mercoledì 6 giugno 2018

Catarsi in versi in libreria! Tregor Russo, “Catarsi redentrice. Poesie”, Edizioni La Zisa, pp. 56, euro 9,90 (ISBN 978-88-31990-03-5)




La catarsi del titolo è il moto dell’anima che attraversa le poesie di Tregor Russo. Il leitmotiv della raccolta è il desiderio (che sia di vita, morte o amore). Affidandosi ad un immaginario suggestivo, ancestrale e a tratti apocalittico, l’autore ci trascina verso il suo abisso. Ma nonostante la vertigine della caduta dia la sensazione di ebbrezza, in realtà quello che spinge le poesie di Russo è un movimento verticale: una salita, una redenzione che si finge precipizio. Catarsi Redentrice si dispiega pagina dopo pagina secondo questa ambivalenza; fra redenzione e dannazione, fra le luci e le ombre dell’uomo.

Tregor Russo è nato a Menfi (Ag) nel 1978. È insegnante accademico di musica, nonché artista internazionale, compositore, arrangiatore, cantante, polistrumentista e poeta. Catarsi Redentrice è la sua opera prima.


2 commenti:

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  2. Russo, celebrato artista poliedrico, che fonde in uno raro e splendido connubio, l’espressione viva del suo vivere l’arte: scrittore non massificato, dai tratti autenticamente originali, per tecnica e contenuti, e cultore acuto, estremo e raffinato dell’arte dei versi.
    Nella silloge "Catarsi Redentrice " Russo ha distillato purezze emozionali in solfeggi di versi sciolti, arricchiti da un’armonia di respiro universale.
    L’essenzialità profonda ed intimistica della poesia di Tregor Russo la si intravede sin nella foto che anima la copertina della silloge.
    È l'anastilosi di Solunto, in cui nudità essenziali, dolorose, fanno da contrappunto ad una quotidianità metafisica, espressa in un semplice e simbolico tempio in rovina, che immortala la profondità dello scatto con l'autore stesso in posa che ne esalta la tragicità.
    Quello scatto è una finestra nell’anima, il fotogramma di un disagio doloroso, scolpito nel nero-profondo della roccia con la sua anima
    Uno strano matrimonio quello tra il dolore dell’uomo e la grandiosità della natura: Tregor Russo ama la sua terra, soffre per essa e la sua musa lirica si nutre direttamente ed attinge sacralmente al genius loci, di cui diventa vestale fedele e custode appassionata dell’oikos d’ellenica effige.
    Non c’è una semiologia unica nei versi, ma, seguitando il pensiero del filosofo, nulla di ciò che riguarda l’uomo è estraneo al poeta, il vissuto emozionale – creta informe – diventa magma da plasmare, lava stratificata dalla memoria, che talvolta lambisce e talvolta travolge il senso stesso della vita universale. Nella poesia di Russo c’è la condanna alla “nostra insulsa indifferenza”, c’è la mano tesa ai “neri invisibili”.
    C’è la Magna Grecia, c’è la Sicilia, c’è il mare, c’è una natura ed un paesaggio meraviglioso che diventa rifugio, guaritore e panacea dell’animo umano, tempio indissolubile, ma anche timore per l’“amaro evolversi” dove riecheggia, acuta, l’eco ancestrale delle foscoliane e fatali magnifiche sorti e progressive che pure Russo reinterpreta in più punti con l’insistente richiamo alla cosmologia, resiliente metafora del male di vivere.
    Il tazebao poetico di Russo diventa tela bianca in cui fissare ritmi e sinfonie policrome, all’insegna del più puro spirito espressionistico, in cui la realtà è fortemente caratterizzata ed enfatizzata da colori e scene dolorose e violente, che, come in un agone prometeico, danzano “dentro un fuoco di lava”.
    In questi tratti emerge la passionalità assolutizzante di Tregor Russo che, in tema d’amore, non ammette compromessi.
    La Catarsi Redentrice diventa metafora dell’amarezza del sentimento inespresso.
    Ma se l’amore è dolore, è allo stesso tempo speranza che dà voce alla memoria ed ai rimpianti.
    Così è per il dolce ritratto della madre, forte e delicato.
    Anche l'amore diventa per il poeta un aspro terreno di scontro in cui dolore e destino non risparmiamo fendenti, talora mortali.
    Le poesie della silloge sono, perciò, calde digressioni, variazioni sull’empatia universale, venate da malinconica e struggente saudade di cui pure, per la nascita siciliana, la vena poetica di Tregor Russo deve averne parte.
    Nella consapevole fuggevolezza dell’esistenza “breve” e nella coscienza della precarietà del domani, il poeta si rivolge alla coscienza collettiva della sua città natale per esorcizzare, con un ferale monito a non piangerlo, l’”inavvertito congedo” di chi “vive il dolore”.
    Lo stesso topos, sommo e tragico, lo ritroviamo nella lirica dedicata al padre "Sull'Orlo del Crepuscolo".
    L’esiziale fine della vita, il tema della morte-distacco-abbandono che passa addosso, ineluttabile e crudele, costringono Tregor Russo a cercare spazi da riempire con sentimenti veri, che veicola per il lettore, con messaggi subliminali per sconfiggere l’”angoscia dell’attesa” , egli dà al lettore un filo d’arianna, un viatico spirituale.
    Il Tramonto è l’archetipo naturistico, l’ossimoro poetico di Tregor Russo: è la linfa della terra, vita e distruzione, ma è anche tomba, custodia ancestrale, culla-bozzolo.
    by Steven Ferresi

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