(da “Riforma”, 2 luglio 2010)
Augusto Cavadi, insegnante e giornalista palermitano, prova con il suo libricino “La mafia spiegata ai turisti” ( Di Girolamo, 64 pp, euro 5.90) a sfatare il mito della mafia e i luoghi comuni che l’accompagnano. Rispondendo alle tre domandi principali “Di che si tratta?, “C’è sempre stata?” e “Ci sarà per sempre?” l’autore scioglie equivoci, dubbi e paure della cultura popolare, attraverso un linguaggio semplice e il richiamo ai maggiori fatti di cronaca. La differenza tra “mafia buona” e “mafia cattiva”, l’immagine della Sicilia assimilata a quella del Far West, il rapporto Stato-Chiesa-mafia, questi sono solo alcuni dei temi trattati dall’autore, utilizzando la struttura e l’immediatezza dell’intervista come modello di comunicazione. I “turisti” del titolo non sono solo gli stranieri, ma anche gli italiani e i siciliani, spesso i primi a non essere informati sull’argomento. Questa lettura ha uno scopo preciso, la conoscenza come arma non-violenta, come speranza di legalità contro un fenomeno sociale, come quello mafioso, nocivo ma potente e ben radicato nel territorio italiano e non solo. L’opera è stata realizzata multilingue, proprio perché la mafia non è solo un problema italiano ma globale, e da qui nasce il bisogno d’istruire le società, dove la maggior parte degli individui sceglie di essere spettatore passivo. Inoltre nel volume è dedicato ampio spazio alla vita di Giuseppe Impastato, alla sua storia di figlio ribelle della mafia. Un capitolo che ha il potere di commuovere riportando dei dati storici, il cui susseguirsi dà il ritmo all’indignazione. Il libro dà anche una risposta d’autore alla domanda che ci si pone sempre, la mafia avrà mai fine? Dal testamento civile “Cose di cosa nostra” di Giovanni Falcone una risposta chiara: “Dovremo ancora per lungo tempo confrontarci con la criminalità organizzata di stampo mafioso. Per lungo tempo, non per l’eternità: perché la mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi una fine”. (Davide Romano)
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