allora nel 1909, lo sbarco a New York, dove l'imbalsamatore fondò una società, garantendo pure il servizio «soddisfatti o rimborsati». Qui congreghe di scienziati e cassamortari si stupirono compiaciuti dei prodigi del professore, ispezionando cadaveri ed eccependo su colorito, consistenza, aspetto. Parabola veloce, che si concluse nel 1912. Poi il ritorno in Sicilia e altri corpi da eternare.
Tra questi, Rosalia, la bambina delle catacombe. La sua radiografia rivela la presenza di tutti gli organi interni, di una struttura ossea intatta e pure di una boccetta di vetro collocata dietro la testa, probabilmente riempita di illuministici elisir di lunga morte, sostanze anti-muffa. Sulle cause della sua fine è ancora mistero: nel verbale necroscopico si parla di broncopolmonite, ma altre testimonianze si dividono tra difterite e tifo addominale.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
«Se fosse stata difterite - scrive Piombino-Mascali - l'imbalsamazione del corpo sarebbe stata vietata dal regolamento igienico-sanitario del tempo. La causa di morte, quindi, fu forse ridimensionata per conservare per sempre il corpo della piccola». Per Salafia la morte non fu meno inattesa: arrivò il 31 gennaio 1933, tre mesi dopo le sue seconde nozze, per emorragia cerebrale. Aveva 62 anni. Delle sue spoglie, esumate nel 2007, non era rimasto quasi nulla: pochi frammenti dentro un abito blu. Cenere di cenere.
L'autrice:
LAURA ANELLO VIVE A PALERMO E SCRIVE PER «LA STAMPA» DI CRONACA, COSTUME E CULTURA. E' AUTRICE DI «AMORE DI MADRE», DEDICATO ALLA MADRE DI FULVIO FRISONE, IL FISICO NUCLEARE CATANESE IN SEDIA A ROTELLE DALLA NASCITA, DALLA CU I STORIA È STATA TRATTA UNA FICTION RAI.