In
occasione della ricorrenza della Strage di Portella, avvenuta il primo maggio
del 1947, lunedì 30 aprile, alle ore 18, presso l’aula consiliare del
Comune di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo, si presenterà il
saggio di Francesco Petrotta “Salvatore Giuliano, uomo d’onore. Nuove ipotesi
sulla strage di Portella della Ginestra”, pubblicato dalle Edizioni La Zisa.
Insieme all’autore, interverranno Dino Paternostro, Leandro Salvia, Serafino
Petta e Matteo Mandalà.
Il libro svela, grazie a nuovi
documenti inediti del servizio segreto statunitense dell’Office of strategic
services (Oss), e alle rivelazioni di
Gaspare Pisciotta e di diversi collaboratori di giustizia (Tommaso Buscetta,
Gaspare Mutolo, Francesco Di Carlo, Francesco Marino Mannoia, Giovanni Vincenzo
Mazzola), che Salvatore Giuliano non era semplicemente un bandito che fu
aiutato dalla mafia ma un mafioso, un uomo d’onore, che faceva parte
dell’organizzazione criminale Cosa Nostra e che la sua banda non era altro che
“un’organizzazione terroristica della MAFIA” (the terrorist organization
“MAFIA” knows as the Giuliano gang) così come lo definivano, nel 1947, i
servizi segreti americani.
A Portella della Ginestra
Giuliano sparò personalmente sulla folla inerme di donne, bambini, anziani e
contadini su ordine della mafia e degli agrari per fermare il primo movimento
antimafia di massa della storia dell’Italia che lottava per i diritti dei
lavoratori, la riforma agraria e per l’eliminazione della mafia dalle campagne
siciliane.
Con la strage di Portella la
mafia volle anche minacciare il governo nazionale per indurlo a disapplicare in
Sicilia i decreti Gullo-Segni sulle terre incolte, vissuto dagli agrari come
«spogliazione e annullamento del diritto di proprietà».
Il libro mette in luce anche la
prima trattativa tra la mafia e pezzi rilevanti dello Stato, del 1949/50, per
liberare la madre di Salvatore Giuliano, Maria Lombardo, arrestata per
estorsione, in cambio della cessazione degli attacchi sanguinari alle forze
dell’ordine. Trattativa che andò in porto e fu accertata dai giudici di
Viterbo, grazie alle rivelazioni di Gaspare Pisciotta, ma che misteriosamente
non determinò l’apertura di un fascicolo contro i mafiosi e gli uomini dello
Stato per «violenza o minaccia al corpo dello Stato (politico, amministrativo o
giudiziario)».
Nel saggio di Petrotta viene
ricordata anche con nuovi documenti la figura Emanuele Busellini il campiere
dei contadini poveri del feudo Strasatto, che Giuliano uccise il 1° maggio 1947
per eliminare un testimone scomodo che potesse rivelare la verità sulla strage.
Con questa pubblicazione vengono
resi pubblici per la prima volta i documenti dei servizi segreti americani su
Salvatore Giuliano e il suo foglio matricolare che rivela le sconcertati
protezioni di cui godeva che il “Re di Montelepre”.
Mentre i giovani siciliani della
sua classe venivano chiamati alle armi egli dal Consiglio di Leva, il 26
febbraio 1941, veniva dichiarato «non idoneo temporalmente per debolezza di
costituzione» e lasciato a casa.
L’anno successivo, il 14 marzo
1942, venne arruolato nella Regia aeronautica ma incredibilmente venne
dichiarato «rivedibile» e lasciato a Montelepre «in congedo illimitato
provvisorio».
Il primo febbraio 1945, il
Distretto Militare un anno e mezzo dopo l’omicidio di Antonio Mancino, quando
già gli venivano attributi ben 10 omicidi tra cui quello del tenente dei
carabinieri di Partinico Felice Testa lo trasferì «nei ruoli del R. Esercito» e
lo lasciò con la sua banda criminale nelle montagne di Montelepre di nuovo «in
congedo illimitato provvisorio».
Solo dopo la fine della guerra,
il 20 marzo 1946, Giuliano venne chiamato alle armi e denunciato per diserzione
quando ormai la mafia separatista aveva creato il “mito dell’eroe siciliano” e
su di lui pendeva una taglia di 800.000 lire del Ministero dell’Interno.
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