Pagine

lunedì 30 settembre 2013

Arriva nelle migliori librerie: Ellenogatti - Gatti e Grecia - Agenda 2014 (Ed. La Zisa, Euro 9,90)


È noto che il gatto è caro, insostituibile compagno di artisti, scrittori e poeti. Non fanno eccezione gli intellettuali della Grecia moderna, dei quali vengono presentati in questa agenda alcuni brani (per lo più tradotti in italiano per la prima volta), incentrati su questo animale misterioso e irresistibile. Completano il quadro alcuni ritratti di “gatti qualunque”, che si impongono allo sguardo con il fascino del loro quotidiano.

Auguri per il 2014!

I curatori dell’agenda:

Fabio Ciralli è nato a Palermo nel 1961. Laureato in Fisica, ha svolto attività di ricerca all’estero (CERN di Ginevra e DESY di Amburgo), prima di lavorare come docente nella scuola secondaria superiore; insegna in un liceo di Palermo. I suoi principali interessi sono la didattica della fisica e della matematica e l’utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica. Coltiva la passione per la fotografia ed ha accettato con curiosità la sfida di fotografare i gatti per questa agenda.


Maria Caracausi è nata a Palermo nel 1959. Dopo la laurea in Lettere classiche e il Dottorato di ricerca in Filologia greca e latina, ha insegnato alcuni anni Latino e Greco al Liceo Classico. Ricercatrice di Neogreco presso l’Università di Palermo, si occupa soprattutto di poesia del Novecento. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni scientifiche e traduzioni dal greco moderno (Gatsos, Kalvos, Karkavitsas, Papadiamandis, Seferis, etc). Gatti e Grecia le passioni dominanti nella sua vita.

venerdì 27 settembre 2013

La cura dell’oltraggio, recensione del libro di Margherita Ingoglia



La cura dell’ “oltraggio”
… S’egli ha fatto questo a sangue freddo,
che cosa non farebbe a sangue caldo?”
Cervantes (Don Chisciotte)

Un inappagato eros lirico-poetico – offerto come una macchina da guerra e vorticosa voragine – gira, rivolta e brucia a nudo e “brama il fuoco tra le cosce” della follia amorosa ( Tua, p. 29), e “senz’aria” adagia in “plurimi, carnali diletti” (Inquieta vanitas, p. 44); un teatro di “lingue deliranti” in lotta tra le desublimazione dell’anima e il fluttuare dirompente del corpo con le sue ragioni oniriche quanto sragione in gioco … “per dilaniarne il senso” (Il pensare, p. 18), “mentre gli uragani alitano sulla nostra carne” (La dannazione di un abbraccio, p. 70).
Un linguaggio iconicamente meticcio (né solo visivo, né solo verbale, né solo logico, né solo ritmico…) che si scaraventa sulla pagina con la grazia dissacrante e non curante di un “bicchiere di alchermes” (Silenzio, p. 71); che, informe/dis-forme, fluttua per attaccare il nome del vecchio cuore – il simbolo strumentalizzato dall’illusoria liberazione del potere oppressivo (il potere cattura e non libera anche quando provoca le libertà del sesso) – per trattarlo come un ramo impazzito, disarmonico e “rancido” e salvaguardare la soggettivazione eteroclita autonoma che lo ramifica (imprevedibilmente), lì dove oggi il dominio sui corpi invece passa attraverso la fabbrica dei desideri e del godimento immediato.
Potente quanto raffinato il monologo erotico-narcisistico (la “cura del sé” – M. Foucault –, elevata, credo, a materia della poesia dei tuoi testi), nella sua stratificazione memoriale, porta anche la presenza e la continuità con poeti e poetiche della tradizione culturale che inevitabilmente ci attraversa, mentre lascia l’aureola del poeta idealista e si fa dialogo della vecchia “madre” terra con la fulmineità del “fu” dei guizzi che fanno esplodere i limiti: il “fu” del “fu oltraggio!”.
La scrittura procede coniugando con cura e padronanza costruttiva le “equivalenze” della funzione poetica con la lingua della poesia. Inoltre, le immagini (del pittore o del fotografo), che affiancano il dettato verbale del libro giocano, credo, la funzione di potenziamento “espressivo” come usa fare la stessa anadiplosi (semplice o più articolata), per esempio, ovvero quella parte della tecnologia retorica del “raddoppio” che movimenta “L’attimo”: “ Mio per mio peccato / peccato per mio abbandono alla tentazione/ …” (p. 26).
Come un teatro a scena aperta e montaggio filmico degli atti in corso e in primo piano, l’insegna del conflitto valorizza il contrasto tra i gioiosi peccati della carne (con-fusa/fusa) e il retaggio repressivo della colpa incolpevole e dell’impotente vanità che cerca di offuscare la forza e la potenza dell’anima corporea, carnale.
Certe “correspondences”, variamente connotate – dall’invocazione alla “musa”: Nox et omnia-preghiera della notte”, p. 15; dalla rivisitazione di Cecco Angiolieri: “… Minima ed immensa…”, p. 56, … alle “tentazioni” – “covami / confondimi / superami / eternami” (Inquieta vanitas, p. 44) della Patrizia Valduga –, sono sia il segno di un legame con il passato (che non ci lascia), sia il segno di una soggettività che lo visita e lo ridice con la coscienza del proprio tempo e una sensibilità intellettuale che è propria a ciascuno.
Del resto il poeta è sempre parlato anche da una lingua che non domina, se al mondo è venuto costruito da un tessuto culturale e storico-contestuale che gli permette di dire e scrivere; così come la continuità con chi ci ha preceduto è solo segno di una vitalità che è sotto la cenere e che poi, come una “rovina” palpitante, riemerge non appena soffia il pensiero delle passioni; quel pensiero riflettente che con la sua temporalità tempestiva-intempestiva è sommosso dall’urgere del non contemporaneo dimenticato ma non scomparso; la presenza che non molla e si fa contemporaneo struggere coniugando artificiale e reale (“mi struggerò in lacrime sopra una fantasia”, Puskin).
Credo che l’ascendenza romantica dell’amore come follia e delirio del corpo, o il ricorso a Venere, Adone, Narciso, nell’insieme della tua scrittura poetica, giochino come il ritorno del rimosso e un rinforzo del sognare: “perché occorre sempre avere un sogno nella vita!” (Cerca la vera bellezza, p 85).
Il valore d’uso di questa prova poetica “… e il corpo fu oltraggio” di Margherita Ingoglia, donna del secolo XXI, il tempo del virtuale e del simulacro, ri-propone (invece) la potenza concreta del corpo e della carne come il grido della vita che aborre tanto l’immateriale ideologizzato quanto il materiale manipolato dell’“uniforme” dell’eterno presente di questo secolo del marketing del sesso “anarchico” come della libertà desocializzata. Il rifiuto dell’omologazione uniformante, che disprezza il dis-forme e cartavetra l’eterogeneo nel recinto delle forme canonizzate, non poeticamente, essere più incisivo e parlante.

Se nei depositi dell’archeologia dell’anima, c’è la lacerazione del senso nelle/delle notti di luna piena e la genealogia del lupo predatore, il violentatore dell’“uniforme” e della rapina all’ordine, allora salut all’ “oltrage”, l’esplosione dell’oltraggio che irride il limite e la norma e canta la fusione oltre il principio di realtà e del piacere per una pulsione che solo la logica poetica è in grado di concettualizzare sensualmente.

venerdì 13 settembre 2013

Shalòm, Sono aperte le iscrizioni al Corso base low cost di ebraico moderno



Sono aperte le iscrizioni al Corso base low cost di lingua ebraica moderna “Shalòm” organizzato dall’associazione culturale per il dialogo interreligioso La Tenda di Abramo in collaborazione con le Edizioni La Zisa.
Il corso sarà tenuto da un insegnante di madrelingua ebraica e partirà nel mese di ottobre del 2013. Strutturato in 10 incontri (uno a settimana), avrà un costo complessivo, e comprensivo di materiale didattico, di euro 120. Le lezioni si terranno presso i locali della casa editrice La Zisa in via Lungarini 60, a Palermo. A richiesta, verrà rilasciato un attestato di frequenza.
Le iscrizioni dovranno essere effettuate presso la segreteria della casa editrice sita in via Lungarini 60, a Palermo (dal lunedì al venerdì, dalle ore 9,00 alle ore 13,00).


Per info: Tel. +39 091 5509295 o scrivere a: info@lazisa.it 

venerdì 6 settembre 2013

“GABBIE INVISIBILI” una recensione di LILIANA MICCICHE’



“Gabbie invisibili” potrebbe essere una storia come altre, ma non è così. Sono tante piccole storie, quanti i diversi personaggi, all’interno di una grande storia, quella della famiglia Mac Mahon. Su tutti i personaggi, ciascuno protagonista della propria storia, campeggia la figura di Annie, che assume il ruolo di protagonista assoluta dell’intero racconto. Per chi, da bambina, ha vissuto gli anni Cinquanta, Annie, compenetrata nel ruolo di chi deve comunicarsi per la prima volta, ed è felice di farlo, sembra incarnare tutte le brave bambine di quegli anni, con le loro ansia e i loro timori. Già dalle prime pagine sono chiari alcuni temi e topoi fondamentali: le regole discriminate e discriminanti, per maschi e femmine; l’assolutismo della Chiesa e dell’uomo di fede che non ammette punti di vista diversi; la paura della confessione che induce a mettersi a nudo, ma nel contempo la consapevolezza di avere agito secondo l’imprinting ricevuto; e, ancora, andando avanti, la competizione del figlio con il padre; la brava ragazza che ritarda il suo ingresso all’università per aiutare la famiglia; le scelte dei figli diverse da quelle che vorrebbero i genitori; la vera amicizia tra due persone del tutto differenti. E’ questo il tessuto ideologico dell’intero racconto, che suscita l’attenzione e la mantiene viva per tutto l’arco dello sviluppo narrativo, la cui cronologia giunge ai nostri giorni. L’ambiente è il New Jersey, ma potrebbe essere anche l’ Italia…, non è una componente fondamentale. Ciò che importa è l’evoluzione di una società lanciata nel progresso, un mondo che cambia, lasciando dietro di sé i frammenti di una famiglia che si spezza, un mondo che porta nuove verità, ricche di esaltanti promesse: il boom economico, la nuova morale sessuale, la vita militare che schiude nuovi orizzonti e lascia trasparire il sangue che scorre nel Vietnam. In questo nuovo scenario, in cui Annie cresce e diventa adulta, accadono vari colpi di scena che lasciano presagire chissà quali sviluppi: Annie, che fino ad ora ha impersonato il Bene, si innamora di Jeremy, il fratello acquisito dal quale è attratta sessualmente, e con lui consuma l’unico rapporto fisico. Jeremy, simbolo del peccato refrattario ai buoni consigli, dopo essersi macchiato di crimini orrendi, pare acquisisca una sensibilità e una maturità che non gli appartengono: piange vere lacrime, parte per il Vietnam per combattere una guerra che ritiene giusta e che pensa possa essere per lui motivo di palingenesi. In realtà nulla cambia: cambiano i tempi, i luoghi, le circostanze, ma gli uomini restano tali e quali. La brutalità della guerra negherà a Jeremy l’unica dignità che gli resta, la dignità di soldato, e noi lo ricorderemo come une eroe negativo, un antieroe. Annie, dopo un’altalena di momenti di felicità e di tormento, durante i quali cerca risposte nella religione che l’ha sempre sostenuta, matura la decisione di sposare Kevin, il marito-padrone. Con il matrimonio, tutto si ricompone-_l’unica smagliatura è stata la storia col fratello- e il cerchio si chiude: Annie, nonostante le sollecitazioni di Rob di cui forse è innamorata, e benchè desideri col marito quel rapporto paritario imposto dal neofemminismo, da cattolica non riesce a sciogliere le briglie delle istituzioni, la Chiesa e la famiglia, e, come spinta da una accettazione fatalistica della propria vita, si sottomette interamente al marito, così come ha fatto nei confronti della madre. La mancata determinazione la consegna ad una infelicità permanente. Annie resterà per sempre col marito che non ama più e dal quale non è amata, dove non c’è posto per la ribellione ma solo per l’implosione. Annie è prigioniera di se stessa, della sua stessa vita, di cui, per certo, non è mai stata la vera protagonista.
Le esperienze dell’Autore ragazzo, dell’Autore medico, dell’Autore trapiantato in America vengono assemblate nella mente di Colonna Romano e trovano la loro dimensione attraverso il filtro evocativo della fantasia, per comporre un universo dell’invenzione, che affonda le sue radici nel sentimento del passato e del presente. Nella narrazione, la fabula si alterna all’ intreccio e l’aspetto tematico, l’impossibilità di ciascuno  dei personaggi di uscire dai propri schemi mentali e pragmatici e la consapevolezza di essere condannato a restare in quella “forma” che ognuno di loro si è data, diventa denominatore comune di personaggi differenti che si mantecano con la loro diversità emotiva. Le loro caratteristiche e le loro storie irrisolte. La limpidezza dello stile dà concretezza alle vicende e alla realtà dell’animo umano. Le tecniche di cui l’Autore si serve, il discorso diretto, l’analessi, una pseudo metalessi rendono la narrazione più vivace.


Erino Colonna Romano, “Gabbie invisibili. Una rivoluzione vista da lontano”, romanzo, Edizioni La Zisa, pp. 256, euro 16,00

In una piccola cittadina del New Jersey, Riverton, dagli anni cinquanta ai nostri giorni, si svolge la vita di Ann, una donna che quasi inconsapevolmente conduce una silenziosa battaglia con se stessa per liberarsi da quelle strutture mentali e psicologiche che la tengono ingabbiata con fili invisibili e, per questo, tanto più crudeli, all’interno di un modello di vita che intimamente rifiuta, ma che non è in grado di abbandonare. Da bambina, Annie è ubbidiente e “la vita le sembrava un gioco divertente con istruzioni facili da osservare”; da adolescente e, poi, da adulta, quelle istruzioni e quelle regole ricevute da un’educazione tradizionalista e religiosa diventeranno la sua prigione, le toglieranno la libertà di scegliere e di amare. Nata negli anni del baby boom, l’esplosione demografica verificatasi nei 10- 15 anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale, Ann vive nel mezzo della rivoluzione culturale degli anni sessanta. La Beat Generation, i sit-in e le marce, i movimenti per i diritti civili e per l’uguaglianza delle donne, con la loro forte spinta innovativa, a poco a poco metteranno in crisi le sue certezze con interrogativi angoscianti così come i personaggi e le vicende che attraverseranno la sua vita: la tragica fine della sorella, il rapporto imprevedibile col fratellastro, la singolare amicizia con Cathy, il rapporto irrisolto con la madre, la difficile relazione col marito, le scelte operate dalle figlie. Sono tutti personaggi che, non diversamente da Ann, sembrano avvitarsi su se stessi, prigionieri di scelte illusorie.

Pietro Colonna Romano (soprannominato Erino) nasce a Palermo il 14 agosto 1948. Si laurea in Medicina all’Università di Palermo nel 1976 e l’anno seguente si trasferisce negli Stati Uniti. Per sedici anni insegna Anestesiologia alla Hahnemann University di Philadelphia. Da dodici anni lavora come anestetista al Pennsylvania Hospital di Philadelphia. È sposato e padre di due figli. Questo è il suo primo romanzo, scritto in inglese e poi liberamente tradotto in italiano.