giovedì 30 luglio 2009

Manlio Piazza, Cappotto blu, La Zisa, Palermo, pp 160, euro 10



«La vita di un uomo è circolare e consequenziale, va in due dimensioni, segue una retta infinita e al contempo disegna nello spazio una circonferenza, infatti, c'è sempre un nesso in quello che facciamo, ma ogni vira ha qualcosa di unico e raro che andrebbe comunque raccontato a prescindere dal resto degli altri giorni». da questa idea nasce Cappotto blu, un libro in cui i personaggi vengono raccontati e narrati con lo stile che più gli si addice (la poesia, il monologo, l'atto teatrale, il racconto, la novella, il romanzo), un libro che si può iniziare a leggere da qualsiasi pagina, tutto è legato da un cappotto in un emisfero circolare

Manlio Piazza, trentenne palermitano, si definisce poeta, perché ha iniziato a scrivere poesie, ma in realtà ha scritto di tutto e un po’ dappertutto: la sua storie di parole inizia con L’Eraclito, piccola rivista che si ferma al numero zero, prosegue con una breve permanenza a Campus, nota rivista universitaria nazionale, e poi il primo grande salto: Pathos, la rivista di cui è ideatore, editore ed edicolante (oltre a coordinarla e a produrla, la distribuisce all’interno dell’Università di Palermo), poi collaborazioni con Icaro ed Econews (riviste universitarie), dove scrive di musica e di libri. Nella vita oltre al poeta fa anche il consulente d’investimento per una grande banca, una personalità poliedrica e istrionica, che riversa in pieno nel suo stile di scrittura. Cappotto blu è il suo romanzo d’esordio.

www.pensierinblu.com

mercoledì 29 luglio 2009

Aperte iscrizioni selezione “Nuovo Almanacco di Poesia 2009”


Sono aperte le iscrizioni alla selezione “Nuovo Almanacco di Poesia 2009” organizzata dalla casa editrice La Zisa (www.lazisa.it) finalizzata alla pubblicazione di un’antologia poetica. La composizione inedita va inviata, entro e non oltre il 30/09/2009, per posta a: La Zisa Comunicazione soc. coop, via Francesco Guardione 5/e – 90139 – Palermo; o via e-mail a: manoscritti@lazisa.it. Per informazioni: cell. 3284728708 - cell. 3290326070 - tel 091331104; e-mail: segreteria@lazisa.it o presidente@lazisa.it.

Adriana Piazza, "Il tempo leggendario", Ed. La Zisa, Palermo, pp. 144, euro 10


Il tempo leggendario", è il ritratto di un'epoca, di un clima intellettuale di una generazione. L'epoca è la Belle Époque palermitana, un momento tra i più affascinanti e fastosi del capoluogo siciliano, ma anche colmo di pregiudizi, di inutile decoro borghese, di falsi valori, avidità, ipocrisia, egoismi. L'autrice descrive con olimpica imparzialità la storia di una famiglia vista con gli occhi di una bambina: è dunque la storia di un' infanzia e un'adolescenza analizzate con rara penetrazione psicologica, nonché l'immagine di una formazione intellettuale e morale. Assai presto, infatti, la piccola protagonista comincia a sentire i primi dubbi, comincia a intravedere i pregiudizi meschini, che si celano sotto la lucida superficie del mondo dorato della Belle Époque. Ma il processo di liberazione avverrà al prezzo di dolorose lacerazioni, nell'alternarsi di delusioni al contatto del mondo esterno e di dispiaceri familiari tra cui basti ricordare l'esperienza delle sorelle che lottano per strapparsi ai vincoli della società del tempo, e la tragica sorte di Franz, l'adorato fratello che è tra i personaggi più toccanti del libro. Infine, nelle pagine conclusive del romanzo, una revisione sentimentale, anch'essa dolorosa, condurrà la giovanissima protagonista alle soglie dell'età adulta.

Adriana Piazza è nata a Palermo dove ha insegnato Lingua e letteratura francese nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato testi scolastici dedicati alle problematiche del turismo e della civiltà francese (D'Anna - Firenze) e il romanzo «L'inflessibile voglia di Marie», sua prima opera di narrativa, oltre a numerosi racconti. Nel 2001 ha vinto il primo premio del concorso nazionale letterario «Il racconto breve – Nuccio Raffa». Successivamente, ha vinto diversi premi del concorso letterario Città di Avellino. Ha collaborato al mensile «Sicilia nell'arte e nella letteratura».

martedì 28 luglio 2009

LIBRI: FRANCESCO SCRIMA FIRMA 'L'ACQUARIO', ED. LA ZISA =


IL VOLUME PUBBLICATO PER LE EDIZIONI LA ZISA

Palermo, 28 lug. (Adnkronos) - Una Palermo malata ed affascinante. E' questo lo sfondo della vicenda tragica e misteriosa, piena d'amore e di violenza, raccontata da Francesco Scrima nel romanzo 'L'acquario' (Ed. La Zisa, pp.176 - euro 12).

La storia descritta da Scrima mette in scena eventi tragici capaci di segnare, in modo definitivo, la vita dei due protagonisti.
Che cosa ha reso Alfonso soltanto un "uomo che guarda dalla finestra"? Che rapporto c'e' fra la musica che scava nel suo cuore ed Irene, la giovane donna che e' andata ad abitare nell'appartamento di fronte al suo? E quali segreti nascondono, Alfonso ed Irene, nelle profondita' dei loro animi tormentati? Muto testimone di questa storia e' un pesciolino, solitario abitatore di un bellissimo acquario.

(Clt/Col/Adnkronos) 28-LUG-09 12:03

domenica 26 luglio 2009

Bruno Rondini, VOCI E PRESENZE, La Zisa, pp. 128 euro 9,90


La vita di ogni uomo è segnata da scelte, talune decisive per la formazione intellettuale e spirituale, e altre basilari per la definizione della propria esistenza in quanto individuo inserito in una comunità. Spesso, alla base di queste scelte vi sono delle voci e delle presenze, le une e le altre sia materiali che inconsce, senza le quali la vita stessa sarebbe una landa desolata. Attraverso queste voci e queste presenze, alcune fondamentali altre meno, l’autore ricostruisce, passo passo, le varie tappe del proprio vissuto, dalla nascita sino ai giorni nostri. Sono, queste, i “segni” che lo hanno fatto diventare quello che è.

Bruno Rondini (Marino, 1956), vive a Pomigliano d’Arco (Napoli) dove svolge il suo lavoro di ingegnere in una ditta di apparecchi di sollevamento. Fa parte della Chiesa Evangelica Apostolica della comunità di Ponticelli a Napoli. Con questa casa editrice ha pubblicato Quello che non capivo (2008) e Nancy, tra sacro e profano (2008).

giovedì 23 luglio 2009

LIBRI «L'ULTIMA NOTTE PRIMA DELLA FINE DEL MONDO» DI GIUSEPPE MAZZONE, LA ZISA


VOLANO VERSO L'EPICA QUEI PERSONAGGI DA TEATRO GROTTESCO
SARTI, BARISTI E BOTIEGAI E IN UN'AURA DA MITO METROPOLITANO

Dove si trova il Viale (con la maiuscola, come ogni microcosmo letterario) che appare nel prologo fluente da narrativa latino-americana? Il prologo, intendiamo, del libro di Giuseppe Mazzone L'ultima notte prima della fine del mondo, edito da La Zisa, dove il Viale appare come un universo a parte allungatosi nel tempo, simile a una pianta rampicante. Nel punto in cui quell'universo sembra spegnersi su uno snodo di autostrade, in realtà continua in una propaggine più grigia che però palpita di personaggi e vicende quotidiane. Ina ha una botteguccia piena di barattoli dalla quale si esce odoranti di formaggio, acciughe e conserva. Il sarto anarchico Amedeo vive di ricordi e interessi postali dei tempi d'oro, circondato da una piccola corte alla quale appartiene Ferdinando, ottantenne declamatore di versi, che farà un involontario regalo post mortem allo spazzino Hemingway. Lupo ha investito in un bar i risparmi accumulati girando il mondo come capitano di lungo corso, mentre Violetta, che ha lasciato l'università per ago, filo e orli, rivelerà una mano fatata per i ricami nuziali e i prelevamenti bancari. Gli indizi disseminati nel libro suggeriscono che il tempo in cui i personaggi vivono è quello di fine Novecento, mentre sa di mistero la città siciliana che li accoglie con i suoi borghi di pescatori, le sue ville liberty scampate agli assalti degli anni Settanta, le sue frazioni che si chiamano Monte Mozzato e Loco Tripudio. In questo luogo Mazzone conduce il suo teatro grottesco e popoloso fino al confine del nulla, là dove soltanto Lupo e Violetta faranno il grande salto. Lungo la strada che arriva a questo limite, l'autore ci accompagna con una prosa che presta alla realtà minuta le ali per volare verso l'epica. ('GCI') (Giornale di Sicilia - 23 luglio 2009)

mercoledì 22 luglio 2009

Agostino Focone, "Ieri, oggi e domani", Ed. La Zisa, pp 96, euro 10 (ISBN 978-88-95709-05-5)


"Pieno di sottili metafore e di una vena filosofica popolare, Focone riesce ad entusiasmare e sa far ridere nello stesso modo di come sa far piangere e riflettere. Una voce vera della napoletanità che ha trovato, nel corso degli ultimi anni della sua permanenza in Sicilia, nuovi e stimolanti motivi lirici per una narrativa che è già parte del miglior patrimonio letterario"
Marco Colonna

"...una vitalità artistica che non verrà mai meno nel tempo anche se oggi i valori migliori della letteratura sono quasi sempre sottovalutati, se non addirittura calpestati, da una critica molto superficiale".
Franco Boveri - "Controcampo"

Agostino Focone (Ercolano 1921), vive a Palermo dove ha lavorato come funzionario della Fiat.
Ha pubblicato: Nennella (1975); Arrivederci Napule, a beddu core (1976) e Don Ciccio in terra e Pascale in Cielo (1977).
Gli sono stati assegnati numerosi premi letterari per la narrativa e la poesia.

martedì 21 luglio 2009

"Boris Giuliano, il segugio che scoprì la Pizza Connection" di Amelia Cristantino


Sono trascorsi trent´anni dall´estate del 1979, l´anno in cui la mafia alzava il tiro e diveniva visibile la sua strategia di aggressione allo Stato di diritto. Le vittime sono legate fra loro, come soldati che muoiono sullo stesso fronte. L´11 luglio a Milano viene ucciso Giorgio Ambrosoli, avvocato milanese con la colpa di volere dipanare il cumulo di complicità politico-mafiose che hanno permesso a Sindona di edificare il suo impero finanziario. Solo dieci giorni dopo a Palermo, mentre paga un caffè nel bar sotto casa, con sette colpi alla schiena muore il vicequestore Boris Giuliano. A sparare è Leoluca Bagarella. Il 25 settembre è la volta del giudice Cesare Terranova e del maresciallo Lenin Mancuso. Sono delitti preventivi, uomini uccisi per quello che hanno fatto e per le conclusioni a cui potrebbero arrivare: il loro omicidio risponde a quella logica che Umberto Santino definisce la «violenza programmata» tipica dell´agire mafioso, dove l´omicidio diventa un evento-spia che rimanda all´evoluzione della mafia e ai suoi rapporti col contesto sociale.

Gli uomini uccisi nell´estate del ´79 sono uomini testardi che seguono la logica del loro ragionamento, alzano lo sguardo dal livello degli esecutori e con grande intrepida pazienza mettono in fila gli indizi finché non diventano prova.

Oggi è l´anniversario della morte di Boris Giuliano, una giornata di iniziative è dedicata alla sua figura: un convegno allo Steri con la presentazione di un libro fotografico edito da Flaccovio restituisce il volto pubblico e privato dello «sbirro all´americana» addestrato a Quantico con i detective dell´Fbi, che lavora in collaborazione con la Dea - l´agenzia antidroga americana - e parla inglese correntemente: foto dell´album di famiglia e foto scattate dai due fotografi che hanno raccontato Palermo con le loro immagini, Letizia Battaglia, Mike Palazzotto, lo studio Labruzzo. Alle 21 ci sarà la proiezione del film-documentario di Roberto Greco dedicato a Giuliano, Sopralluoghi per un film su un poliziotto ucciso.


A distanza di trent´anni Palermo prova a recuperare la memoria di uno dei suoi martiri, di andare oltre le commemorazioni rituali: decisione che potrebbe rivelarsi molto dolorosa, perché ripensare Boris Giuliano significa riaprire capitoli «politicamente scorretti» dove connivenze e complicità diventano evidenti e mettono sotto accusa la elasticità etica di tanta parte della città.

Di Boris Giuliano scriveva il Consigliere istruttore Rocco Chinnici, una testimonianza che possiamo leggere in un libretto postumo edito nel 1990 da La Zisa e intitolato L´illegalità protetta. Un piccolo libro che riesce a darci la misura di quanto tragica sia la storia di questi nostri ultimi decenni: la prefazione è firmata da Paolo Borsellino. Il giudice scrive del pool antimafia e di come Chinnici «uno per uno ci scelse»; poi indugia su Falcone, in quel momento «vittima fortunatamente scampata» a un attentato dell´Addaura. Per Borsellino, il pool dei magistrati si oppone alla «inerzia investigativa del precedente decennio», Chinnici reagisce alla palude. Ed è Chinnici che a Palermo, una città dominata dalla mafia - intervista pubblicata su "Segno"nel 1981 - dichiara come solo nel 1978 l´ufficio istruzione del Tribunale fosse venuto a conoscenza di «certi fatti» anticipati da notizie «vaghe e imprecise» su un import-export di eroina e dollari. Il giudice ricorda Boris Giuliano, il poliziotto «moderno» che per primo aveva capito e cominciato a seguire la pista dell´eroina prodotta in Sicilia e trasferita in America. «Dopo di lui indagò il capitano Basile», conclude Chinnici ricordando un altro dei tanti uomini caduti in un agguato mafioso.

Boris Giuliano è l´ultimo dei poliziotti all´antica, è a Palermo prima della stagione dei pentiti e del pool antimafia. Ma al contempo è modernissimo, segue i flussi finanziari. Osserva quanto sta accadendo a partire dalla Giulietta al tritolo di Ciaculli - era il 1963 - e intuisce come la Sicilia sia diventata uno dei luoghi cardine per un traffico molto redditizio, quello dell´eroina. Gli stessi canali, uomini e relazioni che avevano governato il contrabbando di tabacco si sono convertiti al più ricco traffico di droga. Non solo spacciatori o riciclatori ma anche imprenditori e banchieri. Un traffico ricco, a Palermo non stavano solo gli intermediari: l´oppio della Thailandia, del Laos e della Birmania si raffinava in laboratori a ridosso della città e ripartiva verso l´America, da dove arrivavano fiumi di dollari.
Nelle parole di Chinnici, Palermo è la città dove «malgrado la crisi economica vengono aperti lussuosi negozi». E Giuliano segue la pista dei soldi facili e abbondanti, che alzano il livello dello scontro dentro l´organizzazione mafiosa mentre inquinano i circuiti dell´economia pulita, che corrompono una città dalla morale spesso troppo accomodante.

Tre episodi tra loro collegati, avvenuti nell´ultima estate della sua vita, precipitano la fine di Giuliano. Il primo all´aeroporto di Punta Raisi, dove due valigette restano sui nastri trasportatori senza nessuno a reclamarle. Sono piene di banconote, mezzo milione di dollari: è il primo segmento del «teorema Giuliano», che trova conferma qualche giorno dopo. Quando a New York, all´aeroporto Kennedy, altre valige arrivano da Palermo. Piene zeppe di eroina. E in una catapecchia sul lungomare di Romagnolo, pronta a essere immessa sul mercato, la squadra di poliziotti coordinati da Giuliano trova 4 chili di eroina purissima. Il proprietario è Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina.

Dopo il blitz di Romagnolo la sorte del poliziotto appare segnata. Al 113 registrano telefonate anonime, «Giuliano morirà»: lui accompagna la moglie e i figli in un paese alle falde dell´Etna, promette di tornare fra una settimana. Non li vedrà più.

Ai funerali di Boris Giuliano Palermo appare sgomenta, comincia a lievitare l´ondata emotiva che rifiuta l´identità mafiosa. E il cardinale Pappalardo dà voce al sentimento collettivo, l´omelia è una denuncia: «Faccia lo Stato il suo dovere». Il cardinale chiede giustizia, prende le parole in prestito dal profeta Ezechiele: troppi mandanti, troppi vili esecutori variamente protetti, circolano per le nostre strade. «Il paese è pieno di assassini». (la Repubblica, 21 luglio 2009)

lunedì 20 luglio 2009

Addio allo scrittore Frank McCourt, Pulitzer con "Le ceneri di Angela"


Raggiunse il successo nel 1996

E' morto per un melanoma a 78 anni a New York Frank McCourt, l’autore di «Le ceneri di Angela» libro per il quale ha vinto il premio Pulitzer. Fino alla metà degli anni Sessanta era noto soltanto a New York come un inventivo professore di scrittura, ma molti anni più tardi, dopo che un amico gli consigliò di prendere un agente letterario, terminò il manoscritto che gli diede la celebrità, «Le ceneri di Angela» appunto, pubblicato in Usa nel 1996.

«Francis Scott Fitzgerald ha detto che non ci sono secondi atti nelle vite americane. Penso di aver provato che si sbagliava», ha detto McCourt in un’intervista. «E tutto perché ho rifiutato di accomodarmi in un’esistenza di un atto unico, i 30 anni in cui ho insegnato inglese in diverse high school di New York», ha aggiunto. Il libro fu pubblicato in 25 lingue e in 30 Paesi.

Nato a New York, i genitori di McCourt, di origine irlandese, erano talmente poveri da dovere tornare nella loro terra d’origine, nella città di Limerick. Sopravvivere alla sua infanzia fu per lo scrittore un romanzo: il padre alcolizzato, la morte di tre fratelli, lui ammalato di tifo. «Peggio che la normale infanzia miserabile c’è la miserabile infanzia irlandese, e ancora peggio c’è l’infanzia cattolica irlandese», è l’incipit del libro. «Un’epica dei guai», definì il romanzo lo stesso autore, che è riuscito a trovare ironia e lirismo in un ambiente tanto degradato.

Il film diede ancora più visibilità alla storia e al libro, girato da Alan Parker con Emily Watson e Robert Carlyle. Dopo, McCourt scrisse «Tis»(«Che paese, l’America», Adelphi), che racconta del suo ritorno a New York nel 1940 e «Teacher Man» (Ehi, prof!, Adelphi). Scrisse anche un racconto per ragazzi: «Angela and the Baby Jesus» («Angela e Gesù Bambino», Adelphi), uscito negli Usa nel 2007 e poco dopo in Italia.

(da La Stampa, 20/07/2009)

domenica 19 luglio 2009

Dario Lo Bianco, I FIORI E LA POLVERE, Edizioni La Zisa, pp.288, euro 13


I protagonisti principali di questo romanzo, Enrico e Sabina, due giovani studenti universitari, di diversa estrazione sociale e di opposti ideali politici, vivono un’intensa storia d’amore nella Milano del 1968. Moderni Romeo e Giulietta, devono subire, nonostante tutti i tentativi di resistere alle incomprensioni e agli ostacoli che si frappongono alla loro relazione, i condizionamenti di un’epoca intrisa di forti contrapposizioni ideologiche. Ciascuno a suo modo, conserveranno nel tempo il rimpianto, appena soffuso, per qualcosa che era stato loro negato: la possibilità di poter affermare pienamente il diritto a dare libero slancio alla loro passione. Sono, essi, il simbolo metastorico di intere generazioni, passate presenti e future, che nelle ideologie, onestamente vissute, trovano motivi di azione, di rivolta, di scontro, e per ciò stesso una ragione di vita. Ma che, proprio quando le tensioni politiche si fanno più acute, e le delusioni cedono il passo ai sogni e alle speranze, riescono ad abbandonarsi, con eguale trasporto, alla tenerezza e al dolce incanto dei sensi. Anche le passioni più forti, come spesso succede, richiedono un impegno tenace e costante, quel coraggio al quale uno dei due protagonisti viene meno nel momento decisivo, decretando così la propria inappellabile sconfitta. Questo romanzo d’esordio, che è insieme ritratto di un’epoca e metafora del tempo presente, rivela uno scrittore di talento, capace, attraverso una personalissima tecnica narrativa, di unire le piccole storie quotidiane alla grande Storia che muta nel profondo i tempi e gli uomini, la stessa che, eterna Medea, genera e uccide i suoi figli-eroi.

Dario Lo Bianco, ingegnere, è nato a Milano nel 1977 e risiede a Palermo dove lavora presso Rete Ferroviaria Italiana, gruppo Ferrovie dello Stato. Nel 2007, per il volume Caccamo nel Novecento: Uomini e storia, ha scritto la biografia dello storico caccamese Giuseppe Lo Bianco del quale ha curato il romanzo inedito Il Barone di Caccamo, di prossima pubblicazione. Ha pubblicato la raccolta Valzer di una notte e altri racconti, Palermo, La Zisa, 2007.

venerdì 17 luglio 2009

In libreria - "La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo" di Davide Romano, La Zisa



In libreria - "La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo"
di Davide Romano. Presentazione di Marcelle Padovani. Prefazione di Anna La Rosa. Con un contributo di don Vitaliano della Sala(La Zisa, pp. 152, ISBN 978-888128091-9)

C’è un demone maligno che agita sotterraneamente la chiesa cattolica, soprattutto in Italia, dove maggiore è stata fino ad oggi la sua egemonia culturale, e, per molti versi, la sua ingerenza nelle vicende politiche dello Stato: un rancoroso spirito di rivalsa verso quella parte della società che cerca affannosamente di conquistare, una volta per tutte, più larghi spazi di sana e laica libertà.
Siamo oggi ad un punto cruciale di un lungo tragitto iniziato agli albori degli anni Novanta del secolo scorso, in concomitanza con la dissoluzione del partito della Democrazia cristiana, che per un cinquantennio era stato, con alti e bassi, il punto di riferimento e lo scudo protettivo delle gerarchie ecclesiastiche reazionarie e dei ceti sociali più oltranzisti, che, in nome di un distorto principio ecumenico di fede, avevano imposto le loro regole di vita anche a coloro che cattolici non erano e non volevano esserlo. Sarebbe qui troppo lungo elencare tutte le malefatte che i cattolici nostrani hanno compiuto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, in ogni branca della vita pubblica, dall’economia alla scuola, dalla giustizia all’ordine pubblico, dalla sanità alla cultura, dalla negazione dei più elementari diritti civili al degrado delle grandi realtà urbane come dei piccoli centri delle aree interne. Ma una cosa non va sottaciuta, proprio perché all’origine di tutti i mali che oggi attraversano la nostra società: l’intollerabile livello di illegalità diffusa nel quale siamo sprofondati, non di rado con il concorso esplicito del mondo cattolico, sempre pronto a dare generose e sollecite coperture a chi, in nome dell’anticomunismo fino a qualche anno fà, e contro la libertà di coscienza oggi, ha gestito le leve del potere politico ed economico.
Mentre in quest’ultimo quindicennio il mondo occidentale, perfino molti paesi del Sud-America governati fino a non molto tempo addietro da sanguinarie dittature reazionarie appoggiate apertamente dal Vaticano, ha saputo dare risposte adeguate alle richieste modernizzatrici che provenivano da ampi strati della società civile, respingendo al mittente le pesanti accuse che provenivano dalle curie nazionali e dalla centrale romana, nulla di tutto questo è avvenuto in Italia, dove sono addirittura a rischio quelle poche conquiste laiche ottenute dopo anni di estenuanti battaglie civili, come il divorzio e l’aborto.
Il fatto è che il papa e la sua corte di vescovi e cardinali, di monache e sacerdoti, non hanno smesso di considerare l’Italia come un feudo personale, e la nascita dello Stato nazionale come la usurpazione di un suo diritto inalienabile. E con quest’ottica hanno fatto crescere una parte considerevole dei loro fedeli, i quali credono che la loro concezione del mondo sia l’unica giusta e valida per tutti, e che tutti debbono ad essa soggiacere, volenti o nolenti. Sono essi i paladini della tolleranza quando la chiesa cattolica viene osteggiata in qualche parte del mondo, e contemporaneamente i crociati della intolleranza quando si tratta di porre dei veti a chi crede in principi appena diversi dai loro. Riesce loro difficile capire che la libertà è un bene che non ha colore politico né appartenenza religiosa, e che il rispetto delle minoranze è una salvaguardia anche per coloro che appartengono alla maggioranza.
Purtroppo l’Italia ha sofferto per secoli il monopolio cattolico delle fede, in parte accettato per piaggeria o per convenienza, per abitudine o ignoranza, e in parte ottenuto con l’uso della forza, attraverso minacce, ricatti, delitti, persecuzioni di ogni tipo, comminati dai tribunali dell’Inquisizione fino al Settecento, e con altri strumenti, meno violenti, ma non per questo meno repressivi, nei secoli successivi. Una pratica costante e minuziosa che ha colpito e colpisce anche coloro che ad un certo momento della loro vita sacerdotale hanno deciso di appendere all’attaccapanni l’abito talare. Sono tante piccole angherie che vengono fatte passare sotto silenzio, mentre i mezzi di comunicazione di massa sono pronti e proni ad esternare l’apparato coreografico della chiesa trionfante che si celebra ogni domenica nella piazza di San Pietro. Non sono ammesse critiche all’operato delle eminenze tonacate che ogni giorno sproloquiano dai diversi pulpiti che gli vengono offerti su piatti d’argento. Tolleranza agli intolleranti, purché l’Italia resti quel paese semifeudale che è.
Un osservatorio privilegiato per conoscere lo stato della chiesa cattolica odierna è quello siciliano, dove tutte le contraddizioni che l’agitano, sono espresse all’ennesima potenza. Qui operano, è vero, sacerdoti e gruppi cattolici che esprimono posizioni diverse, spesso coraggiose, più aperte al mondo che li circonda. I loro nomi sono conosciuti anche fuori dei confini nazionali, ma la loro fama, bisogna riconoscerlo una volta per tutte, e di gran lunga superiore alla loro reale incidenza nella società nella quale operano. L’obbedienza alla chiesa, purtroppo, impedisce alla loro azione quella carica eversiva che potenzialmente potrebbero esprimere. Non sono degli eretici, e non essendolo le loro parole si perdono nel vuoto, o, nel migliore dei casi, raggiungono coloro che per altra via già si sono collocati sulla stessa lunghezza d’onda.
Di quel che accade nel cattolicesimo siciliano, e non solo, un attento e appassionato osservatore è Davide Romano, uno dei pochi giornalisti liberi che ancora esistono in Italia, e che mi auguro tale resti finché avrà voglia di fare questo mestiere, anche se la libertà potrà fargli pagare prezzi salati. In Italia, in Sicilia, abbiamo bisogno di libertà, che è quella voglia di raccontare sempre e dovunque quel che accade attorno a noi, smascherando le imposture, le ipocrisie, i malandrinaggi che giornalmente si commettono, soprattutto da parte di coloro che si presentano o vengono presentati con l’austera aureola della santità e con le roboanti insegne del potere.
Un piccolo spaccato di questo mondo, falso e bugiardo, spudorato e tracotante, che vede insieme prelati e politici, lo si legge in un suo volumetto da pochi giorni in libreria (“La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo”, presentazione di Marcelle Padovani, prefazione di Anna La Rosa, La Zisa, pp. 152, Euro 12,00), che si avvale di un contributo di Don Vitaliano Della Sala, l’ex parroco di Sant’Angelo a Scala, in provincia di Avellino, rimosso dal suo incarico per aver scelto di seguire nella sua testimonianza di fede il Cristo dei Vangeli e non la curia di Roma.
Bisogna leggerlo questo libro, tutti, siciliani e non. I temi affrontati non riguardano, infatti, questioni prettamente regionali, come a prima vista potrebbe sembrare. In quest’isola, infatti, tutto diventa chiaro, anche le cose più confuse e impenetrabili, basta soltanto guardarsi intorno e aver voglia di capire. Qui più che altrove la chiesa è tradizionalmente collusa col potere, corrotto e corruttore, anzi è essa stessa potere, sempre uguale da secoli. In questa terra ha dato prova evidente del suo fallimento, soprattutto laddove essa pretende di interpretare i bisogni e le aspettative dei cittadini in ordine alla solidarietà sociale e alla famiglia. A meno che non si vogliano considerare tali le elargizioni di sussidi, elemosine e altre similari iniziative. Non di questo hanno bisogno i cittadini, ma del sostegno fermo e incondizionato a tutte le battaglie per il riconoscimento dei diritti ad una esistenza dignitosa e pienamente integrata nel contesto sociale. Su questo versante rimane invece sorda e muta. Sintomatiche, al riguardo, sono le sue prese di posizione sulla legge che intende regolarizzare le coppie di fatto.
Lo stesso discorso si può e si deve fare sulla questione dell’impegno della chiesa nella lotta alla mafia, che ancora oggi, nonostante l’anatema di papa Giovanni Paolo II e di pochi prelati, e le coraggiose iniziative di qualche sacerdote finito, purtroppo, tragicamente, non ha minimamente intaccato la tracotante connivenza di esponenti politici, soprattutto cattolici, con questa organizzazione criminale. C’è da chiedersi se e fino a quale punto la chiesa, nel suo complesso, abbia le carte in regole per alzare la voce, incutere timore e mobilitare le coscienze. Alla prova dei fatti non mi sembra. Occorrerebbe una dirittura morale che la chiesa non ha, non ha mai avuto, e non avrà mai fino a quando essa stessa non sarà immune da quella ricerca di favori, da quelle compromissioni materiali di cui è solita pascersi con abbondanza. Tanto che non sembra del tutto peregrina la constatazione da taluni sollevata che una cosa è la chiesa cattolica, altra cosa è il messaggio di Cristo.
Di tutto questo il libro di Davide Romano offre una documentazione ricca, circostanziata ed inoppugnabile. Al punto che viene da domandarsi se non sia necessario, per salvare l’Italia, divorziare una volta per tutte dalla chiesa cattolica. E forse, così facendo, salvare anche la chiesa da una lenta ed inesorabile morte per ignominia. (Maurizio Rizza)
Indice del volume:
• Presentazione di Marcelle Padovani
• Prefazione di Anna La Rosa
• Un’altra chiesa è possibile di don Vitaliano della Sala
• Introduzione di Davide Romano
• In difesa di chi lascia la tonaca. Ovvero quando il prete s’innamora
• La sinistra, la destra e la profezia del cardinale. Il cardinale Tonini spiega perché la chiesa italiana vuole la destra al governo
• Neofascismo e integralismo cattolico. Tutti i nomi di una inconfessabile santa alleanza
• Le correnti tradizionaliste nella chiesa siciliana. Il movimento dello scismatico e scomunicato monsignor Lefebvre sbarca in Sicilia con sostegno di qualche vescovo cattolico
• I santi terreni del devoto Bartolo Sammartino. Fare carriera, politica, all’ombra della Curia.
• Divine ma resistibili ascese. Biografia non autorizzata del cardinale Salvatore De Giorni, megafono di Ruini
• La guerra di cifre della Curia dei veleni. Strani affari e conti che non tornano…
• Quei politici, come Cuffaro e non solo, che usano Dio. Parla un teologo e prete di frontiera
• La vittoria di Berlusconi? Nella chiesa tutti contenti tranne uno. Cronaca di una vittoria annunciata
• L’accorato anatema di papa Wojtyla in terra di mafia. La lezione dimenticata.
• Quei silenzi così ingombranti. La chiesa siciliana tace sulle sue alleanze con mafia e politica collusa. Lo dice il vescovo di Trapani, monsignor Micciché
• Il prete e il mafioso. La vicenda di padre Frittitta, cappellano del boss Aglieri
• Fu il primo vescovo antimafia. La vita di monsignor Giuseppe Petralia, vescovo di Agrigento
• La chiesa e la mafia. Una questione ancora irrisolta. Le riflessioni dello storico Francesaco Michele Stabile
Appendice:
• Il vescovo e la mafia. Due interventi di monsignor Angelo Rizzo sul deputato democristiano Claogero Volpe
• In memoria dell’on. Calogero Volpe. Orazione funebre
• La chiesa, la mafia e la Dc
L'autore: Davide Romano (Palermo), giornalista, specializzato in informazione religiosa, si occupa di pubbliche relazioni e cura diversi uffici stampa. Ha scritto e scrive per numerose testate, tra le quali: Il Giornale di Sicilia, Il Mediterraneo, La Repubblica, Centonove, Antimafia2000, L'Ora, La Rinascita della Sinistra, Jesus, Avvenimenti, L'Inchiesta Sicilia, Narcomafie e Riforma. E' stato anche fondatore e direttore responsabile del bimestrale di economia, politica e cultura Nuovo Mezzogiorno e del mensile della Funzione Pubblica Cgil Sicilia Forum 98.
Con la casa editrice La Zisa ha pubblicato: L'amore maldestro (2001), La linea d'orizzonte tra carne e Cielo (2003, con Salvatore Insegna), La buriana e altri racconti (2003), Nella citta' opulenta. Microstorie di vita quotidiana (2003, 2004), L’anima in tasca (2004), Piccola guida ai monasteri e ai conventi di Sicilia (2005), Il santo mendicante. Vita di Giuseppe Benedetto Labre (2005) e Dicono di noi. Il Belpaese nella stampa estera (2005).

giovedì 16 luglio 2009

Palermo 17 Luglio, Presentazione del libro di Emanuele Sinagra, "M" La lettera maledetta", Ed. La Zisa


Palermo, 16 luglio 2009 - Verrà presentato domani, 17 luglio, alle ore 18:30, pressop il Parco letterario "Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Vicolo della neve, traversa di Piazza Marina, a Palermo il romanzo breve "M. La lettera maledetta" (Ed. la Zisa, pp. 64, euro 5,90) di Emanuele Sinagra. Interverranno: Davide Romano, giornalista; Malde Vigneri, psicoanalista e prefatrice del libro; e Mario Pintacuda, insegnante e scrittore- Sarà presente l'autore. Seguirà un aperitivo.
“Ritroviamo con sollievo e con piacere nelle pagine del giovane autore del racconto la lettera maledetta quell’afflato magico della scrittura di cui parla Savater. Lo stile fantasioso e affabulatorio di Emanuele Sinagra ne merita il riconoscimento nel senso letterario del termine per il fluire dell’inventiva, per la capacità visionaria e per la scioltezza della forma che raggiunge in più di un brano livelli espressivi particolarmente felici ed in senso letterale per l’inquietante abilità rapportabile in alcuni tratti alle atmosfere dei saggi di De Martino, di mescolare ambientazioni rurali e delle terre di provincia a stilemi dal cupo disegno gotico(...). Come nelle antiche fiabe piene di streghe, di orchi e di avvenimenti ordalici, ci lasciamo attraversare dal racconto per giungere insieme all’autore ed al suo personaggio ad una plaga più rasserenata del vivere.” (Dalla presentazione di Malde Vigneri)

EMANUELE SINAGRA, (Palermo, 1983), nel 2001 ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico Giuseppe Garibaldi con la votazione di 100/100. Nel 2007 ha conseguito la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia con la votazione di 110/110 e lode, con menzione della tesi ed ammissione al Premio Maurizio Ascoli. Da sempre ha seguito con passione la letteratura , il giornalismo, la storia dell’arte, la psicoanalisi e le lingue, in particolare il tedesco e l’inglese, coltivate nelle sue esperienze formative all’estero (Germania, Svezia e Polonia). Dal 2008 è medico in formazione presso la Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia presso l’Università degli Studi di Palermo. Questo è il suo primo libro.

mercoledì 15 luglio 2009

Arriva in libreria – “Ego Rosalia. La Vergine palermitana tra santità ed impostura” di Giancarlo Santi, Ed. La Zisa, pp. 464


Il titolo del saggio è stato suggerito dalle due parole che danno inizio all’iscrizione incisa da santa Rosalia nella grotta della Serra Quisquina, eremo in cui, secondo la leggenda, la romita visse a lungo prima di trasferirsi nella più nota cavità del Monte Pellegrino. Attraverso il nome Sinibaldi, la terza parola dell’iscrizione, il gesuita Giordano Cascini riuscì nel ‘600 a ricostruire alcuni tratti della sconosciuta vita della Santa, soprattutto la sua discendenza da Carlo Magno. Per avvalorare l’autenticità dell’incisione, Cascini raccontò nella sua celebre opera, Di Santa Rosalia Vergine Palermitana, come avvenne la casuale scoperta del graffito da parte di due muratori palermitani. La narrazione di Cascini ha fatto storia divenendo una diffusa e radicata credenza garantita dalla Compagnia di Gesù.
Da sempre tuttavia sono stati avanzati dubbi sulla veridicità dell’iscrizione, l’unico documento che prova la storicità di Rosalia “Sinibaldi”.
L’ipotesi del falso è sostenuta in una coraggiosa opera, Santa Rosalia nella storia e nell’arte di monsignor Paolo Collura, che sin dal suo apparire, nel 1977, ha suscitato molte polemiche ma ha pure segnato una svolta negli studi rosaliani. Nel 1988 Valerio Petrarca ha poi colmato alcune lacune del discorso di Collura individuando non solo un realistico artefice dell’impostura ed il suo movente, ma chiarendo anche il contesto storico e devozionale in cui sarebbe maturato il sospettato imbroglio. Con la suggestiva ricostruzione di Petrarca, l’affaire Quisquina diventa un autentico romanzo giallo in cui si narra di un intrigo palermitano inatteso e sconcertante. Se risultasse provato per via documentale quanto ipotizza lo studioso, ovvero che l’iscrizione fu incisa dalla Compagnia di Gesù per costruire una degna Patrona di Palermo, ci troveremmo innanzi al più clamoroso falso religioso del ‘600 siciliano.
L’incisione della Quisquina, ritenuta da alcuni una impostura e da altri un indelebile segno della santità di Rosalia, è dunque l’ambigua protagonista della ricerca qui condotta.
Quanto c’è di attendibile nelle affermazioni di chi sostiene l’autenticità del graffito e di chi invece ne denunzia la falsità? I fatti che portarono alla sua avventurosa scoperta si svolsero davvero nel modo in cui sono stati raccontati dai gesuiti? E se alla Quisquina si perpetrò un falso, chi fu il colpevole?
L’Autore trova le difficili risposte in un inedito manoscritto della Biblioteca Comunale di Palermo riuscendo così a colmare un secolare vuoto negli studi rosaliani.
Ego Rosalia si svolge come un’intrigante detective story in cui, partendo dal dubbio, si indaga per svelare l’enigma nascosto nell’iscrizione. Ben documentato e di facile lettura, il saggio si rivolge sia allo studioso, sia al lettore interessato ai segreti che si celano nella sfuggente vicenda di Rosalia “Sinibaldi”, illusoria immagine creata dagli uomini, caricatura della poco conosciuta ma storica santa Rosalia.

Giancarlo Santi, nato a Siracusa nel 1946, vive a Catania; giornalista pubblicista, ha collaborato con il Touring Club Italiano, con la terza pagina del quotidiano La Sicilia e con varie riviste scrivendo di feste popolari, di tradizioni religiose, di itinerari culturali siciliani. Nel 2001 ha pubblicato La strada dei Santi, viaggio sentimentale per le feste religiose di Sicilia. Si interessa di speleologia ed è coautore dei libri Le grotte del territorio di Melilli (1997) edito dal Comune di Melilli e Dentro il Vulcano, le grotte dell’Etna (1999) edito dall’Ente Parco dell’Etna.

martedì 14 luglio 2009

Barone Alfredo Sant'Angelo, La spada di Roma, La Zisa editore, pp 128, euro 10 (ISBN 978-88-95709-08-6)


Il romanzo è ispirato alla figura, realmente esistita, del console romano Marco Claudio Marcello, al tempo della seconda guerra punica. Sullo sfondo, le lotte politiche interne alla Roma repubblicana, colta in un uno dei momenti più drammatici della sua storia millenaria, allorquando si trovò impegnata ad affrontare, sul proprio territorio l'esercito cartaginese comandato dal grande condottiero Annibale Barca. Il racconto, appassionante e coinvolgente, scorre veloce, quasi sui ritmi di un reportage giornalistica sino all'amara e tragica conclusione.

Alfredo Sant'Angelo, barone di Sant'Angelo (Palermo, 1965), laureato in filosofia, ha pubblicato nel 1996 la raccolta di poesie Poèsis et Peièsis. ha partecipato con successo a diversi concorsi letterari. E' responsabile del settore letterario dell'Associazione Opus. dalla sua grande passione per gli studi storici ha tratto stimolo ed alimento per la stesura di questa prima opera narrativa.

lunedì 13 luglio 2009

Amadore Nino, La zona grigia. Professionisti al servizio della mafia", 144 € 10,00


Torna il libreria.

Gli imprenditori siciliani hanno integrato il codice etico con indicazioni precise di non collaborazione con le cosche, di obbligo di denuncia per le richieste del racket. Una strada che dovrebbe essere seguita anche dagli Ordini professionali vista la mole di soggetti coinvolti in inchieste di mafia e spesso condannati. Commercialisti, avvocati, ragionieri, architetti, ingegneri, medici e cosi' via coinvolti in inchieste di mafia, condannati e spesso rimasti al loro posto a presiedere i loro ben avviati studi professionali. Sono pure loro i rappresentanti della societa' civile cui si e' rivolto anche il presidente della Repubblica recentemente, con un appello alla solidarieta' antimafia. I rapporti dei liberi professionisti con la mafia, quell'intreccio diabolico che ormai va sotto il nome di 'zona grigia', insomma le collusioni, penalmente rilevanti o meno, sono l'oggetto di indagine del libro "La zona grigia, professionisti al servizio della mafia", scritto dal giornalista del Sole 24 Ore Nino Amadore. Il libro, finora disponibile solo su Internet, sara' in libreria alla fine del mese edito dalla casa editrice palermitana La Zisa (www.lazisa.it). Il tentativo dell'autore e' quello di cogliere i contorni delle collusioni, di capire quali e quanti professionisti sono stati censurati dai rispettivi Ordini professionali per conclamati rapporti con Cosa nostra. In Sicilia in dieci anni sono stati almeno 400 i professionisti finiti nei guai per aver avuto contatti con la mafia. "Il mio - spiega l'autore - e' un tentativo: quello di disegnare i confini di questa zona grigia, di quantificare il fenomeno, di individuare le responsabilita'". Responsabilita' che, in tema di lotta alla mafia, ci sono e sono evidenti: sono quelle degli Ordini professionali i quali finora, a differenza di quanto fatto dagli imprenditori, si sono interrogati poco sulla necessita' di prendere una posizione netta contro il crimine organizzato. "Gli Ordini - continua Amadore - hanno un ruolo importante nella nostra societa'. Ecco perche' io credo che una condanna chiara senza equivoci della mafia, che abbia magari un riscontro nei codici deontologici , potrebbe avere un effetto rivoluzionario. E impedire, per esempio, che un commercialista sospettato di aver riciclato il denaro di una cosa possa dire: mica posso chiedere la fedina penale ai miei clienti".

venerdì 10 luglio 2009

"'ndrangheta. La relazione dell'Antimafia", Ed. La Zisa


'ndrangheta. La relazione dell'Antimafia, Ed. La Zisa, pp 216, euro 15
ISBN 978-88-95709-12-3


La ’ndrangheta calabrese, sottovalutata per lungo tempo, costituisce oggi la più pericolosa organizzazione criminale italiana di tipo mafioso. Oltre a controllare pressoché tutto il territorio d’origine, dagli anni Settanta in poi è riuscita a ramificarsi e a consolidarsi in alcune regioni del centro-nord, intessendo rapporti d’affari illeciti o falsamente leciti con organizzazioni locali, con settori delle istituzioni e della politica, e col mondo imprenditoriale. La Lombardia è diventata negli ultimi anni, tanto per fare un esempio, la quarta regione italiana per densità mafiosa, a prevalenza ’ndranghetista, anche per la debole azione di contrasto, non sappiamo fino a che punto per dabbenaggine o per interesse, degli organi istituzionali regionali e comunali. La relazione del Presidente della Commissione nazionale antimafia, Francesco Forgione, traccia un quadro esauriente, ancorché drammatico, della sua capacità di penetrazione e soprattutto di incunearsi ed espandersi in quasi tutti i settori della vita politica, sociale ed economica del Paese, come negli appalti di opere pubbliche, o nella gestione della sanità sia pubblica che privata; di intessere rapporti di collaborazione con altre associazioni similari sparse nel mondo, sia nel traffico di stupefacenti, che nel riciclaggio di denaro sporco. Di fronte alla pervicace invadenza di questo fenomeno, nonostante gli allarmi a suo tempo lanciati dalle forze dell’ordine, dalla magistratura, da studiosi e dalla stessa Commissione antimafia, lo Stato si trova spesso impreparato o non adeguatamente preparato ad affrontare questa emergenza criminale. Il documento, di rara perfezione stilistica ed espositiva, può avere, se non altro, la funzione di mettere tutti i cittadini italiani nella condizione di assumersi le proprie responsabilità di fronte ad un problema le cui conseguenze possono risultare ancora più gravi di quelle già in atto.

In Libreria - Pompeo Colajanni, "Le cospirazioni parallele", ed. La Zisa, pp.176 - euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-27-7)


Pompeo Colajanni, "Le cospirazioni parallele", ed. La Zisa, pp.176 - euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-27-7)


La guerra di liberazione contro la dittatura fascista e l’occupazione nazista, combattuta in Italia tra il 1943 e il 1945, è stata una delle pagine più gloriose della più recente storia nazionale, il cui merito principale è stato quello di aver dato vita alla Repubblica democratica, che trova il suo atto fondativo nella Carta costituzionale approvata nel 1948. A questa guerra parteciparono intellettuali, militari, giovani, donne, operai, contadini, sacerdoti, dirigenti e militanti di partito, tutti animati dal desiderio di ridare onore e libertà ad una nazione che aveva subito l’onta di un regime tirannico ed una bruciante sconfitta militare. Le vicende narrate in questo libro hanno come punto di partenza la Sicilia, segnatamente la provincia di Caltanissetta, e attraverso quasi tutta l’Italia, giungono in Piemonte, dove Colajanni, smessa la divisa, ma non l’animo, di tenente di cavalleria, indossa i panni del partigiano, guidando, con lo pseudonimo di “Nicola Barbato”, i suoi uomini alla liberazione di Torino.


POMPEO COLAJANNI (Caltanissetta 1906-Palermo 1987), comandante partigiano nella guerra di liberazione nazionale in Piemonte, parlamentare comunista per diverse legislature alla Assemblea regionale siciliana prima e al Parlamento nazionale dopo, è stato per molti anni stimato dirigente nazionale dell’ANPI.

In libreria - “Montelepre, il dopoguerra e i misteri di Giuliano” di Salvatore Badalamenti


In libreria - “Montelepre, il dopoguerra e i misteri di Giuliano” di Salvatore Badalamenti, Ed. La Zisa, pp.160 - euro 13,00

IL LIBRO - Dal 1943 al 1950, anno della sua morte, Salvatore Giuliano è stato un protagonista di assoluto rilievo del banditismo siciliano. Tra le decine di delitti che gli sono stati attribuiti, spicca la strage di Portella della Ginestra del I maggio 1947, di cui ancora oggi non si conoscono i mandanti e i favoreggiatori. Ma, vittima inconsapevole della sua trista fama, è anche Montelepre, il piccolo e povero comune in provincia di Palermo che gli ha dato i natali. A questo paese, che ancora oggi non è riuscito a scrollarsi pienamente la sgradevole fama che lo circonda, è soprattutto dedicato il lavoro di Salvatore Badalamenti.

L’AUTORE - Salvatore Badalamenti è nato e cresciuto a Montelepre. Attualmente vive a Palermo e lavora nella segreteria di una scuola statale. Dal 1980 al 1985 è stato Consigliere comunale, per il Pci, del comune di Montelepre.

libreria - Giuseppe Mazzone, L'ULTIMA NOTTE PRIMA DELLA FINE DEL MONDO, ed. la Zisa (www.lazisa.it), pp.128 - euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-29-1)



Il libreria - Giuseppe Mazzone, L'ULTIMA NOTTE PRIMA DELLA FINE DEL MONDO, ed. la Zisa (http://www.lazisa.it/), pp.128 - euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-29-1)

Il LIBRO - Un barista eccentrico e creativo, una inquieta e talentuosa ricamatrice, una vaporosa commessa di lavanderia, un netturbino che somiglia ad Hemingway, due amiconi sempre in giro intenti a cogliere il senso della vita, un sarto verseggiatore, un ottantenne in palandrana, una modista mancata, la robusta titolare della lavanderia, una misteriosa ginecologa dal passato da dimenticare: le loro vicende si incrociano, assieme a tante altre, in un tratto di viale di una altrettanto misteriosa e sotterranea città siciliana, ultimo promontorio conosciuto prima dell’incerto, della voragine del vuoto. Storie trascurate di eroicità quotidiana, immerse in una nuvola di epicità assoluta.

L’AUTORE - Giuseppe Mazzone, giornalista professionista, ha diretto la Gazzetta di Siracusa e le redazioni di Messina e Catania del Giornale di Sicilia. Attualmente è editorialista dell’emittente Sesta Rete. Ha pubblicato il romanzo Via dei destini sparsi (Catania, 2000). Ha scritto numerosi testi teatrali, accolti favorevolmente dal pubblico e dalla critica, tra i quali si ricordano: Giornata; Sì, Don Giovanni; Belvedere; No, non sono Molly Bloom; Gente di fine secolo; Schiuma; Da grande volevo fare il corridore ciclistico, Invidia.

In libreria "L’ACQUARIO" di Francesco Scrima, Ed. La Zisa, pp.176, euro 12,00


In libreria "L’ACQUARIO" di Francesco Scrima, Ed. La Zisa, pp.176, euro 12,00
ISBN 978-88-95709-36-9


Il LIBRO - Una Palermo malata ed affascinante è lo sfondo di una vicenda tragica e misteriosa, piena d’amore e di violenza, disseminata di ordigni pronti ad esplodere e capaci di segnare, in modo definitivo, la vita dei due protagonisti, le loro anime fragili. Che cosa ha reso Alfonso solo un “uomo che guarda dalla finestra”? Che rapporto c’è fra la musica che scava nel suo cuore ed Irene, la giovane donna che è andata ad abitare l’appartamento di fronte al suo? E quali segreti nascondono, Alfonso ed Irene, nelle profondità dei loro animi tormentati? Muto testimone di questa storia è un pesciolino, solitario abitatore di un bellissimo acquario, fino a quando...

L’AUTORE: Francesco Scrima (Palermo, 1961) insegna lettere in un liceo della sua città. Dopo alcuni anni di giornalismo, ha esordito nella narrativa con il romanzo Teresa e le amiche (Roma, 1987). Sono poi venuti i romanzi: La spiaggia e il fuoco (Firenze, 1990); La notte dentro (Palermo, La Zisa, 1997) e Per avido amore (Palermo, La Zisa, 2003). Ha pubblicato, su varie riviste, liriche, racconti e testi teatrali. Fra il 2003 ed il 2008, si è impegnato nella realizzazione di due cortometraggi, girati con alcuni allievi del suo liceo.

Peppe Striano, “Una vincita maledetta”, prefazione di Piergiorgio Di Cara, pp. 128, euro 10.00, Ed. La Zisa


Peppe Striano, “Una vincita maledetta”, prefazione di Piergiorgio Di Cara, pp. 128, euro 10.00
ISBN 978-88-95709-39-0


«Una storia indiavolata come un blues. Strade di fuoco. Ritmi incalzanti. Un noir puro, distillato, come un rhum della migliore marca» Piergiorgio Di Cara

Tre personaggi, tre destini intrecciati, tre vite diverse ma in un qualche modo uguali, spinte sempre oltre i limiti ... Fred, un blues-man buon gustaio, Rhum&Nicotina, donne e serate esagerate, che non si fa mancare neanche il brivido estremo della Roulette Russa. Omar, poliziotto sempre "fuori dalle righe", con tanta voglia di riconquistare un rapporto perduto. Sofia, annoiata insegnante di lingue straniere, splendida, inquieta donna alla ricerca spasmodica di "non sa che cosa". Il poliziotto organizza un piano e coinvolge, con l'arma del ricatto, Fred e Sofia nel tentativo di mettere le mani su un grosso bottino, di quelli che cambiano la vita. Ma il destino mescola bene le sue carte: in un susseguirsi di colpi di scena sulle strade di New York e Las Vegas, Fred e Sofia si innamorano e scoprono che Ornar ha teso loro una trappola. Non meno furbi dell'astuto poliziotto, riescono, a loro volta a "fregarlo". Ma il destino beffardo ha in serbo una triste sorpresa anche per loro …

PEPPE STRIANO Nasce a Napoli nel 1974. Conseguita la maturità, si arruola nella Polizia di Stato e dopo due anni lascia la sua città per lavorare alle Scorte in una Palermo in piena rinascita. Chitarrista, cultore del blues e curioso della vita, ha “inseguito” le sue passioni in giro per il mondo. Vive tuttora a Palermo dove è impegnato da quasi dieci anni in delicate operazioni di polizia investigativa

In libreria Girolamo Li Causi, “Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960”. A cura di Davide Romano. Ed. La Zisa


Girolamo Li Causi, “Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 1944-1960”. A cura di Davide Romano. Presentazione di Italo Tripi. Prefazione di Oliviero Diliberto, ed. La Zisa, pagg. 224, euro 9,90 (ISBN 978-88-95709-28-4)


Questa opera inedita di Girolamo Li Causi, terminata nel 1974, e non più rivista dall’Autore, è una lunga riflessione critica, ed autocritica, sull’attività svolta dal PCI e dalle classi dirigenti siciliane, negli anni della ricostruzione post-bellica, dai mesi immediatamente successivi allo sbarco delle truppe anglo-americane sino alla formazione dei governi Milazzo. Un arco di tempo lungo un quindicennio, durante il quale Li Causi assolse anche l’incarico di segretario regionale del partito. Da questo suo osservatorio privilegiato emerge il ritratto vivo e spesso pungente di uomini e vicende che hanno segnato la storia passata e presente dell’Isola.

GIROLAMO LI CAUSI (Termini Imerese 1906 - Roma 1977) è stato uno dei massimi dirigenti nazionali del Partito comunista italiano, al quale aderì giovanissimo poco dopo la sua fondazione. Parlamentare per diverse legislature, è stato per alcuni anni vice presidente della Commissione nazionale antimafia. Collaboratore e direttore di numerosi periodici, ha pubblicato: Il lungo cammino. Autobiografia 1906-1944, Roma, Editori Riuniti, 1974.
DAVIDE ROMANO (Palermo), giornalista. Ha scritto e scrive per numerose testate, tra le quali: Il Giornale di Sicilia, Il Mediterraneo, La Repubblica, Centonove, Antimafia2000, L’Ora, La Rinascita della Sinistra, Jesus, Avvenimenti, L’Inchiesta Sicilia, Narcomafie e Riforma. È stato anche fondatore e direttore responsabile del bimestrale di economia, politica e cultura Nuovo Mezzogiorno e del mensile della Funzione Pubblica Cgil Sicilia Forum 98. Ha pubblicato: L’amore maldestro (2001), La linea d’orizzonte tra carne e Cielo (2003), La buriana e altri racconti (2003),
Nella città opulenta. Microstorie di vita quotidiana (2003, 2004), L’anima in tasca (2004), Piccola guida ai monasteri e ai conventi di Sicilia (2005), Il santo mendicante. Vita di Giuseppe Benedetto Labre (2005), Dicono di noi. Il Belpaese nella stampa estera (2005) e La pagliuzza e la trave. Indagine sul cattolicesimo contemporaneo (2007).

Presentazione
di Italo Tripi

Il merito di ridare oggi voce ad un uomo politico come Girolamo Li Causi non risiede soltanto nella ricognizione storica di un periodo straordinariamente importante come il quindicennio 1944-1960, ma serve anche a mettere in luce il profilo e la consistenza di un politico lungimirante e tenace nel sostenere le ragioni di una scelta.
Il sempre più diffuso bisogno di “ritorno alla Storia” è indicativo delle difficoltà che stiamo attraversando e serve a recuperare il senso di un percorso, di un cammino, di una storia appunto che ci riguarda, ci appartiene.
La selezione degli scritti ad opera del curatore del libro che presentiamo mostra per intero la sua efficacia perché riesce a dare il senso di una stagione politica così ricca di avvenimenti che hanno visto la Sicilia al centro della storia nazionale come nel caso dello straordinario movimento contadino, della nascita del “partito nuovo” e la scelta autonomistica, della lotta alla mafia e dei riverberi a Portella della Ginestra dello scacchiere internazionale caratterizzato dalla cosiddetta “guerra fredda”.
La figura di Girolamo Li Causi emerge in tutta la sua brillantezza e, come nel caso dell’attentato del 16 settembre 1944 a Villalba, mette in mostra non solo l’acume politico ma anche la caratteristica umana di chi con coraggio e coerenza parla al cuore delle persone e fa muro alla furia criminale e assassina della mafia.
Muro che, fra l’altro, ha visto in decine di sindacalisti della Cgil i mattoni di una costruzione che della liberazione dal giogo politico mafioso ne ha fatto il presupposto dell’azione politica.
La lettura dei testi in appendice conferma in pieno le qualità dell’uomo Girolamo Li Causi e riassume le tappe più significative del decennio in questione.
Non posso tacere, in conclusione, che la Sicilia di oggi – afflitta da un grave declino delle sue classi dirigenti e segnatamente di quella politica e da una ostinata separatezza dal resto d’Italia – ha bisogno di ritrovare il bandolo della sua storia per capire come e dove orientare il cammino futuro, per dare fiducia e vigore alle nuove generazioni e impulso ad una stagione di profondi e ineluttabili cambiamenti.
Italo Tripi

Prefazione
di Oliviero Diliberto

Gli anni raccontati da Girolamo Li Causi in questo straordinario libro sono quelli decisivi della Repubblica italiana, quelli che l’hanno indelebilmente segnata, ne hanno condizionato il futuro sviluppo: anni che pesano ancor oggi. Dal 1944 al 1960, accade infatti praticamente tutto. La fine della guerra e la vittoria sul nazi-fascismo; la formazione dei primi governi democratici di unità nazionale e la successiva esclusione delle sinistre da essi; l’Assemblea Costituente e la nascita della Costituzione; l’attentato a Togliatti; la sconfitta delle sinistre nel ’48 e il centrismo; l’avanzata del Pci e delle sinistre a prezzo di lotte, politiche e sociali, grandi e terribili; le conseguenti repressioni di Scelba; la legge-truffa, e poi ancora la crisi del centrismo, le prime avvisaglie del nascente centro-sinistra, e infine la formazione dei governi Milazzo alla Assemblea regionale siciliana, resa possibile da una spaccatura all’interno della Democrazia cristiana, e la conseguente estromissione temporanea di questo partito dalle leve del potere.
In questi primi anni si coglie soprattutto la fine di una stagione di speranze aperta dalla Resistenza, la constatazione che la classe dirigente sceglie allora di non rompere decisamente con il passato, di non voltare pagina – anche e soprattutto per via del contesto internazionale, il mondo diviso in due blocchi, la guerra fredda degli anni più cupi –, in un continuiamo deteriore tra passato e presente, tra apparati dello Stato gravemente collusi con il regime fascista e riciclati, a vario titolo, in quelli della nuova Repubblica. I nemici di ieri diventano “utili” in quel momento per contrastare i nuovi nemici, i comunisti: e certo non solo in Italia. Le conseguenze di quelle scelte sciagurate, in Sicilia come nel resto del Paese, le paghiamo ancor oggi.
Li Causi racconta tutto ciò da un’ottica particolare, ma decisiva: la Sicilia del dopoguerra. L’autore narra, da protagonista, la battaglia contro la mafia, la connessione tra Stato, malavita organizzata, economia forte, le incursioni dei servizi americani. Oggi, tutto ciò ci appare più evidente. Sono emersi documenti, testimonianze, i fatti si delineano nella loro gravità e complessità: ma in Li Causi – attore protagonista tra i più importanti del periodo, a livello siciliano e nazionale – l’analisi è sin da quegli anni di una lucidità che oggi appare straordinariamente lungimirante. Aveva già chiaro tutto. E lo diceva.
L’autore – è quasi superfluo dirlo, ma forse non è inutile sottolinearlo in questi tempi di perdita colpevole di memoria – è stato personaggio leggendario. Incarcerato nel 1928 dopo la condanna a 20 anni di reclusione comminata dal tribunale speciale del fascismo, liberato nel ’43, è subito tra i capi della Resistenza nel Nord Italia, poi dirige il partito e le lotte per l’occupazione delle terre (e non solo) in Sicilia, è autorevole parlamentare e membro della direzione nazionale del Pci.
Popolarissimo e amatissimo tra le masse, Li Causi è l’alfiere della lotta contro la mafia, quando in certi ambienti politici (e giornalistici) essa non si poteva neppure nominare, negandosi addirittura la sua esistenza. Li Causi accusava apertamente di connivenza con la mafia i vertici dei partiti di governo in Sicilia, ad iniziare ovviamente dalla Dc, parlava delle collusioni con Cosa Nostra: lo faceva quando pochissimi, isolatamente, osavano farlo. Le prove giudiziarie sono venute a galla solo nei processi più recenti. Ma quelle politiche erano già allora di fronte agli occhi di chi voleva vederle. Li Causi univa dunque la capacità, straordinaria, di conoscenza e di analisi, ad un eccezionale coraggio.
Emerge a tutto tondo la figura di Li Causi comunista. Ma anche di Li Causi siciliano. Di quella Sicilia che ha dato straordinarie figure di dirigenti, nel corso dei decenni, al Pci nazionale, ma che ha visto protagonisti anche migliaia di donne e uomini meno noti o sconosciuti, militanti e dirigenti locali, politici e sindacalisti, che hanno dedicato al riscatto della propria Isola tutta la loro vita, non di rado mettendola concretamente a repentaglio e talvolta perdendola, proprio in nome e per via delle battaglie antimafia. Un nome per tutti: Pio La Torre.
Guttuso – altro siciliano illustre – amava ripetere, con la civetteria dei siciliani colti e cosmopoliti, che anche quando dipingeva una mela, c’era dentro la Sicilia. Se la portava dietro ovunque fosse e qualunque cosa facesse. Saudade isolana, ma anche coscienza della propria identità forte, delle radici che non si recidono, di valori che urlano dentro di sé. Ed è proprio in Sicilia che Li Causi matura alcune delle sue convinzioni più profonde, ad iniziare dall’adesione senza tentennamenti, e da subito, alla svolta togliattiana del ’44, la nascita del partito nuovo, capace di unire sempre la protesta alla proposta, l’identità e le alleanze. Li Causi è sempre attento all’unità delle masse, mai velleitario, nemico giurato del massimalismo. Egli crede e si batte per un partito che aderisse pienamente ai valori e ai principi della nuova Costituzione, scegliendo di tenere uniti democrazia e socialismo.
Li Causi fu dirigente comunista di prima grandezza. Pieno di umanità e partecipazione personale ai drammi del sottosviluppo, della povertà, dell’emarginazione sociale. In lui, nelle sue pagine, si avverte come prioritaria gli appaia la lotta contro le ingiustizie, i soprusi, le prepotenze dei potenti contro gli umili: Manzoni avrebbe detto le soperchierie. Passione politica, dunque, unita sempre alla tensione morale. Ma dal libro si chiarisce anche che nei comunisti siciliani la battaglia per la legalità e quella per il riscatto sociale non siano mai astrattamente scisse, anzi esse appaiono indissolubili tra loro: pena la sconfitta su entrambi i terreni.
Un esempio, dunque, ancora oggi vivissimo. Queste riflessioni politiche inedite, che commentano e si incrociano con alcuni passi significativi della sua vicenda autobiografica postbellica, sono quindi utili, feconde, istruttive. Ne dobbiamo essere grati ai brillanti curatori, che allegano anche pagine particolarmente struggenti, come le lettere di Li Causi dal carcere e le testimonianze dei compagni e dei dirigenti del Pci, seguite alla sua scomparsa.
Concludendo la lettura, mi viene spontaneo pensare (ripensare, ancora una volta) allo scioglimento di quel partito – il Pci – al quale Li Causi e intere generazioni di comunisti in Italia hanno dedicato l’intera propria vita. Anche questo straordinario libro, infatti, testimonia la grandezza e i meriti storici di quella comunità di donne e uomini che lo costituivano. Vi ho riflettuto con amarezza.
Ma è motivo di ottimismo e di speranza pensare anche che questo libro possa esser letto, e meditato, da una generazione ancor più giovane: quella che viene dopo la mia e non ha conosciuto il Pci, per un ovvio fatto anagrafico. A questi giovani, che oggi hanno vent’anni, e nascevano quando crollava il Muro di Berlino, questo libro insegna che ciò che è stato fatto era giusto farlo e che i comunisti italiani sono stati i protagonisti della lotta per la democrazia, la legalità, l’emancipazione del popolo: in definitiva, per un’Italia migliore.
In definitiva, questo libro ci insegna, ancora una volta, quanto sia straordinariamente vitale il vecchio principio che i filosofi ci ripetono da un migliaio di anni. Noi, oggi, riusciamo a vedere più lontano di chi ci ha preceduto non perché siamo più bravi, ma semplicemente perché siamo nani issati sulle spalle di giganti.

Oliviero Diliberto

Giovedì 17 luglio, Presentazione di "M. La lettera maledetta" di Emanuele Sinagra, Ed. La Zisa


Giorno 17 Luglio 2009 alle ore 18:30
Presentazione del libro
"La lettera maledetta"
di Emanuele Sinagra.
Saranno presenti alla tavola rotonda:
Davide Romanogiornalista e scrittore presidente della casa editrice La Zisa
Malde Vigneripsicoanalista e prefatrice del libro
Mario Pintacudainsegnante e scrittore
Emanuele Sinagramedico ed autore del libro
Seguirà un aperitivo.


“Ritroviamo con sollievo e con piacere nelle pagine del giovane autore del racconto la lettera maledetta quell’afflato magico della scrittura di cui parla Savater. Lo stile fantasioso e affabulatorio di Emanuele Sinagra ne merita il riconoscimento nel senso letterario del termine per il fluire dell’inventiva, per la capacità visionaria e per la scioltezza della forma che raggiunge in più di un brano livelli espressivi particolarmente felici ed in senso letterale per l’inquietante abilità rapportabile in alcuni tratti alle atmosfere dei saggi di De Martino, di mescolare ambientazioni rurali e delle terre di provincia a stilemi dal cupo disegno gotico (...). Come nelle antiche fiabe piene di streghe, di orchi e di avvenimenti ordalici, ci lasciamo attraversare dal racconto per giungere insieme all’autore ed al suo personaggio ad una plaga più rasserenata del vivere.” (Dalla presentazione di Malde Vigneri)


EMANUELE SINAGRA, (Palermo, 1983), nel 2001 ha conseguito la maturità classica presso il Liceo Classico Giuseppe Garibaldi con la votazione di 100/100. Nel 2007 ha conseguito la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia con la votazione di 110/110 e lode, con menzione della tesi ed ammissione al Premio Maurizio Ascoli. Da sempre ha seguito con passione la letteratura , il giornalismo, la storia dell’arte, la psicoanalisi e le lingue, in particolare il tedesco e l’inglese, coltivate nelle sue esperienze formative all’estero (Germania, Svezia e Polonia). Dal 2008 è medico in formazione presso la Scuola di Specializzazione in Gastroenterologia presso l’Università degli Studi di Palermo. Questo è il suo primo libro.

Un libro per l'estare


Torna in libreria "Palermo oppure Palermo. Le immagini dello spettacolo di Pina Bausch"


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"Palermo oppure Palermo. Le immagini dello spettacolo di Pina Bausch e il diario intimo di una città"

di Michele Di Dio e Mimmo Gerratana, ed. La Zisa – Palermo, pp. 192, euro 42,00 ISBN 978-88-8128-014-8

“Palermo oppure Palermo” nasce dalla collaborazione tra un fotografo e un giornalista. Lo spunto è lo spettacolo “Palermo Palermo”, che la grande coreografa tedesca Pina Bausch, da poco scomparsa, ha presentato in prima mondiale nel capoluogo siciliano. Dello spettacolo Michele Di Dio ha realizzato una serie di immagini, il testo di Mimmo Gerratana è nato invece nello stesso periodo in cui la Bausch girava per le vie della città prendendo idee e appunti per la messa in scena. Il libro mette, quindi, a confronto diverse “letture” di Palermo: quella di Pina Bausch, che dalle strade ha tratto simboli, metafore, movimenti; quella di Michele Di Dio, che ha costruito un proprio itinerario visivo nel balletto; infine, quella di Mimmo Gerratana, anch’essa metaforica e addirittura romanzata. Ma che parla di fatti di cronaca pur se deformati dalla sensibilità. Il risultato è un magnifico ritratto a più voci che va oltre la rappresentanza del reale: un ritratto delle speranze, le delusioni, le inquietudini, le ambiguità, gli incubi che attraverso una metropoli mediterranea oggi come ieri sempre più “sotto gli occhi del mondo”.

La Zisa - Chi siamo

La casa editrice La Zisa nasce nel 1988 a Palermo e in breve tempo si afferma nel settore dell'editoria di qualità con i suoi numerosi titoli pubblicati (saggistica di carattere storico-scientifico, saggistica d’attualità e narrativa di autori classici “ritrovati” e di scrittori emergenti).
Oggi La Zisa Comunicazione soc. coop. raccoglie questa preziosa eredità e la rilancia con l'apporto di un gruppo di giovani redattori, amanti dei buoni libri, motivati e innovativi, e soprattutto appassionati. Una sorta di “seconda generazione” intellettuale cresciuta e formatasi alla scuola dei fondatori della casa editrice.
Ed è solo grazie a questa passione che il nuovo gruppo redazionale è stato in grado in poco più i due anni di implementare il già nutrito catalogo di ben 40 titoli. Alcuni dei quali di discreto successo come il saggio del giornalista del Sole24Ore, Nino Amadore, “La zona grigia. Professionisti al servizio della mafia” (3 ristampe in sei mesi); il dizionario “Le parole della mafia” (una tiratura quasi esaurita nell’arco di due stagioni) o la relazione della Commissione parlamentare Antimafia sulla ‘ndrangheta o, ancora, romanzi come “Il sarcofago dell’Imperatore” dell’archeologo Matteo Valentino e “I fiori e la polvere” di Dario Lo Bianco.