
(Repubblica — 26 febbraio 2010)
                  IL SUO "fluido della perfezione" ha spopolato nei primi anni  del   Novecento, non soltanto nella sua Palermo, ma persinoa New York    dove impiantò la Salafia permanent method embalming   company offrendo  anche una sorta di pacchetto "soddisfatti o   rimborsati". Alfredo  Salafia, nato nel capoluogo siciliano nel   1869, di professione era  imbalsamatore. Così si legge   anche sulla sua carta identità del tempo.  M a poco o nulla   si è mai saputo della sua vita e della sua formula    miracolosa di imbalsamazione che ha trasformato la piccola   Rosalia  Lombardo, morta nel 1920 a causa di una broncopolmonite o   forse di una  malattia "esotica", e custodita con altre duemila   mummie nelle  catacombe dei Cappuccini, in una sorta di simbolo   dell' immortalità  che ha fatto il giro del mondo. Adesso   il manoscritto di Salafia dal  titolo "Nuovo metodo speciale per   la conservazione del cadavere umano  intero allo stato   permanentemente fresco", rimasto inedito per quasi  un secolo,   è al centro del libro "Il maestro del sonno eterno",    scritto da Dario Piombino-Mascali, giovane antropologo e   ricercatore  messinese dell' Accademia Europea di Bolzano,   pubblicato dalla casa  editrice La Zisa, che sarà   presentato il 5 marzo alle 18 alla libreria  Feltrinelli. Per la   prima volta si ripercorre nel dettaglio il metodo  di   imbalsamazione di Salafia che in vita non si specializzò   mai in  Medicina, ma coltivò un costante esercizio nella   chimica, nell'  anatomia e nell' estetica inoltrandosi nella   professione partendo con  esperimenti tassidermici sui corpi degli   animali per arrivare poi agli  esseri umani. Alla base del metodo   c' era la famosa formula segreta  che Salafia non rivelò   mai pubblicamente prima della sua morte, ma che  in qualche modo   dovette diffondersi tra alcuni allievi come  testimoniano un paio   di documenti - riportati nella pubblicazione -  successivi alla   morte dell' imbalsamatore. «Il fatto - scrive    Piombino-Mascali - che Salafia abbia perfezionato il proprio   fluido  entro il 1901 suggerisce che egli sia stato uno dei primi   a mettere a  punto una formula d' imbalsamazione "moderna" non   più costituita da  sostanze tossiche come l' arsenico e il   mercurio, altamente nocive per  l' operatore». La formula   scovata dal ricercatore fra le carte  sepolte dall' oblio è   molto precisa: una parte di glicerina, una di  formalina al   quaranta per cento satura di zolfato di zinco e con il  dieci per   cento di cloruro di zinco secco, una ancora di alcool satura  di   acido salicilico. Tutto somministrato con una sola iniezione,    come suggerisce Salafia, preferibilmente attraverso un' arteria    femorale. «Messa a nudo un' arteria femorale - riporta l'   autore  attingendo al manoscritto di Salafia - si incide la parete   superiore  per una lunghezza capace di lasciare il tubetto di   vetro con la  direzione verso il tronco: si lega bene il tubetto   di vetro all'  arteria e si lega pure l' altro lato dell' arteria;   si apre il  rubinetto e così sarà iniziata l'   iniezione endovasale». Si legge  ancora nel manoscritto   dell' imbalsamatore: «Per ottenere una  pressione uguale e   costante, l' iniezione endovasale, deve eseguirsi a  mezzo di una   vaschetta di vetro con tubo di gomma posta a m. 1,50 più    alta dell' arteria da cui si vuole introdurre il liquido    conservativo». Con questa procedura la piccola Lombardo si   è mostrata  per decenni con un viso turgido e   rotondeggiante, grazie anche a  iniezioni di paraffina disciolta   in etere. «La glicerina - spiega l'  autore del libro -   faceva sì che il cadavere non si disidratasse  troppo,   oltre a donare elasticità e uniformità di colore ai   tessuti.  La formalina esercita un' azione disinfettante e   disidratante e i  sali di zinco una funzione antisettica e   preservativa. Infine l'  alcool agiva sia come veicolo che come   sostanza conservativa e  penetrante, mentre l' acido salicilico   preveniva la formazione di  funghi». All' interno del corpo   di Rosalia Lombardo, grazie all'  impiego di una sofisticata   apparecchiatura radiografica,  Piombino-Mascali ha potuto anche   rivelare nel cranio ancora intatti  entrambi gli emisferi   cerebrali, nella cavità toracica la struttura  polmonare e   a livello addominale il fegato. Oggi, però, il ricercatore    lancia un serio allarme sulle condizioni del corpo della bambina:    «Sono evidenti - scrive Piombino-Mascali - un certo   oscuramento del  volto così come lo sbiadimento dei capelli   e tessuti per un processo  di fotossidazione. È in atto un   progressivo deterioramento imputabile  alla continua esposizione   alla luce. Inoltre l' aumento dell' umidità e  l'   inquinamento atmosferico all' interno delle catacombe forma acidi    corrosivi che minacciano la sua conservazione». Così   l' incuria e i  tempi lunghi degli iter burocratici rischiano di   rovinare un processo  che aveva il sapore dell' eternità.   Per intervenire sulla bambina  adesso si attende un immediato   benestare dalla Soprintendenza ai Beni  culturali. Ma Salafia   imbalsamò oltre cento corpi, fra cui personaggi  illustri   come Francesco Crispi, di cui restaurò il corpo, e ancora    il cardinale Michelangelo Celesia, il senatore Giacomo   Armò, l'  etnografo Giuseppe Pitrè e il conte di   Francavilla. E fra quelli  ancora oggi conservati nella cripta dei   cappuccini, oltre alla piccola  Rosalia, il fratello Ernesto   Salafia e il vice console Giovanni  Paterniti. Del corpo dello   stesso Salafia, invece, come fosse una  beffa del destino, non   rimane nulla. Forse l' abito blu che indossava  al momento della   morte avvenuta nel 1933 per un' emorragia cerebrale,  giace   dimenticato sul fondo di una tomba del cimitero di Santa Maria  di   Gesù.          - CLAUDIA BRUNETTO