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venerdì 27 aprile 2018

Piana degli Albanesi (Pa) 30 aprile, Si presenta “Salvatore Giuliano, uomo d’onore. Nuove ipotesi sulla strage di Portella della Ginestra” (Ed. La Zisa) di Francesco Petrotta





In occasione della ricorrenza della Strage di Portella, avvenuta il primo maggio del 1947, lunedì 30 aprile, alle ore 18, presso l’aula consiliare del Comune di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, si presenterà il saggio di Francesco Petrotta “Salvatore Giuliano, uomo d’onore. Nuove ipotesi sulla strage di Portella della Ginestra”, pubblicato dalle Edizioni La Zisa. Insieme all’autore, interverranno Dino Paternostro, Leandro Salvia, Serafino Petta e Matteo Mandalà.

Il libro svela, grazie a nuovi documenti inediti del servizio segreto statunitense dell’Office of strategic services (Oss),  e alle rivelazioni di Gaspare Pisciotta e di diversi collaboratori di giustizia (Tommaso Buscetta, Gaspare Mutolo, Francesco Di Carlo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Vincenzo Mazzola), che Salvatore Giuliano non era semplicemente un bandito che fu aiutato dalla mafia ma un mafioso, un uomo d’onore, che faceva parte dell’organizzazione criminale Cosa Nostra e che la sua banda non era altro che “un’organizzazione terroristica della MAFIA” (the terrorist organization “MAFIA” knows as the Giuliano gang) così come lo definivano, nel 1947, i servizi segreti americani.

A Portella della Ginestra Giuliano sparò personalmente sulla folla inerme di donne, bambini, anziani e contadini su ordine della mafia e degli agrari per fermare il primo movimento antimafia di massa della storia dell’Italia che lottava per i diritti dei lavoratori, la riforma agraria e per l’eliminazione della mafia dalle campagne siciliane.

Con la strage di Portella la mafia volle anche minacciare il governo nazionale per indurlo a disapplicare in Sicilia i decreti Gullo-Segni sulle terre incolte, vissuto dagli agrari come «spogliazione e annullamento del diritto di proprietà».

Il libro mette in luce anche la prima trattativa tra la mafia e pezzi rilevanti dello Stato, del 1949/50, per liberare la madre di Salvatore Giuliano, Maria Lombardo, arrestata per estorsione, in cambio della cessazione degli attacchi sanguinari alle forze dell’ordine. Trattativa che andò in porto e fu accertata dai giudici di Viterbo, grazie alle rivelazioni di Gaspare Pisciotta, ma che misteriosamente non determinò l’apertura di un fascicolo contro i mafiosi e gli uomini dello Stato per «violenza o minaccia al corpo dello Stato (politico, amministrativo o giudiziario)».

Nel saggio di Petrotta viene ricordata anche con nuovi documenti la figura Emanuele Busellini il campiere dei contadini poveri del feudo Strasatto, che Giuliano uccise il 1° maggio 1947 per eliminare un testimone scomodo che potesse rivelare la verità sulla strage.
Con questa pubblicazione vengono resi pubblici per la prima volta i documenti dei servizi segreti americani su Salvatore Giuliano e il suo foglio matricolare che rivela le sconcertati protezioni di cui godeva che il “Re di Montelepre”.

Mentre i giovani siciliani della sua classe venivano chiamati alle armi egli dal Consiglio di Leva, il 26 febbraio 1941, veniva dichiarato «non idoneo temporalmente per debolezza di costituzione» e lasciato a casa.

L’anno successivo, il 14 marzo 1942, venne arruolato nella Regia aeronautica ma incredibilmente venne dichiarato «rivedibile» e lasciato a Montelepre «in congedo illimitato provvisorio».
Il primo febbraio 1945, il Distretto Militare un anno e mezzo dopo l’omicidio di Antonio Mancino, quando già gli venivano attributi ben 10 omicidi tra cui quello del tenente dei carabinieri di Partinico Felice Testa lo trasferì «nei ruoli del R. Esercito» e lo lasciò con la sua banda criminale nelle montagne di Montelepre di nuovo «in congedo illimitato provvisorio».

Solo dopo la fine della guerra, il 20 marzo 1946, Giuliano venne chiamato alle armi e denunciato per diserzione quando ormai la mafia separatista aveva creato il “mito dell’eroe siciliano” e su di lui pendeva una taglia di 800.000 lire del Ministero dell’Interno.


martedì 5 febbraio 2013

In libreria: Francesco Billeci, “I ginestri di Portella. Poesie siciliane con traduzione in italiano”, Illustrazioni di Gaetano Porcasi


Francesco Billeci, “I ginestri di Portella. Poesie siciliane con traduzione in italiano”, Illustrazioni di Gaetano Porcasi, Ed. La Zisa, pp. 176, Euro 10,00

“I ginestri di Portella” è una raccolta che pone il lettore a riflettere su fatti storici, di cronaca, di sofferenze, soprusi e malattie, ma è anche un invito a saper andare oltre i fatti, in quanto c’è l’uomo che sa amare e voler bene. Nell’opera di Francesco Billeci c’è la storia della Sicilia, costituita da episodi tristi come la strage di Ustica, l’assassinio di Peppino Impastato, la strage di Portella delle Ginestre, luogo che da oasi di serenità in brevi secondi si è trasformata in un luogo di morte. Bedda fimmina mia, il canto triste per la perdita della propria compagna racchiude il dolore che fa testimone di solitudine. Rosi profumati rappresenta la rabbia per la disperazione di un padre alla vista della propria figlia violentata, pensa di vendicarsi per poi lasciare spazio alla ragione che quieta l’animo: la giustizia dello Stato. In Alice è nei guai, Alice rappresenta coloro che subiscono violenze sia fisica che psicologica dentro le mura domestiche, lei, violentata dal compagno della madre, da camaleonte dopo la morte del padre prende il suo posto. I Ginestri di Portella è un opera da cui emergono da un lato la parte introspettiva dell’io, che pensa, si rattrista e spera, dall’altra quella più battagliera che con coraggio denuncia i mali sociali: mafia, droga, violenza e bullismo per citarne alcuni. Si tratta di una raccolta che rivendica il rispetto per l’altro, cioè quello che possiamo chiamare ‘rispetto per l’elemento umano’, e si trasforma in bisogno ‘vitale’. L’impegno di Billeci è soprattutto etico: una necessità innata per far luce non solo dentro di sé ma pure su quegli eventi che mettono alla prova la società. (Dalla Prefazione di Enza Conti)

Francesco Billeci nato nel 1973 è uno scrittore e poeta siciliano ha già pubblicato tre romanz: “Il passato non si dimentica” (2010), “La biglia verde” (2011), “Segreti di mafia” (2012). “I ginestri di Portella” è la sua prima raccolta di poesie.

venerdì 29 gennaio 2010

QUANDO L' ISOLA ERA FRONTIERA. GLI ANNI RUGGENTI DI LI CAUSI






L' EDITRICE La Zisa pubblica "Terra di Frontiera. Una stagione politica in Sicilia 19441960", opera inedita di Girolamo Li Causi, terminata nel 1974, e non più rivista dall' autore. Il libro (a cura di Davide Romano, interventi di Italo Tripi e Oliviero Di Liberto, 224 pagine, 9,90 euro) è una lunga riflessione critica, ed autocritica, sull' attività svolta dal Pci e dalle classi dirigenti siciliane, negli anni della ricostruzione post-bellica, dai mesi immediatamente successivi allo sbarco delle truppe anglo-americane sino alla formazione dei governi Milazzo. Un arco di tempo lungo un quindicennio, durante il quale Li Causi assolse anche l' incarico di segretario regionale del partito. Da questo suo osservatorio privilegiato emerge il ritratto vivo e spesso pungente di uomini e vicende che hanno segnato la storia passata e presente dell' Isola. Li Causi (nato Termini Imerese nel 1906, morto a Roma nel 1977) è stato uno dei massimi dirigenti nazionali del Partito comunista italiano, al quale aderì giovanissimo poco dopo la sua fondazione. Parlamentare per diverse legislature, è stato per alcuni anni vice presidente della Commissione nazionale antimafia. Collaboratore e direttore di numerosi periodici, ha pubblicato: "Il lungo cammino. Autobiografia 19061944" (Editori Riuniti, 1974). «Il merito di ridare oggi voce ad un uomo politico come Girolamo Li Causi - scrive Italo Tripi nella prefazione - non risiede soltanto nella ricognizione storica di un periodo straordinariamente importante come il quindicennio 1944-1960, ma serve anche a mettere in luce il profilo e la consistenza di un politico lungimirante e tenace nel sostenere le ragioni di una scelta. Il sempre più diffuso bisogno di "ritorno alla Storia" è indicativo delle difficoltà che stiamo attraversando e serve a recuperare il senso di un percorso, di un cammino, di una storia appunto che ci riguarda, ci appartiene». (Repubblica, 25 marzo 2009)