Visualizzazione post con etichetta saggio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta saggio. Mostra tutti i post

sabato 13 luglio 2013

In libreria: Mario Moncada di Monforte, “La terra promessa Speranza o illusione?”, Edizioni La Zisa, prefazione di Salvatore Carrubba, pp. 304, euro 15


In questo romanzo, che per le riflessioni del protagonista è anche qualcosa di più di un romanzo, i fatti sono raccontati direttamente da Eugenio che li inquadra nelle vicende del suo tempo e li accompagna con le sue considerazioni, le sue speranze, le sue delusioni. Lungo la sua vita, da un’iniziale, quasi esclusiva, riflessione sulle vicende palermitane e siciliane, i fatti e le esperienze allargano l’attenzione del protagonista agli eventi e alle situazioni dell’Italia, dell’Europa e del mondo fino a fargli raggiungere un panorama che guarda all’umanità nel suo insieme. Eugenio è consapevole dell’insignificanza delle vicende della sua vita di cui limita i ricordi solo a qualche evento più significativo. La sua attenzione è rivolta soprattutto a quanto accade attorno nel contesto globale nel quale ricerca prospettive che lascino aperto l’orizzonte per quella speranza universale che è nella cultura ricevuta dalla madre. In conclusione, quanto ho scritto non è soltanto un romanzo né un romanzo storico sugli eventi degli ultimi settantacinque anni in Europa e nel mondo. Quello che viene proposto è un tentativo di cogliere, lungo la vita di un protagonista, il senso complessivo degli avvenimenti mondiali nella prospettiva dei rapporti fra le genti, le culture e le economie. [...] In queste pagine, nell’analisi della successione degli eventi dell’ultimo secolo, per tentare di precisarne i progressivi sviluppi, ho ritenuto utile riprendere argomenti di altri miei lavori che, in fondo, erano seme di una ricerca costante: capire la fondatezza della speranza umana di raggiungere la “terra promessa”. (dall’Introduzione dell’autore)

Mario Moncada di Monforte si è formato culturalmente presso la Olivetti di Ivrea, in quella irripetibile atmosfera creata dall’umanesimo di Adriano Olivetti e dall’impegno civile e culturale di Paolo Volponi. Dopo il 1967 ha costituito e diretto in Sicilia le prime aziende siciliane di informatica. È socio fondatore e membro del Consiglio direttivo di “Salvare Palermo”, fondazione onlus per la tutela del patrimonio culturale e ambientale palermitano. Studioso di problemi storico-sociali, utilizza un’attenta informazione per guardare agli avvenimenti del nostro tempo con un realismo costruttivo che non dimentica l’eroica fragilità della dimensione umana. Ha pubblicato i seguenti saggi: La nazione siciliana (Palermo, 1973); L’uomo totale (Palermo, 1996); Occidente senza futuro (Roma, 1998); Palermo domani (Palermo, 2000); Israele, fine della speranza? (Roma, 2002); Guerra al terrorismo? (Roma, 2003); Vite parallele: Giuseppe Mazzini e Osama Bin Laden (Roma, 2005); Palermo umiliata (Palermo, 2007); Israele, un progetto fallito (Roma, 2009); Israele, uno Stato razzista (Roma, 2010); e il romanzo La profezia del Gattopardo (Roma, 2011). Nel 2012 gli è stato attribuito il 50° Premio Calabria per il libro Israele, un progetto fallito.


Il Premio Calabria di letteratura e giornalismo è nato nel 1963 ed ha rappresentato il momento conclusivo di quell’annata letteraria. Il Premio nasceva nella considerazione che in una terra isolata e individualista, com’era la Calabria, la premiazione dei soli calabresi avrebbe accentuato il distacco dalle altre realtà nazionali. Fin dal suo avvio, il Premio Calabria ha ricevuto lusinghieri consensi in Italia e all’estero per l’azione di attenta ricerca di nuovi e valenti autori fra i quali è indicativo ricordare il Premio conferito nel 1966 ad Heinrich Böll che dopo, nel 1972, ha ricevuto il Premio Nobel. Non meno rilevante il Premio riconosciuto nel 1999 al Nobel Ilya Prigogine. Nel 1967, il Premio Calabria fu assegnato a Leonida Répaci, continuando ad arricchire una galleria di premiati di tutto rispetto sul piano nazionale e su quello internazionale. Fra gli studiosi siciliani si devono ricordare, fra gli altri, il Premio del 1978 conferito al giornalista scrittore Giuseppe Fava e quello del 1997 allo storico Francesco Renda. Nel 2012, anno del cinquantenario, il Premio Calabria è stato attribuito all’autore.

giovedì 23 maggio 2013

In libreria il saggio di Romina Mazzara, “Trieste, una principessa che si mangia le unghie”, Ed. La Zisa, pp. 112, euro 10



“Trieste, una principessa che si mangia le unghie” è un saggio concepito come un romanzo e insieme come la più sentita delle dichiarazioni d’amore per Trieste, che l’autrice definisce sua città dell’anima, e per tutto quello che per lei Trieste significa, attraverso l’analisi, il più possibile appassionata e mai troppo scientifica, di tre personalità fuori dal comune, che in modo ugualmente fuori dal comune hanno raccontato e in un certo qual modo tentato di “salvare” Trieste: Mauro Covacich, Jan Morris e Anita Pittoni. Questo romanzo-dichiarazione d’amore è stato scritto in una settimana: Romina Mazzara non ha ancora capito (e se lo domanda spesso!) se Trieste può esserne davvero orgogliosa.

Romina Mazzara ha trentun’anni, ma vorrebbe averne ancora venticinque, perché dice che suona meglio, una laurea cum laude in Lettere e un’insana passione per Madonna, Sex and The City , il mare, la lavanda, i lampioni antichi, i viaggi con gli amici, i trolley consumati e il profumo del caffè. Adora fare colazione, insegna, scrive da quando aveva sei anni e ha un fratello in cielo e un fratello e una sorella d’anima, un gatto che si crede un cane e una famiglia che, ricambiata, adora. Ha conosciuto Trieste a 18 anni, c’è andata la prima volta a 24, e da allora non si è ancora fermata: per una nomade come lei, nulla come il nessun luogo può essere la migliore delle case.

martedì 6 dicembre 2011

Arriva in libreria: Pietro Piro, “Uno sguardo sul dominio borghese. Un breve scritto politico”, Ed. la Zisa, Pagg. 80, euro 9,90


Partendo da riflessioni sulla società contemporanea, questo breve saggio analizza con lucidità le caratteristiche della borghesia, gruppo sociale complesso e cangiante protagonista indiscusso della storia degli ultimi secoli. Visioni, bisogni, miti, stili di vita e lati oscuri vengono esaminati con cura a partire da una prospettiva rassegnatamente borghese ma con l’auspicio di “offrire punti d’appoggio per una rivolta che viene”. Secondo Piro, infatti, è necessario frenare l’attuale deriva “borghesizzante” del mondo, colpevole di portare avanti un’azione opacizzante e pervasiva della realtà. Tuttavia, la rigenerazione passa anche e inevitabilmente per la presa di coscienza della degenerazione, quindi la rottura può essere possibile solo dall’interno e non prima d’aver osservato confini ed entità dei domini da scardinare. Scriveva Groethuysen: “Il borghese non è nulla di definitivo”.

Pietro Piro nasce a Termini Imerese nel 1978. Laureato in Filosofia all’università di Urbino, è dottorando di ricerca in “Sistema dei Partiti e Comunicazione Politica” presso l’università “Kore” di Enna e la UNED di Madrid. Svolge attività di ricerca presso il fondo filmico della Filmoteca Española di Madrid e il CIDHE (Centro di Ricerca sulla Democrazia Spagnola). Ha studiato Scienza delle Religioni a Urbino, dove si è perfezionato in “Scienze antropologiche delle Religioni”. Ha pubblicato, tra l’altro: “Le prime luci dell’alba. Materiali di Storia delle Religioni” (2009); “Le prime luci dell’alba a Oriente” (2011), “La peste emozionale, l’uomo-massa e l’orizzonte totalitario della tecnica” (2011). La sua opera poetica comprende: “I versi del poeta sono da buttare” (2000); “La bambola e il mitra. Come educai la mia lingua alla rivolta. Poesie 1995-2010” (2010); “Confino ed Esilio. Materiali Poetici 1997-2007” (2010).

lunedì 8 novembre 2010

“Il volto nascosto della Lega Nord” di Maurizio Rizza


Da lungo tempo nutrivamo il sospetto che dietro il volto efficientista dei massimi dirigenti della Lega Nord si nascondesse una faccia arruffona e affaristica come eravamo abituati a vedere nel nefasto cinquantennio della cosiddetta Prima Repubblica.
La rozzezza del linguaggio, il parlare a vanvera di una mitica ed inesistente Padania, la semplificazione della politica a chiacchiericcio da osteria, l’ossessiva e petulante difesa degli interessi del proprio territorio come se fosse un affare privato, le camicie e i fazzoletti verdi che ricordano altre camicie di più cupo colore del famigerato Ventennio, gli attacchi ai diversi comunque essi siano (omosessuali, rom, africani, asiatici, ecc.), certe manifestazioni di dubbio gusto come gli elmi cornuti, l’ampolla d’acqua del dio Po e altre simili idiozie, lasciavano il dubbio che dietro a tutta questa messinscena cialtronesca si celasse soltanto il vuoto delle idee, come in effetti è, e che il farsi e sentirsi parte di quella gente del Nord che ancora si crede in diritto di dare lezioni di operosità e correttezza al resto del Paese e soprattutto a coloro che abitano da Roma in giù, non fosse nient’altro che un bisogno di consolidare una comune identificazione tra partito e popolo che pure di per sé non è un atto sbagliato, se preso con le dovute cautele e i necessari distinguo.
Una classe dirigente è tale solo quando si propone di educare, correggere e migliorare gli uomini e le donne che la seguono, e non si limita soltanto a raccoglierne gli umori, i vizi e le paure amplificandone a dismisura i contenuti fino a farli diventare verità incontrovertibili.
Fosse stato solo questo, ne avremmo riso amaramente, compiangendo magari la triste decadenza di quel Nord illuminato, tollerante e industrioso a cui guardiamo ancora con orgoglio, simpatia e, perché no, con un pizzico di riconoscenza. Ma ora abbiamo la conferma che il marcio si annida anche tra gli istrioneschi emuli di Alberto da Giussano. Ci è bastato leggere un documentatissimo libro di due giornalisti siciliani Fabio Bonasera e Davide Romano (Inganno padano. La vera storia della Lega Nord, La Zisa, 2010, pp. 176, € 14,90) per trovare conferma a quelle che erano solo delle vaghe supposizioni.
Veniamo così a sapere, e ce lo confermano ex militanti della Lega da lungo tempo fuoriusciti o forzatamente allontanati, di operazioni finanziarie mal condotte che sono costate fior di quattrini a tanti ingenui militanti, di imbrogli pagati con i soldi pubblici, di scandalose pratiche di nepotismo che noi meridionali conosciamo benissimo e di cui pensavamo di avere, purtroppo, l’esclusiva, di meschine gelosie e rivalità indegne di un partito che agli inizi si era presentato come moralizzatore del costume politico nazionale, della occupazione di spazi di potere come la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista avevano, ma con ben altro profilo, rastrellato per decenni, di abusi piccoli e grandi di amministratori pubblici, e di altre consimili nequizie che soltanto coloro che hanno frequentato o frequentano le segrete stanze del Carroccio conoscono perfettamente.
Ci spieghiamo anche il repentino voltafaccia di Bossi nei confronti del cavalier Berlusconi, in un primo tempo accusato di essere mafioso, e poi diventato un inossidabile alleato. È una storia pirandelliana, che dietro alla concessione di un prestito per il pagamento di un debito non soluto col rischio di finire in carcere per bancarotta fraudolenta, sottintende una mutua propensione al ricatto: io ti tengo in pugno perché se mi tradisci ti sputtano di fronte ai tuoi elettori che ti faranno a pezzi e in più ti concedo certe libertà nella tua Padania, dice l’uno; e l’altro, io se ti faccio mancare i miei voti in Parlamento ti getto in faccia ai giudici che ti vogliono processare, ma ti concedo di farti le leggi in favore del tuo impero economico, che se non ti mettevi in politica si sarebbe sciolto come neve al sole. Uno scambio di cortesie, ma non fra gentiluomini. Parole non scritte, ovviamente; soltanto pensieri che ciascuno dei due conosce perfettamente.
Due tipi così non possono non essere alleati, e lo saranno sempre perché tanto hanno da perdere camminando separati e al contrario molto da guadagnare finché riusciranno ad imbonire con le loro facezie una larga fetta di elettorato facile a farsi sedurre da promesse mirabolanti o da favori assai remunerativi. Tutto il resto: lo Stato, i cittadini, il federalismo (sempre ammesso che sia questa la soluzione dei mali del nostro Paese, della qual cosa ne dubitiamo profondamente), la Padania sono soltanto frottole per gonzi abilmente centellinate per tenere stretti a sé i propri elettori. Quello che realmente conta è l’impunità e il tornaconto per sé, per i loro parenti e gli amici più stretti.
Qualcuno obietterà che l’origine meridionale di Bonasera e Romano è sospetta di partigianeria, altri diranno che le fonti di cui si sono serviti per stendere il loro volume sono certamente da ascriversi all’odiato comunismo nostrano, o che le testimonianze raccolte sono inficiate dall’astio personale covato dai transfughi del Carroccio (Fabrizio Comencini, Gianfranco Biolzi, Ettore Beggiato). Siamo pronti a scommettere. E siamo pure pronti a scommettere che milioni di elettori presteranno fede ai tanti corifei di lor signori. Di asini coi paraocchi sono piene le strade.
Va da sé che non tutto quanto hanno scritto i due autori è pienamente condivisibile.
Ogni autore sa bene però che potrà essere criticato, che le sue parole potranno essere accolte con riserva, o completamente rigettate. Fa parte delle regole del gioco. È una questione di libertà, che è innanzi tutto rispetto reciproco dei ruoli. Purtroppo nel nostro Paese sono tanti coloro che delle regole democratiche fanno giornalmente carneficina. Il dissenso o la semplice critica possono diventare un delitto di lesa maestà, con tutte le conseguenze che ne possono derivare in termini di dileggio, ostracismo e, nel peggiore dei casi, di distruzione morale del dissenziente.
Ma tant’è. Così vanno le cose nell’Italia di Bossi e Berlusconi. E se non c’è da stare allegri, da quando l’opera di normalizzazione del pensiero va raccogliendo i suoi frutti avvelenati, è anche vero però che proprio in ragione di ciò abbiamo bisogno, un disperato bisogno, di scrittori, intellettuali, giornalisti che, rifuggendo dai comodi e gratificanti vantaggi che offre l’omologazione culturale, preferiscono raccontare la realtà anche nei suoi lati più oscuri, rischiando in prima persona, specialmente quando si indaga nei meandri oscuri del potere: e quello odierno è uno dei peggiori che l’Italia ha conosciuto dai tempi dell’unificazione.
La verità è sempre rivoluzionaria, diceva qualcuno: è una massima vera e sempre attuale, che prima o dopo trova la forza di riemergere dalle nebbie della mistificazione, dell’inganno e dell’oscurantismo forzato. Ecco perché, per il bene di tutti, settentrionali e meridionali, dobbiamo essere grati a Fabio Bonasera e Davide Romano di averci svelato, in questo libro, il volto nascosto della Lega Nord. È una piccola pietra, una delle tante piccole pietre che possono far crollare il massiccio castello del centro-destra italiano. Del resto, sono le piccole pietre che cambiano la storia.

Fabio Bonasera e Davide Romano, "Inganno Padano. La vera storia della Lega Nord", Prefazione di Furio Colombo, Edizioni La Zisa, pagg. 176, euro 14,90

lunedì 30 novembre 2009

Palermo 3 dicembre, Presentazione volume "Vincoli d'onore. Storie e uomini di mafia tra New York e Palermo" di Giuseppe Incandela, ed La Zisa


Giovedì 3 dicembre
ore 18,00
Libreria Broadway
di via Rosolino Pilo, 18
a Palermo
presentazione del libro di

Giuseppe Incandela
“Vincoli d’onore. Storie e uomini di mafia tra New York e Palermo”
ed. La Zisa, pp. 180, euro 12
http://www.lazisa.it/

Molte tragiche vicende criminali che nell’ultimo sessantennio hanno occupato le prime pagine dei notiziari non solo nazionali, trovano la loro origine nel rinnovato patto tra la mafia siciliana e quella americana siglato nei primi anni del secondo dopoguerra. Soprattutto il traffico degli stupefacenti, per gli ingenti profitti che esso procura, ha messo in crisi vecchi e consolidati assetti delinquenziali, provocando di conseguenza una lunga catena di omicidi, sia all’interno delle famiglie mafiose, che nei confronti delle componenti istituzionali più determinate nella lotta al crimine organizzato. Di volta in volta, l’alleanza tra le due mafie, nonostante le differenze strutturali che le contraddistinguono, è servita anche di valido supporto nelle fasi critiche che entrambe hanno attraversato. In ultimo, gli USA sono diventati terra di esilio dei boss fuggiti dalla Sicilia all’indomani della guerra scatenata tra i clan negli anni ‘80. Il paventato ritorno degli “scappati” nell’isola sta però determinando un nuovo scontro tra favorevoli e contrari, i cui sviluppi ulteriori al momento attuale non è facile prevedere.

Giuseppe Incandela vanta al suo attivo una lunga esperienza giornalistica iniziata quarant’anni fa sulle colonne del quotidiano palermitano L’Ora, e proseguita con la collaborazione alla sede palermitana dell’Agenzia Radiocor, diretta da Mauro De Mauro, a TVR Sicilia e al VideoGiornale. Attualmente conduce due rubriche sui canali del Centro Televisivo Palermitano. Tra le sue numerose pubblicazioni, si ricordano: Piero Gobetti e la Rivoluzione liberale (1961); I cattolici nella politica italiana dal 1919 al 1924 (1963); La politica delle chiacchiere (1966); Dalle strade alla storia (1966); Sospetti e veleni (1989); Gli anni che sconvolsero Palermo (2004); Il lungo fiume di sangue (2006); Anni Ottanta. Attacco della mafia allo Stato (2007); Morte di un Presidente. Inchiesta sul delitto Mattarella (2009).

I diritti d'autore del libro verranno devoluti all'associazione "Addiopizzo"

giovedì 5 novembre 2009

Palermo 6 novembre, Margherita Hack presenta il volume “Lucean le stelle. Cenni di storia dell’astronomia di Sicilia”, ed. La Zisa


Palermo 6 novembre, Margherita Hack presenta il volume “Lucean le stelle. Cenni di storia dell’astronomia di Sicilia”, Prefazione di Margherita Hack, (ed. La Zisa, pp. 224, euro 16)

Ore 17,30 La professoressa Hack presenterà il volume di Pippo Battaglia presso la libreria "Fetrinelli" di via Cavour n. 133 (tel. 091.781291 - fax. 091.320807).
Ore 21,00 L’illustre cattedratico consegnerà la targa “Giuseppe Piazzi” per la divulgazione scientifica al prof. Sebastiano Tusa. Nell’ambito delle stessa serata, dopo la presentazione del giornalista Davide Romano del volume di Pippo Battaglia, la Hack terrà una conferenza dal titolo: “Gli asteroidi e la scoperta del primo asteroide Cerere”. L'iniziativa avrà luogo presso l'Auditiorium della Rai Sicilia di viale Strasburgo, 19.

Il libro: “Lucean le stelle. Cenni di storia dell’astronomia di Sicilia”, Prefazione di Margherita Hack, (ed. La Zisa, pp. 224, euro 16)
A partire dal VI-V sec. a.C. sono stati numerosi gli scienziati siciliani che hanno dato un contributo notevolissimo alla conoscenza dell’universo, non di rado anticipando, con geniali intuizioni, ciò che successivamente è stato verificato con il supporto di apparecchi sofisticati. Basterebbe citare i nomi di Empedocle e Archimede per il mondo antico, e di G. Battista Hodierna per l’età moderna. Insieme ai nativi, altri astronomi italiani, chiamati a lavorare in Sicilia, come per es. Giuseppe Piazzi, hanno creato strutture, redatto progetti di ricerca e formato allievi di prim’ordine, segnando tappe fondamentali per la comprensione del cosmo. Tanto da poter affermare che, dalla fine del ‘700, esiste ed opera con continuità una scuola siciliana non inferiore a quelle operanti in altre parti d’Italia e nel mondo intero. Negli ultimi decenni il ruolo degli astrofisici siciliani è stato determinante nello studio dei raggi X e gamma in astronomia, in particolare sotto la guida e per impulso di eminenti personalità come Giuseppe Vaiana e Livio Scarsi. Il libro di Pippo Battaglia racconta, con un linguaggio chiaro, appassionante e puntuale, questa storia millenaria che fa onore all’intero popolo siciliano.

L'autore: Pippo Battaglia, giornalista, scrittore, nel 1993 ha fondato a Palermo la «Targa Giuseppe Piazzi», un premio internazionale per la ricerca e la divulgazione scientifica, di cui è presidente del Comitato Scientifico. Tra le diverse pubblicazioni, si ricordano: L’idea del Tempo (con Margherita Hack), Utet, Torino 2005 L’intelligenza Artificiale, Utet, Torino 2006; Leoluca Orlando racconta la mafia, Utet, Torino 2007; Orlando erzahtl die mafie, Herder Werlag, Freiburg 2008; C’è vita nell’universo (con Walter Ferreri), Lindau, Torino 2008.


Margherita Hack (Firenze, 12 giugno 1922) è un'astrofisica e divulgatrice scientifica italiana. Dopo aver compiuto gli studi presso il Liceo Classico "Galileo" di Firenze, si è laureata in fisica nel 1945 con una tesi di astrofisica sulle Cefeidi, realizzata sempre a Firenze presso l'osservatorio di Arcetri.
È stata professoressa ordinaria di astronomia dal 1964 al 1997 all'Università di Trieste, dove poi è passata nel ruolo di professore emerito dal 1998. Ha diretto l'Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987, portandolo a rinomanza internazionale.
Membro delle più prestigiose società fisiche e astronomiche, Margherita Hack è stata anche direttore del Dipartimento di Astronomia dell'Università di Trieste dal 1985 al 1991 e dal 1994 al 1997. È un membro dell'Accademia Nazionale dei Lincei (socio nazionale nella classe di scienze fisiche matematiche e naturali; categoria seconda: astronomia, geodesia, geofisica e applicazioni; sezione A: Astronomia e applicazioni). Ha lavorato presso numerosi osservatori americani ed europei ed è stata per lungo tempo membro dei gruppi di lavoro dell'ESA e della NASA. In Italia, con un'intensa opera di promozione, ha ottenuto che la comunità astronomica italiana espandesse la sua attività nell'utilizzo di vari satelliti giungendo ad un livello di rinomanza internazionale.
Ha pubblicato oltre 250 lavori originali su riviste internazionali e numerosi libri sia divulgativi sia di livello universitario. Nel 1994 ha ricevuto la Targa Giuseppe Piazzi per la ricerca scientifica. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Internazionale Cortina Ulisse per la divulgazione scientifica.
Margherita Hack nel 1978 fondò la rivista bimensile L'Astronomia il cui primo numero vide la luce nel novembre del 1979; successivamente, insieme con Corrado Lamberti, diresse la rivista di divulgazione scientifica e di cultura astronomica Le Stelle.
In segno di apprezzamento per il suo importante contributo, le è stato anche intitolato l'asteroide 8558 Hack.

mercoledì 16 settembre 2009

Rosario Norrito, OMBRE DI VETRO, pp.56 - euro 4,90


“In fondo, tutta la filosofia è stata fatta da uomini che hanno tentato di superare o cancellare i confini posti da altri, ma con scarsi risultati, anzi, dopo vari tentativi, si sono ritrovati con voragini più profonde. Anche un epistemologo di prim’ordine come Popper si era arreso a questa fatalità, al punto di affermare che la scienza è un continuo abbattere confini per poi trovarsene altri da superare. Quanti giganti, che intrapresero il viaggio, sono tornati e hanno potuto raccontare cosa hanno visto? Ma dall’Oltre non vi è ritorno! Semmai qualcuno vi ha messo piede non lo sapremo mai. Se i filosofi possono insegnarci qualcosa è quello, appunto, di andare da un’altra parte per scoprire strade che non sono mai state battute, ma con prudenza perché, una volta imboccate… è finita!”.

Rosario Norrito, insegna filosofia e psicologia nei licei psicopedagogici. È stato conduttore di gruppi nel progetto “Comunicare educando & Educare comunicando” promosso dal l'Ufficio Scolastico Regionale della Sicilia. Esperto in metodologia didattica tiene corsi sulla mnemotecnica e sulle diverse strategie per un apprendimento efficace. Ha ottenuti diversi riconoscimenti in ambito pittorico e poetico. Nel concorso letterario “Città di Monza 2000” con l'opera La notte bianca è risultato tra i vincitori.