C’è nei versi di Anestis Evanghelu una
espressività fondata essenzialmente su una corposità fisica e quasi tattile,
come egli stesso ebbe a riconoscere in una intervista: «Io sono uomo del tatto.
Non ho mai lavorato con idee, mai con sentimenti. Materiali miei sono il mio
corpo vivo e le cose di questo mondo. Materiali soggetti alla corruzione e alla
morte, umani, miei».
Lo stato presente viene calato in una più
generale ottica di crisi esistenziale in cui trovano naturale collocazione sia
la rappresentazione della condizione umana condannata a passare da una
situazione iniziale, coincidente con l’infanzia e la gioventù, di generosa
elargizione di beni e doni d’ogni sorta, al fatale crollo delle illusioni, al naufragio
della nave con tutto l’equipaggio, sia la denuncia di chi s’è trovato improvvisamente
sprofondato in sordidi sotterranei popolati da assassini e bari.
Anestis Evanghelu
(1937-1994), appartenente
alla cosiddetta seconda generazione poetica del dopoguerra, nacque e si formò a
Salonicco, il dinamico e vitale capoluogo macedone, ricco di storia e di
originale creatività, fecondo vivaio di talenti e di forti personalità nel
campo delle arti e della letteratura.
Docente di Lingua e Letteratura neogreca,
esperto del Greco in tutto il suo percorso diacronico, Vincenzo Rotolo, oggi professore emerito dell’Università di Palermo, ha al suo
attivo più di duecento pubblicazioni, tra studi e traduzioni. Ha iniziato alla
conoscenza del greco moderno e all’amore per la Grecia generazioni di
neogrecisti che ravvisano in lui un Maestro.
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