La
letteratura ci ha abituato a poesie che, se nel passato seguivano schemi
rigorosi, nel presente seguono sempre di più la libertà espressiva dell’autore.
Ma cosa è davvero poesia? È rigore o emozione? Può la poesia essere “dotta”?
Questa è la quarta raccolta di poesie di Maria Luigia Di
Stefano, dopo L’acqua che
ti offrivo, Ithaki e
Parole di luna e di sabbia. Lo stile è alto e puro, tocca le corde del
mito greco, della storia antica, ma anche quelle vibranti della musica. Ascolta
la voce del passato e parla quella dell’oggi. L’autrice aspira al “bello”, che,
per sua natura, è essenza dalle molte facce, riflesso di amore, dolore,
commozione e speranza. Perché, come dicevano i greci, καλός καὶ ἀγαθός, il bello non può che essere anche buono.
Maria Luigia Di Stefano, di origine abruzzese, fin dall’infanzia è itinerante
per l’Italia a causa del lavoro del padre. Infatti frequenta a Bologna il
liceo classico Luigi Galvani. Si laurea in Lettere Classiche presso
l’Università Alma Mater con una tesi in Sanscrito. Dopo un periodo di insegnamento
presso scuole statali, si trasferisce in Grecia e vive per lunghi anni ad
Atene dove dirige un suo istituto privato di lingua e cultura italiana e un
centro di traduzioni. Contemporaneamente si specializza in Greco Moderno,
nell’insegnamento dell’Italiano L2 e nella letteratura e storia di quella che,
a suo giudizio, è la patria adottiva. Collabora con le Istituzioni italiane
all’estero e con le Istituzioni elleniche, scrive per il giornale della comunità
italiana in Grecia.
Nel
2004 rientra in Italia, a Bologna dove vive e lavora. Collabora con il
Consolato ellenico e con la comunità greca dell’Emilia Romagna, organizza
conferenze e iniziative culturali tra i due paesi, tiene un corso di greco moderno
presso il CLE Erasmus Mundus dell’Università di Bologna.
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