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martedì 9 luglio 2024

Le Edizioni La Zisa e la post-verità di Internet. Se la fantasia supera i fatti

 


Quando diversi anni fa, per la precisione nel 1988, un manipolo di intellettuali, piuttosto incoscienti e coraggiosi, ha deciso di fondare le Edizioni La Zisa, schierandola fin dall’inizio contro le mafie e la malapolitica, decidendo così di non avere né padrini né padroni, sapeva già che la casa editrice non avrebbe mai avito vita facile e, infatti, non l’ha mai avuta. E tutto ciò in una terra piena di sfide come la Sicilia.

Nel corso della nostra non breve storia (36 anni sono tanti e più di trecento titoli in catalogo!) abbiamo dovuto subire e respingere attacchi di ogni tipo. In tanti hanno provato a tapparci la bocca ma non ci sono mai riusciti. Abbiamo resistito senza cedere di un passo forti di una reputazione costruita negli anni con immensi sacrifici.

 

Ora diversi nostri amici e lettori ci segnalano che di tanto in tanto sbuca da quella Cloaca Maxima che è diventato ormai purtroppo Internet, qualche articolo puramente diffamatorio nei nostri confronti. Non abbiamo mai dato importanza ad attacchi di questo tipo e non gliene daremo adesso. Ma ci teniamo a mettere in chiaro le cose.

Recentemente, un sito di notizie, uno di quelli apparsi negli ultimi anni dal nulla come un fungo dopo la pioggia, ha pubblicato un articolo violentemente diffamatorio nei confronti del nostro ultimo direttore, il giornalista Davide Romano, che ha avuto l’unica colpa di raccogliere e rilanciare la preziosa eredità della casa editrice in uno dei momenti meno felici della sua lunga militanza culturale. Nel corso degli anni della sua direzione ha pestato molti calli a più d’uno. E immaginiamo che ci fosse qualcuno che non vedesse l’ora di pareggiare i conti. L’unica cosa, invece, che noi potremmo rimproverargli è che, a un certo punto, abbia deciso di dimettersi tornando al suo primo amore: il giornalismo. Anche i bravi direttori mollano.

 

Ma, parlando dell’articolo di cui sopra – non l’ultimo, come dicevamo, nel suo genere –, la cosa divertente è la storia raccontata, a metà strada tra una favola e una sceneggiatura di un film di serie B, in cui il nostro direttore viene dipinto come un individuo privo di scrupoli e correttezza. Del resto, lo stesso giornale qualche anno prima aveva pubblicato un’altra notizia con un legame molto debole con la realtà sempre sul nostro ex direttore. Ma almeno quella volta non era stata diffamatoria. Solo troppo fantasiosa o molto imprecisa.

Tornando all’articolo in questione, lasciateci dire subito: la realtà è ben diversa. Il nostro ex direttore è da sempre noto per la sua integrità e il suo impegno nel garantire un trattamento giusto e rispettoso a tutti gli autori e collaboratori della nostra casa editrice. E non solo. Non c’è bisogno di indagare troppo a fondo per scoprire che le accuse sono tanto infondate quanto ridicole.

Secondo l'articolo, il nostro direttore avrebbe avuto un modus operandi degno di un romanziere malvagio: promesse non mantenute, autori ingannati e chissà cos’altro. La verità, invece, è che egli ha sempre agito con la massima trasparenza e professionalità. Ogni contratto firmato, ogni promessa fatta, ogni collaborazione avviata è stata sempre gestita con serietà e rispetto. Nessun inganno, nessuna scorrettezza, solo il desiderio di promuovere la letteratura, la buona saggistica e supportare gli scrittori. Soprattutto quelli più scomodi. 

 

Ora, parliamo di realtà. Come molte altre aziende del settore, anche la nostra casa editrice sta attraversando una fase di ristrutturazione dovuta alla crisi economica. Sì, è vero, stiamo facendo delle modifiche per adattarci ai tempi difficili, abbiamo a questo scopo trasferito anche la nostra sede, ma una cosa resta invariata: il nostro impegno verso autori e lettori. Ogni promessa sarà mantenuta, ogni contratto rispettato. L’unico cambiamento riguarda il nostro assetto organizzativo, non la nostra integrità.

Pensiamo che il misterioso autore dell’articolo abbia una fervida immaginazione. Forse ha guardato troppi film noir o letto troppi romanzi gialli. La nostra realtà quotidiana è molto meno drammatica e decisamente più ordinaria. Le nostre giornate sono fatte di impegno costante, scadenze da rispettare e una grande passione per i libri. L’unico mistero che ci piace risolvere è quello di trovare nuovi talenti letterari e portarli al successo.

 

Certo, Davide Romano non è mai stato un supereroe, ma è una persona onesta e dedita al proprio lavoro. Sia come editore che come giornalista. Ha costruito la sua reputazione su anni di lavoro duro e corretto. Ogni autore che ha collaborato con noi può testimoniare la sua serietà e la sua correttezza. Il nostro direttore non ha mai avuto bisogno di trucchi o inganni per conquistare la fiducia degli scrittori; la sua passione per la letteratura e il suo impegno costante sono stati sempre più che sufficienti.

Quindi, caro autore dell'articolo, apprezziamo il tentativo di creare una storia avvincente, ma la realtà è che non c’è nessun complotto, nessuna scorrettezza, solo un gruppo di persone che ama ciò che fa e lo fa con onestà.

Ai nostri lettori, promettiamo che continueremo a offrirvi storie di qualità, basate sulla verità e sulla correttezza, e che ogni nostro impegno sarà mantenuto, crisi economica o no. Al nostro ex direttore, invece, vorremmo chiedere di tornare e, nel frattempo, gli esprimiamo di cuore tutta la nostra solidarietà.

Secondo le ultime classifiche, la fiducia nei giornalisti da parte dei cittadini è ai minimi storici nel nostro Paese. Quasi alla pari coi parrucchieri (non si offendano questi ultimi!). Leggendo un certo tipo di giornali o di siti di notizie non si fa fatica a capire perché.

 

Con affetto e ironia.

La sfida dell’editoria: il 2024 un anno cruciale

 



Nonostante i tentativi di guardare i dati “dal lato positivo”, la consueta conferenza di gennaio della Scuola per Librai Umberto e Elisabetta Mauri, che traccia l’andamento del mercato editoriale per l’anno appena trascorso, non può non lasciare un po’ di amaro in bocca. Rispetto alle disamine precedenti da cui il libro e l’Italia nel suo complesso uscivano decisamente vincitori sulle crisi cui il mondo era andato incontro (la pandemia su tutte), quest’anno è più marcato il potenziale rallentamento.

 

Dalle analisi di Angelo Tantazzi, presidente di Prometeia, emerge infatti che se da un parte il livello di disoccupazione è rientrato ai valori precedenti la pandemia (addirittura sceso del 2% – e questo è un dato di importanza storica), dall’altra è ancora con il debito pubblico che paghiamo la crisi, molto più degli altri Paesi (la performance migliore nel rapporto Pil/debito è, senza troppe sorprese, della Germania) e il nostro Pil cresce molto poco (dello +0,7% nel 2023 e si stima dello +0,4% nel 2024). Siamo però usciti dalla crisi abbastanza bene: i consumi degli Italiani si sono mossi in linea con quelli dei cittadini degli altri Paesi ma decisamente superiore è stata, in questi ultimi quattro anni, la performance degli investimenti, soprattutto perché, da parte dello Stato, sono state messe in atto azioni di sostegno (per esempio con gli incentivi per le ristrutturazioni). Ecco: d’ora in avanti è prevista una normalizzazione delle politiche, dopo gli anni di emergenza che si sono aperti con la crisi Covid-19, e si restringeranno quindi gli spazi per la politica di bilancio. Con il 2024 terminerà l’impatto sui consumi dei sostegni straordinari, che saranno sostituiti solo in parte dalle misure introdotte dalla legge di bilancio, destinate soprattutto a sostenere i redditi delle famiglie, perciò è da attendersi una contrazione nei consumi. In ambito culturale, in particolare, la 18 app – strumento che aveva funzionato assai bene – verrà sostituite da due diverse “carte” con riduzione di fondi da 230 milioni stanziati a 190, mentre per l’editoria è stato rinnovato il finanziamento del Fondo straordinario che ammonterà, per il 2024, a 14.5 milioni di euro.

 

Per fortuna si sta assistendo al rientro dei prezzi al consumo, trainato da quelli dell’energia (-24.7% mese su mese a dicembre) ma in cui la componente alimentare resta erratica e gravosa, e nonostante, nel corso del 2023, i prezzi dell’energia siano scesi, mediamente dimezzandosi, rimarranno comunque permanentemente più alti (circa il doppio) degli anni prepandemici. Al contempo i salari aumentano ma non recuperano l’inflazione e in Italia restano ben al di sotto della media europea (+3% contro il 4.5%) mentre i tassi di interesse continuano a salire. Quindi, anche se il livello occupazionale è decisamente aumentato (rispetto a fine 2019, nel quarto trimestre del 2023 gli occupati sono 560.000 in più e i disoccupati sono quasi 500.000 in meno), il potere d’acquisto reale del reddito è sceso, ma non la propensione al consumo degli Italiani (che hanno anche intaccato i risparmi), tornata ai livelli prepandemici. È ipotizzabile che nel 2024 la ripresa del potere di acquisto, alimentata dalla discesa dell’inflazione e dalla tenuta del mercato del lavoro, sosterrà i consumi in crescita: la propensione al risparmio è infatti calata, rispetto al massimo del +15.6% dell’anno del lockdown, ma rispetto al 2023 (+6.9%) si stima che torni a salire a +7.4%. Sembra una differenza trascurabile, ma non lo è: ogni punto percentuale incide per 13.7 miliardi annui.

 

E su cosa si concentra il consumo italiano? Negli ultimi anni le spese per affitti, luce, acqua, gas, carburanti, salute eccetera (sostanzialmente legati al rincaro dei costi dell’energia) sono salite di due punti percentuali che hanno quindi corrispondentemente “schiacciato” i servizi non obbligati. I libri sono catalogati tra i beni non durevoli (insieme ad abbigliamento, igiene, cosmesi) e dal 2019 sono scesi di mezzo punto. Si stima che nel 2024, in generale, la crescita dei consumi rallenterà. Le famiglie tenderanno a ricostituire il risparmio e ciò influenzerà negativamente la loro propensione a spendere. Per i libri, dopo il veloce recupero dei livelli prepandemia nel 2022, nel 2023 si è osservato un calo sia dei volumi sia dei prezzi invece dal 2024 si stima l’avvio di un trend di crescita.

 

La sensazione dilagante di “sentirsi più poveri” dipende molto dal livello di reddito: le asimmetrie di ricchezza condizionano i comportamenti di consumo. Le famiglie più ricche detengono una ricchezza media tale da poter garantire lo stesso stile di vita, essendo in grado di sopportare gli aumenti di prezzo, e spostano il proprio paniere di spesa sempre di più verso la componente dei servizi, mentre le famiglie meno benestanti restano condizionate dall’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Quindi se l’inflazione per le prime è stata del +5.7% per le seconde invece è stata del +6.5%.

 

In un panorama generale non esattamente roseo, come ha performato il mercato editoriale?

 

I dati dell’Associazione Italiana degli Editori (Aie), raccolti e analizzati in collaborazione con Nielsen, BookScan e IE Informazioni Editoriali, e riportati durante la conferenza dal Presidente della Federazione degli Editori Europei (Fep) Ricardo Franco Levi, hanno mostrato che l’Italia si piazza al quarto posto tra i grandi mercati europei con un valore complessivo di 3-3.5 miliardi di euro, seguendo Regno Unito (4-4.5), Francia (4.5-5), Germania (9.5-10), in un mercato che complessivamente vale 37-38 miliardi di fatturato e che fa del libro la prima industria culturale europea.

 

In Italia l’editoria trade (romanzi e saggistica) è cresciuta del +0,8% a valore rispetto al 2022 (+14.1% rispetto al 2019) invece ha subito una lieve flessione in termini di copie (-0.7% sul 2022 ma +12.6% sul 2019). Nel 2023 il prezzo medio di copertina dei libri comprati è stato di 15.17 euro, in crescita del +1.5% rispetto l’anno precedente ma ben meno dell’inflazione che è stata invece del +5.7%. Confrontando con il 2019, invece, il prezzo dei libri venduti è cresciuto del +2.6%, contro una crescita generale dei prezzi del +15.7%. Sono numeri che testimoniano la riduzione dei margini di guadagno degli editori, ma anche lo sforzo per tenere bassi i prezzi e non deprimere la domanda di lettura.

 

Le librerie fisiche restano il principale canale di distribuzione di libri, recuperando terreno (il 54.7% del totale contro il 53.5% dell’anno scorso), ma sempre in calo rispetto a prima della pandemia (il 64% nel 2019). Questi trend si individuano, con percentuali lievemente diverse, a livello europeo, ed emerge che il libro di carta resta il preferito dei lettori, anche se guadagnano terreno gli audiolibri, che crescono in Italia del +12% rispetto al 2022, e gli e-book che crescono del +2.5%. Nel complesso, quindi, il mercato editoriale italiano cresce in quest’ultimo anno dell’1.1%. Non sono risultati deludenti, ma preoccupanti se si tiene conto che l'anno prossimo verranno meno, come detto, alcune misure a sostegno della domanda.

 

Il 2024 sarà un anno cruciale per il futuro dell’editoria quindi, anche per un altro aspetto, non direttamente legato al mercato, ma alla sua struttura interna: il 2 aprile, con tutta probabilità, verrà approvata la direttiva europea sull’intelligenza artificiale che dovrebbe garantire la trasparenza delle fonti usate per alimentare i database delle reti neurali. Il tema è delicatissimo perché fortemente interconnesso con il diritto d’autore, e non dobbiamo mai dimenticare che a dar vita ai libri che il mercato dell’editoria perfeziona, pubblica e distribuisce è, in primis, chi scrive. Che va tutelato.


(Fonte: di Valentina Berengo, https://ilbolive.unipd.it/)


Istat, sei biblioteche di pubblica lettura su dieci sono al Nord Rapporto sul 2022. Un patrimonio di quasi 167 milioni di volumi



Otto biblioteche su dieci (77%) sono di pubblica lettura.

Di queste, la maggior parte (60,2%) si trova al Nord, mentre molte meno sono nel Mezzogiorno (27,2%) e in Centro (12,6%).

Lo si legge nel rapporto Istat 'Le biblioteche di pubblica lettura in Italia', relativo al 2022.
    Nel nostro Paese ci sono tre biblioteche ogni 100 chilometri quadrati, una ogni 8.500 abitanti, e due comuni su tre (66,3%) ne hanno una di pubblica lettura. La metà delle strutture è nei centri con una popolazione sotto i 5mila abitanti. Un terzo dei comuni totali (33,7%) non ha una biblioteca di nessun tipo. La maggioranza di questi appartiene alle cinture dei grandi centri e alle aree intermedie (69,7%), mentre il restante 30,3% è in posizione periferica o ultraperiferica rispetto ai poli urbani.
    I volumi presenti sugli scaffali sono 166 milioni 950mila, un numero in aumento del 6% rispetto al 2021. In ciascuna biblioteca in media ci sono 29 posti per la consultazione e la lettura. Quelli per altre attività sono presenti nel 69,5% delle strutture, quelli per bambini nel 58,8% e per ragazzi nel 53,4%.
    Per quanto riguarda gli accessi fisici, sono stati 34 milioni in un anno, ovvero 5.900 per ciascuna struttura, una media di 30 al giorno di apertura. Poco meno di cinque milioni di utenti hanno usufruito di almeno un servizio, per un totale di 30 milioni di prestiti fisici erogati.
    Quasi il 60% delle biblioteche sono state aperte per circa 200 giorni su 252 lavorativi. Quelle pubbliche hanno mediamente cinque addetti tra personale interno, di ditte esterne, collaboratori, volontari e operatori del servizio civile. Due sono bibliotecari.
    In otto biblioteche su 10 (78,5%) sono stati realizzati interventi per rendere accessibili le aree comuni alle persone disabili, ma solo il 16,7% organizza progetti per chi ha una disabilità. Il 14,6% ha attivato progetti per chi vive in povertà economica, educativa o culturale. Le principali iniziative riguardano la promozione della lettura e gli incontri con gli autori (70,4%) e i laboratori per i bambini (65,1%). A fronte di una maggiore disponibilità finanziaria, quasi un terzo delle biblioteche promuoverebbe attività volte a coinvolgere il territorio (30,3%) e organizzerebbe incontri ed eventi culturali per ampliare l'offerta culturale (29,2%). 

(Fonte: Ansa)

Addio a Kadare, l'ultimo libro dello scrittore albanese uscirà in Italia a ottobre


 

Quando un dittatore chiama, pubblicato dalla Nave di Teseo

Quando un dittatore chiama, l'ultimo libro di Ismail Kadare, il grande scrittore, poeta e sceneggiatore albanese, morto a 88 anni, sarà nelle librerie italiane ad ottobre 2024 per La nave di Teseo nella traduzione di Cettina Caliò.


Considerato tra i migliori libri del 2023 dal 'Wall Street Journal', selezionato per l'International Booker Prize 2024, nel romanzo di 164 pagine Kadare ricostruisce, con un'affascinante combinazione di momenti onirici e indagini su fonti attendibili, i tre minuti di una telefonata tra Stalin e Pasternak e quello che questo momento teso, misterioso e assai poco conosciuto della storia moderna, ha causato. Si narra che nel giugno del 1934 Joseph Stalin telefonò al famoso romanziere e poeta Boris Pasternak per discutere dell'arresto del poeta sovietico Osip Mandelstam.
 

"Il compagno Stalin desidera parlare con te".
Intrecciando le testimonianze di personaggi legati a Pasternak e Mandelstam, scrittori come Isaiah Berlin e Anna Achmatova e giornalisti, Kadare da vita a un romanzo avvincente che mette in luce i rapporti tra arte e potere in cui uno scrittore, che dovrebbe essere libero per definizione, è costretto a fare i conti con la politica e con un tiranno sanguinario. Un racconto febbrile e sentito che rivela inquietanti similitudini con l'esperienza diretta di Kadare quando, sotto la feroce dittatura di Hoxha, ricevette anche lui una telefonata inaspettata.
La nave di Teseo, presso cui è in corso di riedizione l'opera di Kadare - vincitore nel 2005 della prima edizione dell'International Booker Prize, nel 2009 del Premio Principe delle Asturie, più volte candidato alla selezione finale per il premio Nobel e membro d'onore dell'Académie française - ha pubblicato La bambola (2017), La provocazione (2018), Aprile spezzato (2019), La città di pietra (2021), Le mattine al Café Rostand (2021), Il dossier O. (2022) e Il palazzo dei sogni (2023). 

(Fonte: Ansa)
   

La figlia della Nobel Munro: 'Abusi dal mio patrigno, lei sapeva'

Il duro racconto sulla sua infanzia affidato al Toronto Star

Per la maestra del racconto che per decenni ha puntato i riflettori su intricati rapporti familiari e' un'onta e uno shock: la premio Nobel Alice Munro sapeva che il suo secondo marito aveva stuprato e molestato ripetutamente una delle sue figlie da quando la ragazzina aveva appena nove anni e tuttavia aveva continuato a stare con lui fino a quando non era morto nel 2013.

L'oscuro segreto di casa Munro e' emerso in un articolo sul Toronto Star della diretta interessata, Andrea Robin Skinner, ormai adulta

Gli abusi sarebbero cominciati nel 1976 quando una notte, mentre Alice non era in casa, il patrigno Gerald Fremlin si introdusse nel letto della bambina per aggredirla sessualmente.

Gli abusi erano continuati fino a quando Andrea Robin non era diventata teen-ager: "Mi raccontava delle ragazzine del vicinato che gli piacevano e dei bisogni sessuali di mia madre. Quando eravamo soli in macchina ne approfittava per calarsi i pantaloni e farsi veder nudo". Arrivata a 25 anni, dopo aver letto un racconto in cui Alice mostrava simpatia per un personaggio morto suicida dopo esser stata abusata dal patrigno, la ormai giovane donna si era confidata con la madre, che tuttavia aveva deciso di restare con Fremlin, un vecchio compagno di università sposato negli anni '70 dopo la fine del primo matrimonio.

"Reagi' come temevo che avrebbe fatto, come se avesse appreso di una sua infedelta'", ha scritto la Skinner: "Cosi' tornammo a fare come se niente fosse". Arrivata a 38 anni, tre decenni dopo l'inizio degli abusi, Andrea Robin si era pero' rivolta alla polizia dopo aver letto un'intervista di Alice al New York Times in cui la scrittrice era piena di elogi per il secondo marito. Nel 2005, ormai ottantenne, Fremlin si era dichiarato colpevole di atti osceni e aggressione indecente ed era stato condannato a due anni di liberta' vigilata. "Volevo che quel che era successo fosse messo agli atti, che venisse registrato che non mi ero meritata quanto avevo subito", ha detto la donna: "Volevo anche che la mia storia diventasse parte di quanto si dice quando si parla di mia madre".

Invece, a causa della fama materna, "continuo' il silenzio". La Munro ha vinto il Nobel nel 2013, l'anno della morte di Fremlin. A quel punto la scrittrice aveva cominciato a mostrare i primi segni della demenza che l'ha accompagnata fino alla morte il 13 maggio 2024. L'anno prima la maestra del racconto aveva smesso di scrivere: la sua ultima raccolta, Dear Life - Uscirne Vivi, e' stata pubblicata in Italia con Einaudi dieci anni fa. 
(Fonte: Ansa)