venerdì 30 agosto 2013

XXIX Premio internazionale di Poesia Città di Marineo, premiato Mario Tamburello (La Zisa)


Palermo, 30 agosto 2013 - La Giuria del Premio, organizzato dalla Fondazione culturale “Gioacchino Arnone” di Marineo, nella seduta dell’11 luglio scorso ha attribuito il primo premio per la poesia al grande poeta Vincenzo Cerami, appena una settimana prima della sua scomparsa, e ha designato gli altri vincitori del Premio. Nell’ambito della poesia edita in lingua siciliana il secondo premio è stato attribuito a Mario Tamburello con la raccolta ON-OFF. L’autore si appresta a pubblicare il secondo titolo con la nostra casa editrice.
È una raccolta pregna di vita quella di Tamburello, una fitta maglia di versi in cui s'annidano meditazioni sull'amore, i sogni, il quotidiano, i rapporti intimi con gli altri, la poesia e, in ultima istanza, il compito stesso del poeta. Con la matura consapevolezza di chi ha patito il dolore, l'autore esprime un bisogno profondo di relazioni autentiche, un desiderio di pietas nei confronti del prossimo scevro da qualsiasi retorica d'occasione. È per questo che gli oggetti, i ricordi e le voci conferiscono spessore a quest'esigenza di umanità, amalgamandosi e veicolando un messaggio semplice ed essenziale. L'itinerario espressivo si modella sul dialetto siciliano, che dà voce ai sentimenti allo stato puro e, attingendo al passato, si fa strumento di racconto del presente.
Mario G. B. Tamburello nasce nel 1962 a Milano da genitori siciliani. Insegnante di matematica e biologia, impiegato dell’ospedale Sacco di Milano quale referente della qualità per la Direzione Medica di Presidio. Dal 2010 all’Azienda Ospedaliera di Legnano nel ruolo amministrativo prima presso il Comitato Etico ora presso l’Unità di Cure Palliative e Terapia del Dolore. Già vicepresidente di un’associazione onlus dedicata alla disabilità da malattie neurologiche e difensore civico comunale, è stato assessore ai Servizi Sociali a Cuggiono, comune in provincia di Milano, dove risiede con la moglie M. Carmela e i figli Jacopo e Antonio.



mercoledì 28 agosto 2013

"Il giornalista Davide Romano minacciato da Davide Picardo, portavoce del CAIM" di Alessandra Boga



Il giornalista Davide Romano, portavoce della sinagoga Beth Shlomo di Milano, ha denunciato che il Coordinamento delle Associazioni Islamiche milanesi (CAIM) ha deciso di invitare per le celebrazioni di fine Ramadan l’imam giordano  Riyadh al Bustanji, il quale esalta l’invio di bambini come terroristi suicidi. Per tutta risposta, Romano rischia di essere denunciato per “diffamazione e istigazione all'odio razziale e religioso” (sic!) da Davide Piccardo, portavoce del CAIM e figlio di Hamza Roberto Picardo, segretario generale dell’Unione delle Comunità Islamiche d’Italia (UC.O.I.I.), legata ai Fratelli Musulmani. Piccardo jr. l'ha minacciato a mezzo stampa.

Ad aggravare il tutto c’è il fatto che il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, non ha neppure preso posizione riguardo ad un episodio così surreale ai danni di un cittadino che ha solo difeso il diritto alla vita dei bambini. Peggio: il Comune di Milano ha partecipato all’iniziativa (Romano si augura che si sia trattato solo “di una svista”).
Perciò su Facebook è nata la fanpage di solidarietà “Non lasciamo Davide Romano da solo a difendere i bambini”: per chiedere con una petizione “chiarezza sulle dichiarazioni a favore del martirio dei bambini-kamikaze”, per domandare che Pisapia faccia sentire la sua voce in difesa del giornalista, e per far capire che Milano non è in balia dei diktat islamici.
Racconta Romano: "Avendo saputo che l'imam Al-Bustanji avrebbe partecipato all'evento di fine Ramadan" (condotto la preghiera di più di oltre10mila musulmani, all’Arena Civica, ndr) mi sono informato su chi fosse . Ho trovato un'intervista in cui racconta, tra le altre cose, di avere incontrato un bambino di meno di 10 anni che voleva farsi martire a Gerusalemme”. Mi aspettavo”, aggiunge, “un racconto dell'imam in cui spiegava come ha fatto a far recedere il bambino da un proposito così folle. Qualunque adulto ragionevole l'avrebbe fermato. Invece no: di fronte a un bambino con propositi suicidi, l'imam inizia a esaltarlo”.
La comunità ebraica milanese ha preso una netta posizione contro l’iniziativa del CAIM, arrivando a sospendere i rapporti con l’organizzazione islamica. Parole di condanna per l’invito all’imam integralista sono arrivate anche da molti consiglieri comunali del capoluogo lombardo e non solo.
Dal canto suo, Romano ha chiesto a Piccardo di puntare il dito contro il terrorismo, in particolare quello che impiega bambini; ma lui nega che l’imam abbia inneggiato all’odio (parola vaga e ambigua) e al martirio (dal che si evince che, a suo avviso, il terrorismo suicida islamico è martirio?). Il giovane Piccardo si limita a continuare a tirare in ballo la “questione palestinese” che il portavoce della sinagoga milanese non ha neanche citato. “La mia presa di posizione”, spiega Davide Romano, “era solo e unicamente legata al comportamento di un leader religioso di fronte a un bimbo con propositi di quel genere. I diritti dell'infanzia vengono prima di tutto”. Perciò il portavoce del Beth Shlomo ha chiesto le dimissioni del portavoce del CAIM, se egli non dovesse “rivedere” le proprie posizioni.
“Mai ho messo piede in un aula di tribunale e mai avrei pensato di doverlo fare per un accusa così assurda”, afferma. “Mi resta la consapevolezza di essere nel giusto, cosa che mi farà affrontare il processo a testa alta”.
Rimane comunque una punta di amarezza, dovuta proprio al fatto che Pisapia non abbia preso posizione e che il Comune abbia avuto parte nelle celebrazioni a cui è stato inviato Al Bustanji.
“Dal sindaco di Milano, un avvocato e un politico noto per il suo garantismo e la difesa dei diritti dei più deboli, mi sarei aspettato qualcosa di più”, dice Romano. “Quando mi capita di andare a parlare nelle scuole parlo spesso di come la qualità delle istituzioni dipenda anche dall'impegno dei cittadini a partecipare alla vita pubblica. Di come sia importante non delegare tutto alla politica. E' quello che ho fatto. Mai mi sarei aspettato di essere lasciato solo. Mai avrei pensato che il mio sindaco non prendesse posizione tra chi difende i diritti dell'infanzia e chi li viola. Mai avrei pensato che proprio lui si voltasse dall'altra parte di fronte a una denuncia così infamante. Ora però, inizio a farlo”. 

martedì 6 agosto 2013

Il senatore Lucio Malan (Pdl-Forza Italia) dal suo blog se la prende con la casa editrice, per una sua pubblicazione, e con un pastore valdese

UN PASTORE PARLA DI “BRANI BIBLICI AFFETTI DA OMOFOBIA”. E CITA ROMANI 1. Allora è vero che con la legge anti omofobia la Bibbia è fuorilegge!

Nell’ultimo numero di Riforma (che a un mese dai fatti non ha ancora dato notizia del predicatore evangelico arrestato a Londra per una legge “anti-omofobia” molto simile a quella in discussione in Italia) c’è un’ampia recensione del libro di Nicolò D’Ippolito, In cammino tra fede e omosessualità, prefazione di “don” Franco Barbero, Edizioni La Zisa. L’autore dell’articolo è il pastore valdese di Palermo Giuseppe Ficara, già membro della Tavola per sette anni e recentemente eletto pastore in una delle due più grandi comunità valdesi, Luserna San Giovanni, dove si insedierà tra breve. Insomma, una delle figure di spicco della Chiesa Valdese, che, peraltro, fino ad ora non si era distinto per posizioni estreme.
La recensione (che siti meno rispettosi di noi del diritto d’autore di Riforma già riportano integralmente) potrebbe essere definita “adesiva”, sembra cioè sposare totalmente le tesi del libro. Ma c’è un punto dove il pastore Ficara ci mette del suo, quando dice “Ho apprezzato la notevole precisione teologica nell’esporre i brani biblici affetti di omofobia: quello di Sodoma nella Genesi, quello di Romani 1; ma anche la problematica degli eunuchi.”
Abbiamo più volte detto che il problema di una legge anti “omofobia”, è che cosa si intenda con questo termine. Tutti sono d’accordo sul fatto che vada punito chi inciti a picchiare i gay. Ma questo comportamento è punibile, già oggi, dall’articolo 414 del codice penale: “Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione: con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti”. Tuttavia c’è chi vorrebbe fare dell’ostilità verso un certo orientamento sessuale una aggravante particolare nel caso di commissione di reati. Una posizione discutibile, dato che – ad esempio – non c’è nessuna aggravante specifica per chi picchia un disabile, ma almeno non sarebbe una misura pericolosa. Il pericolo, abbiamo detto più volte, è che con il testo di legge attualmente in discussione, chi sostiene la maggiore valenza sociale o morale della famiglia tradizionale rispetto a coppie dello stesso sesso, ovvero affermi che l’omosessualità è un peccato davanti a Dio venga ritenuto “omofobo” e dunque punito con il carcere.
Nello stesso numero di Riforma che, a pagina 10 afferma non esserci questo pericolo, e che tutti i cristiani dovrebbero volere la legge anti omofobia, a pagina 7 il pastore Ficara afferma con certezza che Genesi 19 e Romani 1 sono “affetti di omofobia”. È evidente, allora, che leggere in pubblico questi brani mostrando di condividerli sarebbe reato di “omofobia”, previsto dall’attuale testo della legge. E, sempre in base a quel testo, la sola appartenenza a organizzazioni che sostengano tali idee, andrebbe punita con il carcere, da sei mesi a tre anni. La pena è raddoppiata per chi dirige tali organizzazioni.
E questo sulla base dell’autorevole parere di Giuseppe Ficara che, come pastore è sicuramente esperto di Bibbia e come studioso di problematiche legate all’omosessualità, è qualificabile come esperto in omofobia.
Ma una legge dello Stato sbagliata ci importa meno di un pastore che parla di brani della Bibbia“affetti” da qualcosa, che sia omofobia o altro. Quella Bibbia che, secondo la confessione di fede che ha solennemente sottoscritto un giorno, “divina e canonica, ciò è (per) regola della nostra fede e vita”, aggiungendo “che riconosciamo la divinità di questi libri sacri non solo dalla testimonianza della Chiesa, ma principalmente dalla eterna et indubitabile verità della dottrina contenuta in essi, dall’eccellenza, sublimità e maestà del tutto divina che vi si dimostra, e dall’operatione dello Spirito Santo che ci fa ricevere con riverenza la testimonianza la quale ce ne rende la Chiesa, e che ci apre gli occhi per iscoprir i raggi della celeste luce che risplendono nella Scrittura, e corregge il nostro gusto per discernere questo cibo col suo divino sapore”.
I casi sono due: o Giuseppe Ficara, che pure è pastore alacre e predicatore appassionato, sbaglia oggi a parlare di brani biblici affetti da omofobia (che una legge sostenuta da tanti pastori vuol punire con il carcere) o ha sbagliato quando ha sottoscritto la confessione di fede nell’essere consacrato pastore. Noi speriamo davvero che si sia sbagliato nello scrivere quella recensione. Attendiamo si sentirlo da lui.